Lo scorso 25 settembre ha inaugurato a Reggio Emilia un nuovo spazio per l’arte contemporanea, un luogo letteralmente democratico e accessibile a tutti perché si tratta proprio di sei vetrine espositive collocate lungo un passaggio commerciale in pieno centro città, in via Emilio Santo Stefano 4. Basta quindi ai soliti messaggi con fini promozionali e largo alla creatività disinteressata - vera utopia di un linguaggio che vuole essere contemporaneo. I primi artisti ad essere ospitati sono stati i The Cool Couple - fino al 21 Febbraio invece troverete le immagini firmate da Renato D’Agostin. Gli ideatori di Spazio Neutro sono Andrea Da Villa, Silvia Lomi e Matteo Messori che oltre a resistere in tempi così ostici, proponendoci un’alternativa alle immagini prodotte dal capitalismo, corredano ogni loro progetto con pubblicazioni ricche di apporti critici e curatoriali. Edizioni in 50 copie, delle vere chicche per gli appassionati di editoria e carta. Un progetto elegante che tende la mano ad una fruizione dell’arte che attraversa per davvero il quotidiano di passaggio.

Chi è Neutro e perché ha avuto l’esigenza di nascere? Qual è la sua mission e soprattutto “neutro” da cosa e da chi? Ci raccontate la genesi del nome?

Ogni luogo contiene in sé la possibilità di nuove geografie; Neutro è un’interferenza nel tessuto urbano volta a cambiare, complicare, moltiplicare spazi e funzioni, con l’obiettivo di stabilire un incontro, anche casuale, tra le opere d’arte e la quotidianità che circonda lo spazio.

Sei bacheche poste in un passaggio commerciale nel centro di Reggio Emilia, sono sganciate dalla tradizionale nozione di spazio pubblicitario e diventano la cornice all’interno della quale l’artista è chiamato a confrontarsi, senza vincoli, con un’esposizione basata sulla fruibilità costante e la diretta relazione con il pubblico.

I lavori artistici, solitamente presentati all'interno di gallerie e musei, sono qui fruibili da tutti, 24/7, permettendo differenti tempi e possibilità di lettura, avvicinando al mondo dell'arte anche chi solitamente non frequenta le sedi espositive istituzionali.

Gli artisti sono invitati a sperimentare in un luogo eterotopico, dove i rapporti istituzionali tra opera, sede espositiva e fruitore sono sospesi e le opere collocate in un ambito diverso da quello usuale.

Da definizione neutro è qualcosa di “non riferibile né all'una né all'altra di due categorie che si considerano antitetiche e contrapponibili”, lo spazio difatti oscilla tra due poli senza trovare una definitiva collocazione: pubblico e privato, espositivo e commerciale, fisico ma privo di indirizzo, che porta le opere alla vista di tutti ma allo stesso tempo alla possibilità di venire ignorate.

Di per sé la conformazione di Neutro apre diverse sfide all’artista che esporrà, abbiamo deciso quindi di non porre altri vincoli o curatela, gli artisti sono invitati a sperimentare in un ambito di possibilità e libertà creativa. Il nome identifica la volontà di esporre le opere senza aggiungere altre connotazioni, in uno spazio che è quindi “neutro”, ma non per questo neutrale.

Il primo progetto è stato con The Cool Couple, potete raccontarcelo? Così chi non ha avuto modo di passare da Reggio Emilia ha la possibilità di recuperare.

Abbiamo deciso di inaugurare Neutro con Let’s Not Be Honest, un intervento sfrontato e site-specific di The Cool Couple, che si mimetizzava nel sottofondo dello scorrere quotidiano ricalcando le caratteristiche espografiche dello spazio.

Il duo di artisti da sempre gioca coi processi di interazione tra il pubblico e le immagini, indagando alcune dinamiche della contemporaneità legate alla pervasività del digitale, il nesso tra privacy, immagine del sé e la sua relazione con l’immaginario collettivo. La relazione privato/pubblico insita nelle mostre che hanno luogo da Neutro e la somiglianza delle bacheche illuminate a dei display digitali, si coniugava perfettamente alla loro ricerca.

Il risultato è stato un lavoro che utilizzava i due livelli delle bacheche: all’interno, erano stati inseriti una serie di fondali acquistati su Amazon, librerie vittoriane, spiagge caraibiche, immagini meravigliosamente kitsch degli sfondi delle videochiamate utilizzati da molti di noi durante l’ormai mitologico lockdown della scorsa primavera, coperte in maniera sgraziata da scritte e slogan a dissimulare il più classico atto vandalico.

