La fotografia per me non riguarda un ambiente specifico o una determinata specie ma, piuttosto, il modo in cui quegli elementi opposti interagiscono tra loro, creando quella sottile ma potente suggestione.

Chiaroscuro è il primo progetto editoriale del fotografo italiano Marco Ronconi. Immagini fine art scattate nell'arco di cinque anni in giro per paesaggi dell'emisfero nordico. L’essenza autentica di questo progetto risiede nel principio di dualità. Il progetto è nato dall’idea di esplorare l'incanto del mondo naturale attraverso quelle relazioni di complementarità tra elementi apparentemente opposti come la luce e l'ombra, tra spazi pieni e vuoti. La sua ricerca celebra la bellezza incontaminata di un paesaggio o dell'incontro fugace con la fauna nella sua semplicità, ma con una particolare attenzione per l'invisibile, che lascia spazio all’immaginazione. Ha esposto in diverse gallerie all'estero tra cui Nordiart e Route gallery e ha avuto svariate pubblicazioni su riviste di settore internazionali.

La tua visione fotografica si concentra nel cogliere emozioni e suggestioni, usando la luce ed elementi come la neve, il ghiaccio e la nebbia. Qual è il tuo legame con questi elementi?

Queste parole mi parlano di suggestione, di atmosfera. Mi parlano di immagini create lasciando molto all’immaginazione e all' interpretazione di chi le osserva, in cui ciò che non si vede assume pari o maggior importanza di quanto è visibile.

Per finanziare il progetto hai fatto ricorso ad una campagna di raccolta crowdfunding, che ti ha permesso di realizzare questo grande progetto. È stato difficile?

In un certo senso è stata una scelta obbligata. La cosa che ho sempre ricercato nel mio lavoro è la qualità. Ho scelto di avviare una campagna di raccolta fondi per poter avere un totale controllo sul processo creativo, poter essere l’unico a decidere il formato del libro, la qualità della carta e ogni altro aspetto. Sarebbe stato più semplice accettare la proposta di un altro editore ma quasi sicuramente avrei dovuto accettare dei compromessi e il risultato finale non sarebbe stato il medesimo. Ho lavorato molto prima dell’inizio del crowdfunding, cercando di coinvolgere un gruppo di persone che ha sempre apprezzato il mio lavoro e anticipando loro una piccola anteprima dell’iniziativa. Ho cercato di farli sentire parte attiva del progetto. Sono davvero contentissimo per il successo ottenuto. Una dimostrazione che la qualità paga sempre, anche in un settore saturo come quello della fotografia.

Durante il primo lockdown il mondo ha assistito a scene di una natura che sembrava in via d'estinzione. Qual è il punto di vista di un fotografo come te, abituato al silenzio e ad aspettare quei miracoli che la natura, nonostante i nostri imperdonabili errori, ancora ci dona?

Quelle scene, alle quali abbiamo assistito in televisione o magari dalla finestra di casa, ci ricordano che la natura è intorno a noi e in quei momenti si è ripresa un poco di quello spazio che le rubiamo anno dopo anno. Dobbiamo imparare a coesistere e accettare l’idea che siamo una parte di quel mondo anche noi. Non qualcosa di esterno e superiore.

Aldilà della bellezza estetica dei soggetti e della scena rappresentata, i veri protagonisti sono stati i rapporti dialettici. Come li hai scelti, decisi?

Non si tratta di una scelta, ma piuttosto di una personale visione. Sono sempre stato attratto dai contrasti, da quelle scene particolari in cui riusciamo ad apprezzare una piccola porzione di una scena più vasta un dettaglio di un soggetto. Il libro non intende documentare una specie animale o un luogo del mondo in particolare. Il mio approccio è stato più filosofico e artistico, che documentativo o scientifico, nella creazione di queste immagini. Mi sono concentrato principalmente sul potere emozionale e grafico delle immagini, sul "dramma" e la suggestione creata da questo equilibrio dinamico tra chiaro e scuro, pieno e vuoto o ancora luce e ombra. Immagini in cui la parte scura o chiara sembrano preponderanti, contengono sempre il seme della parte opposta che assume pari importanza.

Quali sono stati i luoghi che in questi cinque anni ti hanno accompagnato, ispirando poi questo progetto editoriale e artistico?

Il libro presenta principalmente fotografie scattate in diverse aree del Canada, Alaska e Nord del Giappone, ma altre, sono state scattate in Nord Europa e in Italia. In generale sono sempre stato attratto dai Paesi nordici perché più facilmente vi si ritrovano quelle situazioni e atmosfere semplici e rarefatte che tanto amo catturare nelle mie immagini. Quelle scene che ricordano le illustrazioni a inchiostro tradizionali della cultura orientale dalla quale ho preso grande ispirazione.

Marsel Van Oosten nell'introduzione scrive: "Le immagini di Marco Ronconi sono una celebrazione del mondo naturale con attenzione all’essenza dello stesso. Scartando il colore e usando un netto contrasto tra chiaro e scuro, ciò che conta viene messo in evidenza e tutto il resto è ridotto a semplice accessorio. Ciò che resta sono i contrasti, le forme e lo spazio. Usati correttamente, questi ingredienti possono creare arte visiva che attira l’attenzione senza urlare per ottenerla. È la bellezza del nostro pianeta come lo conosciamo, ma visto con gli occhi di un artista." Quando hai iniziato questo progetto avevi già tutto in mente?

Sinceramente sì, ho sempre pensato ad un libro come il modo migliore per coronare un progetto fotografico portato avanti negli anni. A dire il vero inizialmente il progetto nacque a colori e solo due anni fa ho deciso di portarlo in bianco e nero. Ho capito che Il progetto ne avrebbe guadagnato in omogeneità e ordine.

Ci sono due versioni, una standard e un'edizione limitata, stampate su carta ad alta grammatura, per mostrare le singole immagini come se apparissero in vere stampe fine art. La tipografia scelta per la stampa, Editoriale Bartolazzi Stei, è una delle migliori tipografie in Europa per la stampa di libri d’arte, nota per aver realizzato anche Genesi di Salgado. Il lavoro del grande fotografo brasiliano è stato importante o di stimolo per te?

Penso e mi auguro lo sia stato per tutti i fotografi, non solo per me. La scelta di passare il mio progetto chiaroscuro in bianco e nero, non nascondo dipenda anche dall’aver visto le sue immagini del mondo naturale.

A novembre è nata Kamui, la tua casa editrice che come logo ha un orso, animale a cui sei evidentemente legato. Ci vuoi raccontare come è nato questo legame e come è nata la necessità di aprire un'attività tutta tua in un momento così delicato anche per l'editoria?

Nella mitologia Ainu, ovvero gli abitanti originari dell’isola giapponese di Hokkaido, i Kamui erano gli spiriti che popolavano ogni cosa del mondo naturale. Tra quelli più importanti, quello della montagna, spesso associato all’immagine dell’orso. Un animale importantissimo per la cultura Ainu. Il nord del Giappone è una delle mie aree preferite al mondo e il mio prossimo progetto riguarderà appunto quelle zone. L’idea di creare una mia casa editrice segue di pari passo la scelta di raccogliere i fondi per la pubblicazione del libro. Ovvero avere controllo esclusivo sulle scelte creative e sulla qualità finale. Saranno piccoli numeri, ma libri con grande attenzione ai materiali e ai contenuti.