Ho conosciuto Valeria Molaioli durante un ritiro yoga in Toscana, ritrovata poi al tepore di una Sicilia di inizio giugno. Mai luoghi furono più adatti a uno scambio di emozioni e di vissuto. Certi posti sembrano creati apposta per l’introspezione e il dialogo, per trasformare in parole le sensazioni pulsanti di cuori che si incrociano, si comprendono e si scaldano. Momenti di apertura e riflessione, di tregua dal rumore e dalla frenesia di città sempre più soffocanti, vuote e perdute.

Piano piano scopro un’artista tenace, sensibile ed estremamente poliedrica. Valeria è nata a Roma, dove si diploma all'Accademia di Belle Arti nel 1991. Contemporaneamente approfondisce la sua formazione presso lo studio di Alberto Burri agli Ex Seccatoi di Tabacco di Città di Castello e successivamente con lo scultore Nunzio alla Fondazione Pastificio Cerere del quartiere di San Lorenzo a Roma. Una prima tappa verso un luogo della Capitale che non conoscevo e meritevole di un excursus.

La storia del Pastificio Cerere e della sua riconversione, una ex fabbrica di pasta e farina costruita nel 1905 e attiva fino al secondo dopoguerra, inizia quando l’imprenditrice Felicina Ceci, proprietaria dell’edificio con la sorella Adriana, ne affitta i locali ad alcuni giovani artisti. Il primo a istallarvi lo studio fu lo scultore Nunzio, nel 1973; in seguito vi si insediarono Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Giuseppe Gallo, Pizzi Cannella e Marco Tirelli, prendendo spazio nell’edificio che, con il suo montacarichi, i grandi ambienti aperti e le ampie finestre, offrì agli artisti spazi ideali per i loro studi. I nuovi inquilini ne ristrutturarono gradualmente gli interni, mentre le zone comuni non vennero modificate. Anche dopo il rinnovamento, la memoria dell’uso industriale del Pastificio non fu cancellata e al suo interno si conviveva con le tracce archeologiche della sua precedente funzione.

Fu Achille Bonito Oliva, nel 1984, a rendere celebre il Pastificio con la mostra Ateliers in cui si aprirono al pubblico gli spazi dove abitavano e lavoravano gli artisti. Da allora l’edificio si è ripopolato di artisti, cui man mano si sono aggiunti critici, intellettuali ed esponenti del mondo dello spettacolo che hanno gravitato intorno a questa fucina divenuta un punto di riferimento per la cultura in generale.

Nel 2002, dalla mostra Interno F.M. nasce l’idea di dotare il Pastificio Cerere di uno spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea e aperto al pubblico. Nel 2005, viene creata, da Flavio Misciatelli, la Fondazione Pastificio Cerere e inaugurata la sua sede nel palazzo.

Da qui anche Valeria, come molti altri artisti contemporanei, parte e spicca il volo. Dopo la passione trasmessale da Burri per le plastiche combuste nel suo padroneggiare la materia, renderla anima, natura, vita, l’esperienza con Nunzio sarà fondamentale per la sua formazione, aprendo il mondo della sua sensibilità alla materia, un universo coinvolgente fatto di composizione di forme che interpretano uno spazio definito e autonomo dove il materiale ha il ruolo essenziale per una trasmissione emotiva e sensoriale.

Con Nunzio Valeria mi dice di avere appreso le combustioni e la costruzione di sculture di legno che trasforma da polistirolo a roccia. Il mondo cambia, le rocce sono di plastica, la natura che muore la brucia per ricondurla a forme primordiali più organiche. Il polistirolo assomiglia ai blocchi dai quali Michelangelo estraeva le sue anime. E Valeria estrae il perduto, quello che non ci sarà più.

Una ricerca che parte dal materiale e dal colore per arrivare all’anima. Un percorso sensoriale fatto di materia da elementi naturali quali i pigmenti, le sabbie e la lava vulcanica, arriva ai rivestimenti insonorizzati e polistiroli isolanti per costruire edifici, gli edifici dell'anima.

In passato avvolgeva con le corde strutture panciute, la gravidanza e le difficoltà dell'affrontare la vita: erano le paure imprigionate in volumi filati, tessuti con corde e rafie antiche annodate. Valeria, eterno spirito libero si sentiva ingabbiata nella rete e produceva gabbie tessute ma sempre colorate, piene di fili intrecciati. Man mano i fili sono però diventati forme e lettere, parole insegnate e trasmesse alle figlie Susanna e Virginia, che adora. Le gabbie alla fine si aprono e le strutture da bidimensionali divengono sculture, esce la creazione e si rinnova, trovando nel polistirolo le forme del marmo e riproducendo steli di vita con oro vero colato, a significare la preziosità di questo immenso pianeta che non vediamo. Energia pura che nasce e si trasforma.

