Dimora Artica presenta Fiordiluna, mostra personale di Paolo Brambilla (Lecco, 1990). In questo progetto l'artista prende in esame l'atto del raccontare, tra finzione e mondo reale, realizzando un ambiente metanarrativo parzialmente ispirato alle forme della letteratura fantastica.

Il moltiplicarsi delle modalità di manipolazione della realtà ci immerge oggi in una dimensione ibrida, un mondo in cui l'esperienza del reale non può prescindere dall'intreccio di narrazioni che ne rimodellano costantemente le caratteristiche.

La contemporaneità si mostra nello stesso tempo fluida e stabile, aperta ad un'infinità di interpretazioni e insieme saldamente ancorata a schemi narrativi che si ripetono come pattern sovrapposti. I contenuti che vanno a formare l'immaginario collettivo sono come frammenti di un'unica storia che si ripete senza sosta, in cui il mondo si racconta e autorigenera al tempo stesso.

La ciclicità dei processi culturali ispira la ricerca di Paolo Brambilla, che a Dimora Artica prende in esame l'atto stesso del raccontare realizzando un ambiente metanarrativo, ossia un racconto che parla di altri racconti. Brambilla considera la narrativa come una dimensione senza spazio né tempo, la cui storia, quindi, non ha mai fine. Tuttavia, essa si avvale di canoni, regole e stigmi che impediscono che il suo ordine possa essere scardinato e che fungono da tramite tra realtà del mondo e finzione del racconto.

Riflettendo sulle modalità di scrittura proprie della narrativa speculativa, e in particolare rileggendo La storia infinita, romanzo fantastico di Michael Ende pubblicato nel 1979, Paolo Brambilla sviluppa enigmatici frammenti che, come simboli magici, connettono immaginazione e realtà, intrecciando l'atemporalità della dimensione fantastica al tempo della vita biologica. Fiordiluna è il nome che Bastian, inconsapevole protagonista de La storia infinita, dona all'Imperatrice di Fantàsia per salvarla dal Nulla, divenendo così consapevole del potere creativo della propria immaginazione. Figura enigmatica del romanzo di Ende e della successiva versione cinematografica di Wolfgang Petersen, l'Imperatrice esiste solo grazie al nome che le viene dato. Il suo è un corpo di luce senza età, un phantasmata formato dall'immaginazione degli uomini.

Brambilla ricrea a Dimora Artica la stessa atmosfera diafana, trasformando lo spazio in uno scenario dalla luce lunare in cui prendono vita forme dal colore cangiante e metallico, dai mutevoli riflessi e dalla misteriosa valenza simbolica. Ogni elemento si mostra come un elemento narrativo aperto, frammento da completare e dal quale può nascere una nuova storia.

Un tappeto invita a sostare vicino a una fiamma intorno alla quale condividere racconti, tra oggetti che simulano altri materiali unendo seduzione e inganno, rimarcando la valenza illusoria dell'ambiente in cui si è immersi. Lo spazio e il tempo si annodano su sé stessi come l’Uroboro, simbolo che ne La storia infinita è traslato nell'amuleto chiamato Auryn, in un pattern infinito come le potenzialità creative dell’immaginazione.