Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Arianna Matta (Roma, 1979).

C’è come un dolore nella stanza, ed è superato in parte: ma vince il peso degli oggetti, il loro significare peso e perdita.

(Amelia Rosselli)

C’è come un dolore nella stanza, scriveva Amelia Rosselli. Un dolore che vince il peso degli oggetti, li anima di sé, li accoglie tutti, li investe. C’è un dolore che è come una presenza. Pervade il luogo in cui è nato e lo abita. Lo abita come ogni altra emozione.

I luoghi portano a memoria ciò che vi è accaduto. E quando sono vuoti, quando non vi è l’umana presenza, in verità vuoti non lo sono affatto. Vibrano di quanto è stato vissuto nel loro cuore. Il dolore, la passione, la gioia, la paura, la tristezza, l’amore, l’inganno, l’abbandono, l’allegria.

Lasciamo, nei luoghi in cui siamo stati, la vibrazione dei sentimenti che abbiamo provato e vissuto e condiviso e celato e dichiarato e subito. Noi passiamo, ma l’energia di quanto abbiamo vissuto e provato, resta. Resta nelle stanze, resta nelle cose. Nelle tende, nei divani, nelle piante, nelle pareti.

Il già stato domina i luoghi e li intride di memoria e significato. Ma resta un già stato palpitante.

Come le pennellate di Arianna. Che ricostruiscono quei luoghi offrendoceli sotto forma di visione. Una visione a tratti indefinita. Perché è ricordo. E c’è, nei suoi dipinti dalla fluida e gestuale pennellata, come una voce. Una voce che nessuno sente, ma che si fa luce. Ed è quella luce che inonda e pervade le stanze, gli ambienti, i giardini assolati, le fabbriche abbandonate. C’è una presenza che si chiama luce, ed è una luce che somiglia a una voce. Ed è una voce che porta a memoria la nostra vita, e che si chiama pittura.

Arianna vive e lavora ad Albano Laziale. Questa è la sua voce creativa per voi…

Chi è Arianna?

Una persona aderente a se stessa.

Che cos’è per te la pittura?

La strada di casa.

Il colore del silenzio?

Vorrei trovarlo… lo cerco nei verdi.

Dove ti rifugi quando i sogni si sgretolano?

Non mi rifugio.

L’emozione ultima, di fronte alla tela nuda, prima di iniziare un’opera?

Estasi.

Quando e come nasce la tua ricerca pittorica?

Nasce come urgenza intima, come catarsi in uno spazio-tempo imprecisato.

È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?

Solo se si è sinceri. A volte non si riesce o non si vuole scavare dentro se stessi.

Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?

Tutto ciò che elaboriamo è memoria, quindi fondamentale.

Nei tuoi dipinti esistono luoghi in cui la figura umana è quasi sempre assente, perchè?

Formalmente perché la figura umana catalizza l’attenzione a scapito del gesto, del tratto della pittura in sé. Sostanzialmente perché la mia poetica ruota intorno al concetto di noumeno; credo che dipingere qualcosa di “poco conto” possa essere più utile all’esercizio della ragione. Fermarsi e cercare un senso profondo e nascosto nelle piccole grandi cose… è il mio modo di vivere da quando ne ho memoria.

Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?

Non mi penso come donna artista.

Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?

Una piccola tela del 2016 Night is falling, un lavoro che ho dipinto per me in un momento di grande sofferenza personale.

Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?

Alcuni saggi, raramente i romanzi.

Scegli tre delle tue opere, scrivimene il titolo e l’anno, e dammene una breve descrizione.

Interno in blu, 160x160, 2017, olio su tela.
Un dipinto con cui ho “chiuso” un ciclo dedicato agli interni industriali.

Assenza di segnale, 80x80, 2015, olio su tela.
Il primo dipinto di una serie di interni, sospesi tra analogico e digitale, passato e presente.

Notturno, olio su tela, 110x160, 2019.
L’ultimo dipinto realizzato prima della quarantena, forse quello che chiuderà il ciclo sulla natura.

Chi sei quando non dipingi?

Una mamma che pensa alla pittura.

Durante il lockdown causato dalla pandemia hai dipinto di meno, hai dipinto di più, non hai dipinto affatto, sono nate nuove importanti idee?

Ho dipinto molto poco e ho messo in discussione tutto.

L’opera d’arte che ti fa dire: “Questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?

Pioggia, vapore velocità di Turner, Pubertà di Munch, Monaco in riva al mare di Friedrich e tantissime altre.

Un o una artista che avresti voluto esser tu.

Nessuno, spero di diventare la migliore versione di me stessa.

Un critico d’arte o curatore con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?

Demetrio Paparoni.

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.

Provinciale, autoreferenziale, melmoso.

Se non fossi una pittrice cosa saresti?

Una pittrice che non dipinge… lo sono stata per diversi anni.

In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?

Nel far quadrare la vita.

Work in progress e progetti per il futuro.

Sicuramente la mia prossima mostra sarà svincolata da alcune dinamiche, quindi ci vorrà del tempo.

Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.

“Conosci te stesso”.