Scrivo in merito all'articolo pubblicato nei giorni scorsi da tutti gli organi di informazione internazionali, circa la paralisi della mano destra di Leonardo, che come appare dalla tesi suggerita dai dottori Lazzeri e Rossi, sarebbe determinata da un trauma e non da ictus (come ipotizzato anni fa da Vezzosi), secondo una diagnosi conseguente all'osservazione di un disegno del Figino pubblicata sul Journal of the Royal Society of Medicine di Londra.

Molte le inesattezze relative a questa notizia, che con amarezza constato abbia avuto un riscontro elevato da tutte le redazioni, contribuendo a creare ulteriore confusione in merito alla conoscenza di questo straordinario artista.

Il disegno di Figino, conservato a Venezia presso la Gallerie dell’Accademia, Gabinetto dei Disegni e Stampe n. 834, a cui fanno riferimento i due medici per stilare la propria diagnosi, è in realtà il disegno preparatorio di un dipinto, oggi in collezione privata, che lo stesso Figino dedica al tema di Eraclito e Democrito, nel quale Leonardo è ritratto nei panni di Eraclito. Già nel 1477 Bramante si occupò di dipingere Leonardo nei panni di Eraclito, in un suo dipinto oggi conservato presso la Pinacoteca di Brera.

Figino è nato a Milano e, quindi, è condizionato artisticamente sia dall'opera di Bramante e sia da quella dei leonardeschi lombardi in generale, nella trattazione di un tema che è comunque un classico della filosofia applicata all'arte. Il che comporta la seconda inesattezza, e cioè che il disegno di Figino ripeterebbe una statua di Leonardo, poi andata perduta.

Non a caso, infatti, nella raffigurazione Leonardo/Eraclito incarna il filosofo che piange, colui che attiene alle cose terrene, materiche, e per questo tiene in mano un fazzoletto, allo scopo di asciugare le lacrime che gli rigano il viso (come già sottolineato dal compianto Pedretti anni fa). Nel dipinto, però, la mano diventa quella sinistra, vanificando oltremodo l'analisi dei due medici.

È vero che il de Beatis (l'unico tra coloro che parlano di Leonardo a farlo conoscendolo di persona, e per questo assume rilievo il fatto che lo descrive ultra settantenne, il che avvalora una retrodatazione della data di nascita), quando annota l'incontro avuto con Leonardo il 10 ottobre del 1517, quando accompagnava il Cardinal d'Aragona, parla di una sua menomazione alla mano destra: "Anche se da lui per essergli venuta certa paralisi su la destra non ci si può più aspettare cosa buona. Ha ben formato un creato milanese che lavora assai bene. E benché il predetto messer Leonardo non possa colorare con quella dolcezza solita, pure può fare disegni ed insegnare ad altri". Ed è altrettanto vero che questa menomazione non è causata da un ictus, come correttamente avanzano i due medici dalle pagine dell'autorevole Journal of the Royal Society of Medicine, ma nemmeno da un trauma o da una caduta, come vorrebbero sostenere i due medici con una analisi parziale a distanza. E qui sta la notizia vera, che ho documentato in una conferenza tempo fa, ma di cui ancora non avevo offerto una versione alla stampa.

La Gioconda, o meglio, quella che si ritiene esser tale. In realtà si tratta del dipinto di Dama di Lombardia, come descritta dal de Beatis nella stessa cronaca del 10 ottobre del 1517, mentre della Gioconda, certificata dal cancelliere fiorentino Agostino Vespucci nel 1503 "(come) il pittore Apelle. Così fa Leonardo da Vinci in tutti i suoi dipinti, ad esempio per la testa di Lisa del Giocondo e di Anna, la madre della Vergine. Vedremo cosa ha intenzione di fare per quanto riguarda la grande Sala del Consiglio, di cui ha appena siglato un accordo con il Gonfaloniere. Ottobre 2003", ne abbiamo perso traccia, a meno che Vespucci e Vasari non si riferissero al ritratto che Leonardo fa all'interno del dipinto Sant'Anna, la Vergine e il bambino con l'agnellino.

Quella che oggi erroneamente, dunque, consideriamo La Gioconda, che tengo a precisare raffigura Leonardo al femminile, nella riproposizione del Rebis dell'artista, ovvero del proprio matrimonio spirituale (e non certo una dama in carne e ossa, come sostengono a più riprese i vari studiosi, e men che meno un "puttanone", come sbraita Sgarbi nel suo stile al solito sopra le righe, da me ripreso personalmente di recente) ci dà la soluzione definitiva alla patologia sofferta da Leonardo, e, paradossalmente e per puro caso a questo punto, in parte azzeccata dalla diagnosi avanzata dai due medici di cui sopra.

Se si osserva la mano destra di quella che consideriamo La Gioconda al Louvre, si noterà una protuberanza in corrispondenza del tendine tra pollice e indice; stiamo parlando di un ganglio artrogeno (e non un lipoma, come qualcuno ha avanzato in passato), una patologia di cui soffrono una infinità di persone (compreso il sottoscritto) che, nel tempo, si traduce in un impedimento alla corretta mobilità articolare in vecchiaia.

Con la speranza che si voglia dar corso a questa mia rettifica, al fine di riportare sul corretto binario la discussione su Leonardo, già fin troppo stravolta da inutili speculazioni durante tutto il corso di questo anno, dedicato alle celebrazioni del cinquecentenario della sua morte.