Da un po’ di anni porto avanti una ricerca che riguarda la capacità dell’uomo contemporaneo di voler superare sempre e comunque i limiti (fisici, culturali, geografici, ecc.) che gli sono stati assegnati o con i quali si trova a dover avere a che fare.

Nel mondo antico l’uomo doveva rispettare i limiti che gli avevano assegnato gli Dei e ogni infrazione di questa norma era duramente punita dagli Dei, pensiamo anche a un eroe come Ulisse, che osa avventurarsi oltre le Colonne d’Ercole e quindi oltre i limiti geografici conosciuti e per questo trova la morte. Una visione, questa, che perdura anche nel mondo cristiano dove l’andare oltre i limiti assegnati da Dio diventa sinonimo di peccato.

Con la Modernità cambia tutto: con le grandi scoperte geografiche l’uomo (oramai diventato il centro dell’universo) supera i limiti geografici scoprendo nuove terre, con la rivoluzione scientifica supera, invece, una visione del mondo magica e religiosa. Questo sentimento, questa predisposizione al superamento dei limiti arriva fino ai giorni nostri, pensiamo per esempio alla globalizzazione, al multiculturalismo, a internet: sono tutti esempi di questa tendenza, una tendenza che però viviamo anche nel quotidiano senza magari rendercene conto perché lo facciamo in modo istintivo, naturale.

Ad esempio quando siete affaticati perché state facendo mille cose e quindi il vostro corpo vi dice che siete arrivati al limite, che vi dovete fermare, non vi è mai capitato di andare dal medico a chiedere se vi può prescrivere qualcosa che vi tiri su perché si tratta di un periodo impegnativo e non potete fermarvi?

Ecco, superare i limiti significa proprio questo, e se ne accorse bene Goethe quando riscattò dalla tradizione tedesca il personaggio di Faust facendolo diventare a tutti gli effetti simbolo dell’uomo contemporaneo proteso a non accontentarsi mai della situazione data ma voler andare sempre oltre. E questa tendenza non poteva non essere presente anche nel mondo dell’arte. In particolare mi sono concentrato sulla pittura così declassata, sminuita, marginalizzata nell’ultimo secolo a favore di altre pratiche artistiche maggiormente rappresentative della contemporaneità.

In questo senso ho così coinvolto Glenn Brown, Maurizio Cannavacciuolo, Andrea Chiesi, Tiffany Chung, Njideka Akunyili Crosby, Alberto Di Fabio, Kepa Garraza, NS Harsha, Songsong Li, Alessandro Moreschini, Mauro Pipani, Imran Qureshi, Terry Rodgers, Raqib Shaw, Philip Taaffe, Josep Tornero e Jan Worst, 17 artisti internazionali dotati di quello che ho definito Faustian Factor: una forte e riconoscibile identità artistica e un esasperato virtuosismo che permette loro di rivaleggiare con le infinite possibilità del computer, con la precisione della resa fotografica, con il video, la performance. NewFaustianWorld è il mondo di chi, come il Faust di Goethe, emblema dell’uomo moderno, ha una tensione interiore che lo spinge a non accontentarsi dell’ordinario ma fare della straordinarietà la propria filosofia di vita, accettare nuove sfide, andare oltre…

Nel 2017 ho sottoposto il progetto a 24 ORE Cultura e a novembre 2018, grazie all’aiuto e al sostegno di Allegrini, Diemme Attitude, Ehiweb, Rancé 1795, quel progetto si è potuto concretizzare in un libro del quale sono molto contento e orgoglioso. Non solo. Grazie a Theater 7/2 Productions e in particolare a Piero Passaro che ne ha curato la regia, NewFaustianWorld è diventato anche un bellissimo documentario premiato come Best Documentary in occasione del 6 on Nebraska Festival a Città del Capo (dove ritorneremo a marzo 2019 per partecipare al Milkbusch Short Film Festival) e Best Documentary Short Film al RAGFF Venezia 2018, dove è stato premiato dal regista e attore Cesar di Parra. Nel 2019 NewFaustianWorld sarà anche una mostra che inaugurerà il 19 Gennaio presso gli spazi di Augeo Art Space a Rimini, grazie a Matteo Sormani.

Non è stato tutto semplice, non è stato tutto facile. Raggiungere questo obiettivo è stato anche per me superare tutta una serie di limiti che non pensavo mai di poter superare. E in questo senso le parole di Alessandro Baricco rappresentano bene la condizione che mi ha accompagnato: Poiché la disperazione era un eccesso che non gli apparteneva, si chinò su quanto era rimasto della sua vita, e riiniziò a prendersene cura, con l’incrollabile tenacia di un giardiniere al lavoro, il giorno dopo il temporale (Alessandro Baricco, Seta, Milano, Rizzoli, 1996).