Cabinet inaugura Giovedì 15 Novembre 2018 la doppia personale di Matyáš Chocola eChristian Jankowski a cura di Maria Chiara Valacchi

È grazie a Giambattista Vico, filosofo vissuto a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, se abbiamo appreso la teoria dei “corsi e ricorsi storici”, un ipotetico e incessante ripetersi di tre cicli distinti quali l’età primitiva e divina, l’età poetica ed eroica e l’età civile e umana, tutti governati dalla sacra provvidenza; una cadenzata digressione storica che può restituire nel tempo, sotto nuove forme, archetipi sociali, culturali ed estetici. A distanza di tre secoli un altro filosofo, il tedesco Ulrich Beck, individua la nostra epoca comunemente definita come “contemporanea” quale stagione storica nella quale più cose accadono, appunto, “contemporaneamente”. In questa cosiddetta “seconda modernità” Beck sostiene che le dinamiche plurali dell’“e” si sostituiscono a quelle esclusive dell’“o” lasciando più spazio a un'idea di complementarietà degli opposti, nonché ai suoi esperimenti di sintesi, osmosi, inclusione e ambivalenza. Queste le premesse che introducono il concetto di tempo, trascorso e presente, che si interpola nelle trame della mostra di Christian Jankowski e Matyáš Chocola dal titolo the most successful couple of the epoch, frase tratta dalla ballata “Leg' Doch Nur Einmal Den Arm Um Mich 'rum” del 1973 scritta dalla cantante Hildegard Knef: un valzer malinconico e decadente che suggella metaforicamente il legame creativo tra i due artisti e accompagna il dialogo eclettico tra linguaggi installativi, scultorei e pittorici saturi di memorie artistiche.

Matyáš Chochola sceglie di descrivere il ruolo universale dell'artista, costantemente capace di manipolare il passato a servizio della contemporaneità, prendendo in prestito due figure mitologiche: Perseo e la Medusa.

“Per tagliare la testa di Medusa senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole; e spinge il suo sguardo su ciò che può rivelarglisi solo in una visione indiretta, in un'immagine catturata da uno specchio. Subito sento la tentazione di trovare in questo mito un'allegoria del rapporto del poeta col mondo, una lezione del metodo da seguire [...]”.

Mutuando Italo Calvino, Chochola instaura una relazione “riflessa” con il mondo affrontandola con la leggerezza di una scultura-autoritratto che, innalzandosi al centro della stanza, parla indirettamente di se e della potente dicotomia tra eroe e nemico, tra artista e sistema. Ne scaturisce un Perseo che si protegge con il suo grande scudo circolare da una Medusa luminosa del diametro di 80 cm; un logo a metà tra l’icona pop e l’installazione neon che irradia bagliori psichedelici dal soffitto. Cristallizzato, ma vivo, l'anti-eroe non muta in sale ma in un materiale che ricorda la roccia lavica: un’Iliade coeva che assume nuovi significanti e racconta di gesta più terrene, di un sistema dell’arte che cinicamente innalza e dimentica al contempo.

Christian Jankowski diversamente sceglie di riferirsi a un'epoca a noi più vicina, il Novecento, attraverso una serie di celebri autoritratti di Van Gogh che riproduce in copie pittoriche ribaltandone il senso primario.

“Il passato reca con sé un indice segreto che lo rinvia alla redenzione. Non sfiora forse anche noi un soffio dell'aria che spirava attorno a quelli prima di noi? Non c’è, nelle voci cui prestiamo ascolto, un'eco di voci ora mute?[...] Se è così, allora esiste un appuntamento misterioso tra le generazioni che sono state e la nostra. Allora noi siamo stati attesi sulla terra. Allora a noi, come a ogni generazione che fu prima di noi, è stata consegnata una debole forza messianica, a cui il passato ha diritto”.

Come nelle parole di Walter Benjamin, le opere di Jankoswki si definiscono portatrici di questo messaggio di sintesi grazie al confronto tra i celebri autoritratti e due immagini fotografiche tratte dalla serie “We are innocent when we sleep”, ritratti disturbanti e tragicomici dall'essenza grottesca; un passaggio del testimone tra la ricerca del bello, la sua innovazione e l'attuale distruzione dell'immagine.

Un dialogo iconografico multiforme e in continua evoluzione ma saldamente costruito sulla formula del rapporto e dell’interdipendenza tra ”coppie” reali o immaginate.