-Giovanni mio signore, mi spiace disturbarti, ma ho assolutamente bisogno di parlarti. Sono ormai diversi anni che ti sono amico e fedele servitore; ogni volta che me ne è stata data l’occasione ho soddisfatto le tue richieste, ma oggi per la prima volta sono io a dover chiedere il tuo aiuto.
-Bernardo dimmi tutto, lo sai che farei qualsiasi cosa per te; io e mio fratello ti abbiamo accolto come un figlio alla nostra corte e tu ci hai ricompensato dando prova del tuo straordinario talento con pitture favolose. Cosa c’è che non va? Quale cruccio ti affligge?
-La situazione è complicata, ti spiego: come ben sai per esercitare la professione di pittore ho dovuto lasciare l’ordine dei frati Cappuccini del quale fin da ragazzo ho fatto parte. Il mio è stato, per così dire, uno strappo alla regola, di solito chi intraprende la via del monachesimo deve dedicare la propria vita alla preghiera e non ha alcuna possibilità di abdicare. Fortuna volle che grazie ad un piccolo ritratto che realizzai in occasione di una visita al Padre generale dell’ordine, mi fu concessa la nomina di prete secolare, così da poter uscire dal convento ed esercitare la professione. Questa cortese deroga però contiene una condizione particolare: potrò continuare a dipingere soltanto fino a quando utilizzerò il denaro guadagnato per provvedere al sostentamento di mia sorella e fino a quando la mia povera madre sarà in vita.
-Ah, so già cosa stai per chiedermi, ho sentito della discussione che hai avuto con quel fabbricante di calcina e dei danni che, con la sua polvere, ha causato ai tuoi quadri. Credo che nessuno possa mettere in dubbio le tue ragioni, ma non è stato saggio chiedere ai tuoi colleghi pittori di testimoniare; pensando di aiutarti hanno parlato troppo dei tuoi guadagni e mi è giunta voce che i Cappuccini sia siano parecchio indispettiti.
-Le voci girano fin troppo velocemente in questa città. Proprio stamani ho ricevuto una lettera minatoria da parte dell’ordine, nella quale vengo accusato di stare esercitando il mio mestiere in luogo pubblico e con evidenti scopi di lucro. Vogliono portarmi davanti al Tribunale Arcivescovile e se dovessi perdere il processo sarei costretto a tornare al monastero.
-Non preoccuparti, ho alcune amicizie all’interno del Tribunale, farò in modo di fartela passare liscia questa volta. Tu cerca di stare più attento nel nascondere i tuoi affari, e non parlo solo dei tuoi introiti da pittore, non credere che non mi sia giunta voce sulle tue attività immobiliari e sui tuoi ‘’prestiti’’ con interessi. Se continui così non potrò più difenderti…
-Sapevo di poter contare sulla tua grazia e sul tuo prezioso aiuto. Non preoccuparti, questa è l’ultima volta che ti tedio con i miei problemi.

-Bernardo, mio caro, ti ho fatto chiamare perché ho saputo della nefasta notizia. Mi dispiace tantissimo per la morte di tua madre, era una cara donna. Ma se sei qui è perché sono molto preoccupato per l’insistenza con la quale i Cappuccini richiedono la tua chiusura in convento, ora che la motivazione principale della proroga eccezionale di cui mi parlavi è venuta meno.
-Giovanni, ancora una volta ti dimostri un grande amico; dopo avermi fatto assolvere la prima volta, sei ancora qui a preoccuparti per me, che tu possa essere sempre lodato. Questa volta però non credo di poter sfuggire al saio, ho già fatto invano ricorso alla Sacra Congregazione dei Cardinali appellandomi alla mia precaria salute, ma per motivi burocratici e per la risolutezza dei frati Cappuccini si è risolto in un nulla di fatto.
-Non disperare, vedrai che troverò un modo per farti uscire, non posso permettere che un uomo del tuo talento possa trascorrere il resto dei suoi giorni rinchiuso in una cameretta. Se non dovessi ricevere mie notizie, ascolta il mio consiglio: i preti possono essere molto intransigenti, ma se dimostri loro obbedienza e devozione, vedrai che allenteranno la presa e sì presenterà un’occasione. Se mai ti dessero una qualsiasi opportunità di uscire, chiedi di poter vedere tua sorella, a quel punto mi occuperò io stesso di organizzare uno stratagemma per farti fuggire.

-Spero che questi anni di reclusione abbiano giovato alla redenzione della tua anima. I peccati che hai commesso, il tuo continuo sottrarti alla legge divina e il disonore che hai portato al nostro ordine non saranno facilmente dimenticati. Adesso però il tuo posto non è più qui, hai pagato per le tue pene, e per volere della Sacra Congregazione verrai trasferito in un altro convento nella campagna, fuori da Genova.
-Padre, so perfettamente di aver peccato e so di aver meritato la punizione alla quale lei mi ha sottoposto. Fuori da queste mura sono stato accecato dal demonio, ho perso la via del Signore e ho venduto la mia anima al denaro. Ma oggi posso giurarle di essere un uomo nuovo, grazie a lei e ai nostri confratelli, ho ritrovato la strada della beatitudine e dedicherò i restanti anni della mia vita ad onorare l’ordine e i suoi santi ideali. Le chiedo soltanto, prima della partenza, di poter vedere per l’ultima volta la mia povera sorella; dopo la morte di nostra madre e la mia incarcerazione, deve aver sofferto enormemente senza consolazione, sono certo che un mio saluto la rallegrerebbe senz’altro.
-Va bene, manderò una lettera alla casa della tua famiglia per avvisarla della tua imminente visita. Finita questa, partirai immediatamente con il nostro confratello, che ti accompagnerà per tutto il viaggio.

-Bernardo, il mio cuore è colmo di gioia nel vederti sano e salvo, mentre leggevo la lettera di Padre Antonio non riuscivo a trattenere le lacrime. Chi è quest’uomo che ti accompagna? Un tuo confratello? Ho purtroppo una triste notizia da darti, riguarda nostro cugino, sarebbe possibile chiedere al tuo gentile accompagnatore di lasciarci qualche istante da soli?
-Certo sorella mia, andiamo in cucina, però fa presto, non vorrei far aspettare Fra Filippo, dobbiamo partire a breve.
-Vieni dentro, chiudi la porta. Bernardo, aspettavamo questo giorno da quasi due anni, ho avvertito sua signoria Giovanni Doria del tuo arrivo; una nave che salpa dal porto di Genova alla volta di Venezia ti sta aspettando. Su fatti radere la barba, nessuno deve riconoscerti, poi di corsa nella botola. Passa dal mercato, ci sono due uomini armati che ti scorteranno.
-Sorella mia mi hai salvato, una volta arrivato a Venezia dovrò far perdere le mie tracce per un po’, ma non temere, ti farò avere presto mie notizie e ti porterò via di qui. Hai tenuto i denari che ti avevo lasciato? In qualsiasi caso te ne farò avere degli altri. Porta i miei ringraziamenti a Giovanni e digli che lo aspetto a Venezia. Addio.

Fu così che Bernardo Strozzi partì alla volta di Venezia, e lì, protetto dalla nobiltà della Serenissima, concluse indisturbato l’ultimo periodo della sua brillante carriera da pittore.