Seguire Valeria non è semplice, un’artista avvolta da teli di iuta che le danno la forza di volare con la sempre fervida immaginazione, materiali fluttuanti che escono dallo spazio volteggiando a suon di musica, quella di Schumann e Mahler che lei tanto ama, note di classicità che si intrecciano con il contemporaneo. Anche questi pentagrammi di filo l’accompagnano nel suo cammino, legami con il passato, quei ricordi di bambina della sua Cetona, paese natio dei nonni, dove i telai artigianali le facevano compagnia a suon di spolette, su e giù per i caldi pomeriggi estivi fatti di grilli e profumi d'incanto. I giardini segreti dell'infanzia accompagnano la sua arte, la natura del suo urlo di luce.

I telai di allora erano quelli dei Fratelli Bertolani, gli stessi della società di produzione artistica tessile Artes della Garfagnana con cui oggi Valeria collabora. La passione per il tessile l’ha carpita anche, e soprattutto, dai racconti e dalle favole che Maria Lai le raccontava a Ulassai in Sardegna nei locali dall’aurea magica della sua fondazione a lungo frequentati. Maria portava la cultura dell’isola nella vita di ognuno, nell’isola interiore che ciascuno è, e ha, gelosamente custodita.

Ci sono poi i tappeti dipinti sui pavimenti, ispirati a studi sugli alberi genealogici fatti di tarsie marmoree e mosaici presenti nelle chiese, con uno splendido effetto scenografico che richiama la sua abilità di decoratrice di interni. Perché Valeria è anche questo. Lista che non conclude mai.

Dall’impulso e dall’istinto dei primi anni, ora comprende il significato reale del suo percorso. Un cammino fatto di molti riconoscimenti. Basti ricordare il premio del Ministero Opere Pubbliche per la Motorizzazione Civile con un'opera da destinare alla sede della Motorizzazione EUR di Roma del 2002; o quello per il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti con l'acquisizione di un'opera da destinare all'Aula Bunker di Perugia Capanne, del 2003. Per non tralasciare le varie esposizioni, fra le quali, per citarne solo le principali: Terra Mare, 2001, Camera Oscura a S. Casciano dei Bagni (Si), curata da Cornelia Lauf; Incontri in Terra di Siena, 2005, La Foce Pienza; Madre, 2007, Galleria Punctum, Roma, curata da Virginia Villari; Museo della Canapa di S. Natolia di Narco (PG), 2008; R(h)opes, Galleria Primo Spazio, Foligno, 2010; MiArt 2010; La Divine Comedie, l'Atelier Poltrona Frau di Parigi, 2009; Origini, Locarno, Svizzera, 2010; Ricognizione, 2013, Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno, curata da Italo Tomassoni; Musica in Arte, 2016, Spazio Ex Pastificio Cerere, Roma.

Fino alla più recente, e di grande successo, di Roma, gli Studi d'artista di MACRO ASILO, spazi del museo dove il direttore Giorgio De Finis ha voluto ricreare antichi atelier in cui gli artisti potessero sviluppare un’opera a contatto con i visitatori. Qui, nella settimana dal 14 al 19 maggio 2019, Valeria ha presentato l’installazione Connessi, un’opera fatta di 4 pannelli di fonoassorbente verde per il riscaldamento su cui tutti i visitatori hanno messo il proprio nome appuntandolo con gli spilli colorati sui pannelli di polistirolo e si sono connessi l'un l'altro con i suoi fili. Lei ama tessere relazioni e mettere tutti in contatto. Quei fili di Cetona…

Il suo autoritratto è, invece, andato in scena il 14 maggio, con un’intervista in sala Cinema da parte della curatrice Martina Venturi (curatrice delle residenze di Arte Contemporanea presso la Nirox Foundation di Johannesburg) dove Valeria ha ripercorso, insieme al pubblico, 25 anni di carriera con le sue silos fotografiche di mostre e lavori.

E poi, sempre al MACRO, dove, dal suo studio di Foligno dove oggi Valeria vive e lavora, arrivano le grandi steli di polistirolo sulle quali spicca l’oro dei sassi umbri qui incastrati e incastonati, a significare la natura che se ne impossessa. Avvolte sopra da lini candidi e neutri come a proteggerle… La vita reale che trova spazio nei suoi lavori… Verso una nuova avventura: i tappeti volanti di Creta…