Nella sezione sono esposti circa 400 manufatti rappresentativi dei principali centri di produzione ceramica dell’Asia estrema, quelli, che hanno fatto la storia del commercio internazionale della porcellana dai tempi di Marco Polo fino all’epoca delle Compagnie delle Indie Orientali, grazie alle quali l’Europa conobbe, apprezzò e imitò la genialità tecnica e artistica dei vasai della Cina e del Giappone, nonché della Tailandia – l’antico Siam - e del Vietnam.

Attraverso le opere esposte, il visitatore potrà godere, come lo fecero i nostri antenati, delle meravigliose merci arrivate in Europa attraverso la ‘Via della Porcellana’. Dai forni del principale centro manifatturiero dell’Asia, Jingdezhen nella provincia cinese del Jiangxi, provengono i primi esempi di vasellame in pasta di caolino con vetrina acroma, del sec. XI, mentre il vasellame di gres rivestito dalle spesse, quasi untuose, vetrine verdi – che in Europa chiamiamo céladon - è rappresentato da alcuni esempi databili tra il sec.V e il sec.X fino agli splendidi manufatti dei secc.XIII-XV prodotti nelle rinomate fornaci di Longquan (nella provincia del Zhejiang). Particolarmente rappresentativa, per qualità, quantità e varietà tipologica, è poi la raccolta di porcellane con decoro all’ossido di cobalto dipinto sotto la vetrina acroma – i famosi vasi “bianco e blu”- dove figurano splendide stoviglie prodotte a Jingdezhen sia per il raffinato mercato cinese nel periodo delle due ultime dinastie – Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911) –, sia per l’esportazione verso l’Occidente (i famosi “bianchi e blu” kraak e Swatow particolarmente imitati a Delft, ma non solo) tra il 1550 e il 1650, il periodo di più stretto monopolio del commercio olandese con le Indie orientali. A queste si affiancano non meno eccellenti piatti dello stesso genere “bianco e blu” fatti in Giappone dalle fornaci di Arita, principale centro di produzione dell’arcipelago che, particolarmente nel Sei e Settecento, seppe competere, in termini di qualità e quantità, con quelli prodotti in Cina. E ancora di fattura giapponese, di Arita, sono le porcellane Imari sulle quali ai decori “bianco e blu” si aggiunge lo smalto rosso e l’oro. In questo caso, furono i vasai cinesi che dovettero imitare e competere, come si potrà vedere nella vetrina dedicata al tipo detto ‘Imari cinese’, per soddisfare la domanda del ricco mercato europeo.

Nella sezione dedicata alla produzione delle fornaci giapponesi figurano, poi, i gres di uso quotidiano, ma di straordinaria raffinatezza, fatti per la maggior parte nelle fornaci di Seto, una località dell’isola di Kyushu, annoverata tra i “sette antichi forni” del Giappone, essendo attivi almeno dal sec. XII. Non mancano, naturalmente, numerosi esempi dei gres con coperte di diverso stile (tra cui tazze a coperta rossa o nera nel ben noto stile dei Raku) usati nella ‘Cerimonia del tè’ o quelli, molto meno formali, usati per conservare e consumare un’altra tradizionale bevanda giapponese, il sakè, noto in Europa come ‘vino di riso’.

Non possiamo non segnalare poi la scoperta, tra le opere in deposito, di due eccezionali esempi delle porcellane ottocentesche Bencharong e Lai Nam Thong, prodotte a Jingdezhen, in Cina, per l’uso esclusivo della Corte del Re del Siam, oggi Tailandia, splendidamente decorate a smalti policromi con scene di ispirazione buddhista.

Abbiamo voluto poi aprire una piccola finestra sul mondo dell’Oriente Estremo, per contestualizzare in qualche modo l’oggetto principale della nuova sala, attraverso l’esposizione di opere a soggetto religioso (splendida la divinità stante di porcellana blanc de Chine) anche in materiali diversi dalla ceramica, come l’eccezionale statua di bronzo raffigurante il Re Celeste Duo Wen Tianwang ("Colui che tutto ode") che accoglie i visitatori all’ingresso del nuovo spazio espositivo, dove trova anche posto una vetrina che abbiamo voluto chiamare “della memoria” in quanto vi sono collocate diverse opere recuperate tra quelle distrutte dal bombardamento alleato del 1944 che purtroppo causò irreparabili danni alle collezioni del Museo.

Il percorso espositivo attraverso “la Via della Porcellana” èaccompagnato da supporti didattici che forniscono al visitatore non specialista sintetiche notizie (storiche, geografiche e tecniche) per godere appieno della visita.

La scelta e lo studio delle opere esposte –acquisite per la maggior parte attraverso il generoso contributo di diversi donatori- è stato coordinato dal dott. Roberto Ciarla (Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’) che si è avvalso della collaborazione della dott.ssa Fiorella Rispoli (Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente), della dott.ssa Chiara Molinari, una giovane studiosa che da qualche tempo collabora con il MIC, e, naturalmente, del personale del Museo.