The Gallery Apart è orgogliosa di presentare Petrichor, la seconda personale di Sinae Yoo (Seoul, 1985) negli spazi della galleria. Addentrarsi nell’immaginario di Sinae Yoo significa apprestarsi ad un’esperienza sensoriale dal forte impatto visuale e che presto si trasforma in un incontro con temi, suggestioni e istanze che attengono ad alcuni fondamenti etici e morali che da sempre obbligano il genere umano ad interrogare se stesso e l’ambiente in cui si dipanano le sue vicende terrene. Negli ultimi anni, usando una vasta gamma di media, Sinae Yoo ha esplorato temi quali l’alienazione e la servitù sotto il giogo del capitalismo. Prendendo spunti dalla cultura visiva della pubblicità e dei videogiochi, l'artista evoca un'estetica di seduzione che intrappola e frantuma le anime nella sua rete virtuale.

La mostra si sviluppa intorno all’installazione video che le dà il titolo. Petrichor è un termine coniato in ambito scientifico nel corso degli anni ’60 per indicare l’odore che si manifesta quando una prima pioggia cade dopo un lungo periodo di bel tempo. Il video è il risultato di un processo di stretta collaborazione con una comunità di artisti che Sinae Yoo ha incontrato a Baltimora, città dove l’artista ha risieduto nel corso dell’ultimo anno e dove il video è stato girato. Recitano nel film Elon Batlle, il compositore e cantante Mathew Starke e il poeta Keenon Brice, mentre Alex Deranian e Sylvain Gerboud ne hanno composto la colonna sonora.

Ambientato in stazioni di servizio e parcheggi, Petrichor si concentra sull'automobile come oggetto emblematico di un potere normativo iper-mascolinizzato. Un mondo controllato e inibito dalle curve slanciate e dal potente sistema audio di una muscle car. Si tratta di sottoprodotti culturali che l’artista utilizza per indagare i meccanismi che presiedono alle relazioni interpersonali e al rapporto con le espressioni del sé che nel sistema capitalistico sono improntate a forme di estrema competitività. Il capitalismo infatti non promette salvezza e redenzione per i deboli, ma solo default e debito e nell’arte, come nel lavoro, il mainstream sfrutta e distrugge le sottoculture libere imponendo sottomissione, obbedienza e conformità ai canoni estetici dominanti.

I protagonisti di Petrichor tentano di sfuggire a tutto ciò dando vita a scenari in cui musica e teatralità fungono da catalizzatori per l'emancipazione, la resilienza e la forza d'animo. La ribellione all’uniformità imposta transita per l’esaltazione di uno spazio e di pratiche sociali condivise, di un habitus in senso sociologico che qui assume la denominazione di “Glass flex”, una sottocultura in cui l’affermazione identitaria e sociale è affidata a una gara a chi costruisce i sistemi audio per automobili più smisurati, a chi detiene i subwoofers più potenti. E’ a questa estetica ipermascolinizzata che si ispirano l’installazione video e la colonna sonora.

La musica gioca un ruolo fondamentale nell’ambito del progetto Petrichor. La canzone “Shield” prende a prestito le note musicali che, in uno straordinario particolare del Trittico del Giardino delle delizie, conservato al Museo del Prado di Madrid, Hieronymus Bosch dipinge sul sedere di una delle sue infinite inquietanti figure. Ne è derivata una canzone completamente nuova che uno dei protagonisti del video canta senza che però lo spettatore la possa sentire. La canzone in effetti viene diffusa al piano di sopra della galleria dove lo spettatore la ascolterà avendo negli occhi il grande murale che Sinae Yoo ha dipinto sulla parete più alta della galleria e in cui ha inserito la frase “La musica interiore può essere ascoltata quando chiudi gli occhi”. E’ un invito a recuperare la dimensione spirituale che la società materialista tende ad espellere ed è a questa dimensione e alla sua possibile e personale rappresentazione visuale che si ispirano i collages astratti che completano la mostra.