All’osservatore attento che, superato lo schermo dell’indignazione sbrigativa, si svelava il legame con i fondali retrostanti, e l’invito a mettere in dubbio l’essenza del “materiale” virtuale nella nostra esperienza ibrida tra l’online e l’on site. Non era però un monito, anzi con il titolo della mostra gli artisti ci esortavano a divertirci e non sentirci obbligati ad essere onesti.

Il progetto corrente è invece di Roberto D’Agostin, Metropolis, ancora in corso e visibile fino al 21 febbraio. Potete raccontarcelo brevemente?

Metropolis è un viaggio attraverso i bianchi e i neri della città, una summa di luoghi geografici che con ritmo incalzante presentano la visione personale di D’Agostin sullo spazio urbano. I soggetti delle foto appaiono scissi dalla loro realtà, attraverso un processo mentale e visivo di astrazione e vogliono rivelare l’essenza della città. Da Tokyo a Venezia, da Washington a Istanbul i luoghi sono rappresentati in un equilibrio di movimento e staticità, armonia delle luci e ombre, di finzione e realtà che permette al pubblico di perdersi all'interno di una città immaginaria.

L’esposizione si presenta come una narrazione palindroma in relazione con lo spazio di Neutro, privo di ingresso o uscita predefiniti o di una direzione univoca. Ogni vetrina, accompagnata da suggestivi estratti del testo della pubblicazione redatto dallo storico e critico dell’arte Renato Miracco, contribuisce alla costruzione di una città archetipa, ma può essere anche letta come un singolo capitolo di Metropolis.

La fotografia per Renato D’Agostin non è però legata solo all’atto del vedere, ma è anche un meticoloso processo manuale in camera oscura. Le stampe ai sali d’argento esposte prive di cornice richiamano un momento all’interno dello studio, una collezione intima di luoghi che il fotografo ha selezionato e sviluppato dal suo archivio.

Come scegliete gli artisti? Come ci entrate in contatto e come si direziona la vostra ricerca in un contemporaneo così ricco e contemporaneamente complesso.

Neutro per autodichiarazione non è mai chiuso, né fisicamente né concettualmente. Ogni mostra è un capitolo a sé stante e nella sua programmazione non seguiamo tematiche predefinite. L’elemento comune è l’interesse per il metodo con cui artisti differenti, partendo dalla propria pratica, si relazionano ed interpretano lo spazio, e successivamente di come l’opera non abbia senso solamente nel suo essere ma anche nel porsi in relazione con gli altri.

Per le prime mostre la scelta è ricaduta su artisti che seguivamo da tempo, le cui pratiche pur essendo distanti una dall’altra, pensavamo potessero entrare in risonanza con lo spazio. Siamo felici di star ricevendo interessanti proposte e per le future esposizioni continueremo la nostra ricerca in maniera “neutra” ed inaspettata.

Per ogni progetto espositivo prevedete una pubblicazione molto curata, dalla grafica al packaging, come nasce questa esigenza? Questa volontà di passare ad una fisicità più intima, dalla fruizione distratta di un passaggio stradale pubblico all’atto di sfogliare una produzione cartacea.

L’idea di accompagnare le esposizioni con una pubblicazione è nata innanzitutto per tenere traccia dell’intervento degli artisti ospitati da Neutro, data la possibile natura effimera delle opere, ma anche per permetterne la fruizione in maniera analogica a chi non ha la possibilità di visitare fisicamente lo spazio.

Il suo formato ricalca la peculiarità delle bacheche: una busta trasparente rappresenta Neutro, un display al cui interno sono raccolti ed esposti i lavori dell’artista, riprodotti forma di schede libere, senza un inizio ed una fine o un ordine prestabilito.

La pubblicazione si pone anche come un tempo diverso di fruizione, più privato o di approfondimento attraverso la lettura del testo critico che la accompagna redatto di volta in volta da una figura terza.

Un piccolo spoiler dei progetti futuri?

La prossima mostra aprirà in concomitanza con Fotografia Europea, ma non vogliamo svelarvi nulla. Allo stesso tempo siamo alla ricerca di nuove bacheche per far sviluppare un progetto diffuso, esportando Neutro in altre città.

Ultimissima domanda, come raccontereste a chi non ancora non vi conosce - in un tweet - Neutro?

Neutro è uno spazio dove gli artisti sono invitati a confrontarsi senza alcun limite con la propria pratica e sotto lo sguardo constate e imprevedibile del pubblico.