Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Elisa Filomena (Torino, 1976).

Elisa Filomena dipinge evanescenze. Ogni sua opera sembra evocare qualcosa di già stato, di lontano, di remoto. Una macchia che riaffiora e riordina le emozioni.

La sintesi segnica e limpida con la quale realizza scorci naturali in cui si muovono presenze umane, spesso donne e spesso nude, mi riporta all’ultima grande tela delle Bagnanti di Cézanne, che l’artista lasciò incompiuta, mentre la sua produzione grafica, soprattutto quella dedicata ai volti, mi ricorda per tonalità, lirismo e lievità, alcune opere di Odilon Redon. In altri casi, invece, il segno grafico le pennellate e le cromie mi fanno tornare alla mente certi ritratti di Marlene Dumas.

Certamente Elisa ha un obiettivo: dipingere l’essenza. E questo richiede una lunga gestazione, poiché piuttosto che aggiungere, per andare al cuore scarno delle cose, bisogna togliere e togliere e togliere. E togliere non è mai semplice. Per togliere bisogna fare piano, bisogna saper attendere, saper sbagliare e sapersi poi anche sorprendere per i risultati talvolta donati dalla casualità. Si tratta di una sottrazione lenta, meditata, monitorata.

Elisa dipinge per velature, talvolta misurate talaltra gestuali, e ciò che mira ad ottenere è l’alone misterioso del ricordo, l’impressione diafana, quell’immagine che il tempo sbiadisce ma non cancella mai del tutto. La sua tavolozza è giocata su gradazioni tenui e leggere trasparenze. È una tavolozza delicata ed espressionista, dai colori arbitrari, antinaturalistici, simbolisti, mentre il gesto pittorico vibra nell’integrità di una certa, voluta, incompiutezza.

Perché i ricordi non sono mai del tutto nitidi: i contorni si sfilacciano, le immagini si sovrappongono. I sentimenti li disordinano. I ricordi sono membrane sottili, sono fatti di carta di riso, fragili veli, e orme sulla sabbia di voci lontanissime sibilate dal mare.

Elisa vive e lavora a Grugliasco. Questa è la sua voce creativa per voi.

Chi sei?

Un granello di sabbia nella mano del vetraio.

Il tuo rifugio segreto?

I film degli anni ’40.

La parola per te più rassicurante?

La notte.

Un aggettivo che ti racchiude tutta.

Emotiva.

Un libro che ti ha cambiata.

I Diari di Sylvia Plath.

Ciò che ti offende maggiormente.

La mancanza di onestà.

Quando hai iniziato a dipingere e che cosa desideravi raccontare?

Nel 1996 frequentando l’Accademia di Belle Arti. Al liceo artistico non ci hanno mai fatto lavorare col colore: solo disegno. All’epoca desideravo raccontare la lacerazione di un lungo amore.

Cosa racconti. oggi, con la pittura?

Il nascere, brillare e svanire.

Il dipinto dentro cui vorresti vivere.

L’isola dei morti di Böcklin.

I luoghi dei tuoi dipinti, dove esistono?

Nell’atto creativo, che di per sé è incomprensibile ma paradossalmente è l’unica cosa reale.

Cos’è l’evanescenza?

In pittura è l’alone, la tecnica perfetta che richiede la massima velocità di esecuzione, l’evanescenza pittorica è un po’ l’essenza figurale di ciò che è rappresentato. E dipingere l’essenza richiede tanto...

Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?

L’installazione di disegni che è stata pensata con Massimo Dalla Pola e Arianna Beretta per la mostra Diario notturno tenutasi a Circoloquadro Arte Contemporanea a Milano l’anno scorso. Vi era l’intenzione di far percepire la continua necessità del disegno che ha dominato le notti degli ultimi anni. Una ricerca intensa su un linguaggio puro come quello del disegno che non fa sconti di nessun tipo e che illumina di verità ciò che è l’essenza del fare.

Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?

La lettura la vivo in forma di poesia, biografia o saggio soprattutto. Fertilizzano ma non influenzano la pittura direttamente, influenzano la mia psiche.

Scegli tre delle tue opere, scrivimene il titolo e l’anno, e dammene una breve descrizione.

Bosco – 2020: una tela di grandi dimensioni nata dopo il lockdown in cui vi è un rapporto tra la presenza umana e la natura, come forze in perenne contrasto ed armonia. Tre donne di colore blu, accennate con velocità su una grande tela dipinta a bosco. Tra alberi e colline si tengono la mano, all’osservatore la forma di interpretazione.

Uno dei disegni del 2017: sono disegni che mi hanno portato alla liberazione del gesto, e che hanno evidenziato l’emozione attraverso la tecnica e lo scavo interiore. Il gesto diventa linguaggio personale, la tecnica si fonde con il sentire, l’immediatezza è concentrazione, il togliere è pienezza di significato.

L’opera che deve venire: quella che dipingerò stanotte, quella verso la quale sono sempre tesa.

L’opera d’arte che ti fa dire: “Questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?

Sono molto sacrale nei confronti dell’opera d’arte e di chi l’ha fatta, rimango in estrema ammirazione e commozione, ma non sento questa necessità. Basta che esista, l’ha fatta un determinato artista ma è come se fosse di tutti.

Un o una artista che avresti voluto esser tu.

David Lynch.

Un critico d’arte o curatore con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?

Il rapporto lavorativo tra critico e artista è uno dei più profondi, per questo indico coloro che credono nella necessità artistica come valore culturale e profonda verità dell’espressione umana. Ne ho già incontrati e spero di incontrarne altri, per arricchimento e per ricerca.

Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?

Il compito ovviamente non vive nella ricerca artistica che è senza distinzioni di genere, ma è nella consapevolezza che finalmente in questo momento storico così incerto, la donna può avere la certezza di essere se stessa senza obblighi societari o discriminazioni.

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.

In generale, senza considerare le tante eccezioni: guardingo, esterofila ma anche molto sorprendente e quindi in grado di capovolgere i due aggettivi precedenti!

In quale altro ambito sfoderi la tua creatività?

Ho difficoltà a dedicarmi ad altro.

Work in progress e progetti per il futuro.

Ho diverse collaborazioni a livello nazionale e internazionale per gli ultimi mesi di quest’anno e il 2021, tra cui una personale in primavera.

Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.

La semplicità è l'ultima sofisticazione.