La Galleria Lia Rumma è lieta di presentare la mostra personale Landscapes di Domenico Antonio Mancini che inaugura il 4 Maggio a Napoli.

Il paesaggio è il nucleo intorno al quale ruota il nuovo progetto site-specific dell’artista pensato come un’installazione ambientale.

Domenico Antonio Mancini propone un dialogo serrato tra il paesaggio ottocentesco e il paesaggio contemporaneo esponendo dipinti della scuola pittorica napoletana insieme alle sue opere inedite. I “paesaggi” di Domenico Antonio Mancini consistono in monocromi bianchi su cui campeggiano le trascrizioni di alcuni indirizzi internet. Le serie alfanumeriche corrispondono alle immagini digitali (street view) del sito Google Maps di alcuni luoghi della città significativi per la vita dell’artista ma che, allo stesso tempo, sono luoghi strategici per comprendere la storia e lo sviluppo urbanistico della città contemporanea. Il lavoro di Domenico Antonio Mancini punta dritto alla riflessione sulla rappresentazione pittorica della città e del paesaggio come sistema linguistico tradizionale. Egli approfondisce l’indagine sui codici pittorici a partire dall’idea che la complessità della città, dei rapporti tra centro e periferia, delle sovrapposizioni di vite individuali, di situazioni sociali e politiche di cui la città è sfondo e protagonista, non possono essere sintetizzati sulla superficie pittorica, bensì quella superficie deve funzionare come sfondamento verso l’altrove. D’altro canto questo si connette anche all’origine storica della galleria nei palazzi principeschi dove i quadri erano “finestre” su luoghi immaginari, elegiaci, mitologici, esotici e simbolici. Attraverso l’indagine sui codici di rappresentazione del paesaggio e sul loro rapporto con la tradizione pittorica ottocentesca napoletana, che continua a determinare collettivamente il nostro immaginario, Domenico Antonio Mancini arriva al racconto della città e della relazione problematica che lega ancora oggi centro e periferia. Le celebri vedute della tradizione pittorica ottocentesca rivestono il ruolo del diretto interlocutore nel discorso di Mancini.

Il primo ambiente della galleria in cui è esposta una delle vedute è ridisegnato da Mancini come la sala museale da cui il dipinto è stato preso in prestito. Questa prima installazione ambientale costituisce il “prologo” in cui è condotto il visitatore. Infine, l’opera in neon colorato La periferia vi guarda con odio, che riporta una frase letta dall’artista su un muro del centro storico di Milano, si propone come statement della mostra e non come semplice slogan. Il neon illumina la meravigliosa quadreria di opere ottocentesche prese in prestito da istituzioni e collezionisti della città. La periferia vi guarda con odio è la pietra di volta della mostra poiché propone lo stesso processo attivato dai dipinti. Così come l’indirizzo internet innesca un movimento di fuoriuscita dal piano pittorico attraverso il collegamento con uno strumento tecnologico, così il neon rimanda alla città nella sua complessità, alla sfera sociale e vitale della periferia. Il progetto afferma un ruolo specifico dell’arte, distante da quello idealizzato del paesaggio comunemente inteso: il paesaggio è rappresentazione della complessità del luogo, delle sue incongruenze e contraddizioni e la città rappresenta le nostre vite, con i conflitti, le divergenze e anche i tentativi di conciliazione. In ogni caso la rappresentazione della città, la cui immagine è sempre soggettiva, individuale perché si connette alle vite di ciascuno, non può risolversi sul piano pittorico. I Landscapes rispondono a questa necessità di sfondamento e sintesi. L’arte ha la capacità di costruire l’immaginario dei singoli individui e non solo nei termini di rappresentazione della realtà e del visibile, ma anche come potente vettore di ciò che, invece, resta invisibile allo sguardo.

Domenico Antonio Mancini, nato a Napoli nel 1980, vive e lavora a Milano. Si è formato presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e attraverso la partecipazione a varie residenze tra le quali si ricordano la Fondazione Antonio Ratti (Como, 2004), la Mountain School of Art (Los Angeles, 2006). Interessato alla trasformazione del quotidiano e della memoria storica in un’esperienza sinestetica, Mancini realizza opere che portano lo spettatore a riflettere sulla complessità del rapporto tra passato e presente, mostrando le incrinature presenti nella supposta linearità che lega i due momenti. Domenico Antonio Mancini ha realizzato diverse mostre personali tra cui Transit 1 a cura di A. Rispoli, E. Viola e W. Wells, presso il Museo MADRE (Napoli 2009); la Townhouse Gallery (Cairo, Egitto, 2009); Altre Resistenze alla Fondazione Morra Greco di Napoli (2011) e Immersioni (Milano 2015) presso la Galleria Davide Gallo. Vincitore del Premio Shanghai nel 2012 e del Premio Alessandro Marena nel 2015, ha partecipato con opere site-specific, alle mostre collettive: Prague Biennale 5 – Focus Italy – The Crisis of Confidence, a cura di Marta Barbieri e Lino Baldini (Praga 2011); Senza Titolo, Galleria Lia Rumma (Napoli 2013); Disio, nostalgia del futuro, a cura di Antonello Tolve, Sala TAC / La Caja, Centro Cultural Chacao (Caracas, Venezuela 2017); Sensibile Comune, a cura di Ilaria Bussoni, Nicolas Martino, Cesare Pietroiusti, Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma 2017); Mind the Gap, a cura di Emanuele Riccomi, Barriera (Torino 2018); Inoltre si segnala la partecipazione alle mostre collettive più recenti: Young Italians presso l’Italian Cultural Institute di New York in collaborazione con il Magazzino Italian Art a cura di Ilaria Bernardi (2018). Ha partecipato alla VIII Edizione Premio Fondazione VAF al MART di Rovereto (2019).