Il lavoro di Monster Chetwynd (Regno Unito, 1973) incorpora elementi del folklore, della cultura popolare antica e di quella pop contemporanea, della storia dell’arte, del cinema e della letteratura, per dar vita a opere che irridono le gerarchie, sovvertono le regole e inventano nuovi riti. Che siano quadri, sculture, video, installazioni o azioni, i suoi lavori sono intrisi di quel carattere carnevalesco che Michail Bachtin ha definito come “una forma di spettacolo sincretistica di carattere rituale”, capace di abolire distinzioni e limiti tra categorie di oggetti, di luoghi e di persone. In questo senso l’elemento performativo è centrale nella pratica dell’artista, il motore concettuale ed emotivo da cui derivano le altre dimensioni espressive, supporti, strumenti, feticci o residui di un’azione viva e partecipata, che mette al centro il corpo, l’interazione, la dinamica di gruppo. Gli oggetti che popolano le opere di Chetwynd sono personaggi farseschi, marionette, macchine di scena, travestimenti e fondali: in sintonia con questa esplosione di energia che trasforma il mondo in un teatro vivo, l’universo visivo dell’artista è esuberante, pittoresco, travolgente.

Per la mostra in Fondazione l’artista presenta una nuova serie di dipinti di grande formato, opere che incorporano oggetti scultorei derivati da precedenti performance, posti in dialogo con sfondi iconografici dalle diverse provenienze, pittura antica, cinema, illustrazioni. Ogni opera riconfigura frammenti di immagini che appartengono ad altre opere, storie, luoghi e tempi, in una logica che richiama quella del bricolage, nell’accezione antropologica del termine. Una delle opere vede protagonista l’animale-feticcio dell’artista, il pipistrello. Nel grande pannello Bat una figura grottesca emerge dalla superficie del quadro, quasi come un incubo che prende forma nella realtà. Altrove, in mostra, i piccoli pipistrelli dipinti sono celati tra le fauci di una bocca dell’inferno in cui il pubblico è invitato ad addentrarsi.

Dispositivo centrale della mostra è uno spazio teatrale, progettato per ospitare in occasione dell’apertura della mostra due spettacoli di burattini. Il primo è ispirato al Castello dei destini incrociati di Italo Calvino e al suo uso dei tarocchi come dispositivo linguistico. Il secondo spettacolo è quello che dà il titolo alla mostra. Prendendo spunto dai film di fantascienza incentrati su giochi televisivi perversi tipo “Running Man” o “The Hunger Games”, i burattini creati da Monster Chetwynd divengono gli attori dell’epico scontro tra il crudele Gufo con gli occhi laser e una squadra di concorrenti formata dagli abitanti del quartiere intorno alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.