Dopo di essermi occupata di artiste del passato sono stata attratta dal desiderio di vedere come si muove un'artista oggi nel mondo dell'arte ed è nata una bella amicizia...

È sempre interessante incontrare una giovane bella, dolce e grintosa artista. Rachele Moscatelli, nata a Cantù nel 1993, diplomatasi in Grafica all'Accademia di Belle Arti di Brera, con la tesi Estetica della mancanza. Studio di un paradosso e della sua rivelazione, curatrice Angela Madesani, oltre che dipingere, creare collage, occuparsi di incisione calcografica, del monotipo, della manipolazione digitale fotografica realizzando opere assai interessanti, collabora con studi di Visual Design per installazioni, animazioni, video e progetti artistici ed editoriali: i suoi lavori sono stati pubblicati su riviste quali Nicotine Magazine, Kunst Magazine, Purplehaze Magazine, Arbiter ed ha esposto presso lo Studio d'Arte Cannaviello di Milano, nella mostra personale Icon inaugurata il 17 dicembre 2020, in pieno lockdown. Ha presentato venti opere appositamente realizzate per la galleria che, coi suoi ampi e luminosi spazi, si è prestata particolarmente a fare da splendida cornice alla sua narrazione.

Non stupisce che un'artista così giovane e alla prima esperienza espositiva, sia stata scelta da un prestigioso gallerista come Enzo Cannaviello, personaggio internazionale che nulla ha da invidiare agli osannati galleristi di oltreoceano, che ha sempre favorito l'emergere di famosi artisti, avendo un grande fiuto nell'individuare ciò che vale, quando ancora è poco conosciuto. E anche su questa artista ha posato il suo occhio attento, l'ha osservata maturare e al momento giusto è iniziata la collaborazione ed è stata inserita tra le sue scoperte emergenti.

Ho visitato questa personale a gennaio e subito mi sono venute incontro grandi figure, che emergevano da uno sfondo bianco, rendendo più emblematica l'immagine, colorate con grande equilibrio compositivo ed esposte con contorsioni che rendevano la dolcezza di certi squarci assai più drammatici. Ricordavano le immagini delle grandi testate illustrate e patinate, il mondo della moda per la postura e, ad uno sguardo più attento, l'atmosfera di alcuni artisti contemporanei neoespressionisti. Mi ha fatto riflettere che la sua arte, colorata e impegnata, rispecchia il nostro mondo contemporaneo, così strettamente integrato con quello della moda, della pubblicità, del web, da considerarli parti integranti e irrinunciabili della vita attuale, ma caricandola di significati altri, più profondi, nell'intento di elevare la figura femminile dandole valore e potenza. Le sue immagini sono donne dell'arte e della moda, ma che insieme rappresentano l'animo e la fisicità dell'artista, che vuole in ogni opera raccontare e rivedere la propria vita, anche quella che non ricorda, in una ricerca di sé, che realizza attraverso la trasformazione dell'immagine patinata fino a ritrovarsi in essa.

Frammento dopo frammento, nei suoi collage, l'artista riesce a decostruire e ricostruire una seria riflessione sul mondo femminile che sì è effimero e superficiale, attento all'estetica, ma rivela una realtà che solo una donna può conoscere: perchè ogni donna, sotto il maquillage, ai suoi abiti, ai suoi tacchi e stivaletti, nasconde un mondo di sofferenza, di problematiche, di difficoltà, superate con le unghie e coi denti per conquistarsi il proprio spazio in famiglia e nel mondo. Ogni donna lo sa.

Rachele ha colto il lato ludico estetizzante e l'ha esaltato attraverso i suoi vivaci colori ben accostati, ma è arrivata anche alle riflessioni che tanto mirabilmente ha realizzato Marlene Dumas: c'è ben altro dietro l'immagine e fuori dell'involucro della sua donna...

Chi ammira una sua opera lo comprende e sa che dietro ai multicolorati ritagli c'è una storia presente, ma anche passata. Una storia antica quanto il mondo, che raffigura donne che sono maschere di dolore, corpi che si disfano e perdono le connotazioni femminili, ma sono ugualmente eleganti, forti, calme, indifferenti, neutre, fiere, altere in una sacralità perduta perchè la contemporaneità non lascia posto al sacro che esiste dietro la storia di ogni donna. Ma Rachele racconta anche il qui, la storia di una giovane ragazza che si sta facendo strada con determinazione nel mondo dell'arte, con occhi ben attenti e senza illusioni vane, lei che è stata una bambina piena di voglia di vivere e di sfidare il mondo, semmai le incertezze sono venute in seguito, ma ha saputo superarle e, esprimendosi con l'arte, è riuscita a sviluppare una personalità già molto sicura di sé, che si muove con scioltezza tra i tanti giovani artisti che oggi vogliono farsi strada e non sempre ci riescono. Creerà ancora delle opere molto interessanti, sono sicura che stupirà...

Dopo aver visitato la mostra, mi è venuto il forte desiderio di conoscere meglio l'artista. Ed ecco il frutto dal nostro incontro, che è stato anche l'inizio di una bella amicizia, poiché è scattata immediata una reciproca simpatia.

Da bambina cosa disegnavi? Conservi qualche disegno?

I miei primi disegni risalgono all'età di due anni. Da bambina amavo disegnare figure circolari e pesci, ero ossessionata dalle balene e da tutto ciò che riguardava il mare e l'oceano: poi, intorno ai tre anni, ho iniziato a disegnare case, barche, animali, persone e paesaggi. L'azzurro era il mio colore preferito: ricordo che all'asilo, tra tutti i miei pennarelli sceglievo maggiormente quelli azzurri di varie tonalità e spessore. All'età di cinque-sei anni ho iniziato a disegnare corpi, volti. Conservo ancora un grande album dove le mie insegnanti riponevano tutte le mie foto e i miei disegni annotando sotto ad ognuno cosa avevo disegnato.

Come ti sei avvicinata al mondo della moda dopo la laurea a Brera?

Il mondo della moda mi attrae da sempre, ma non è mai accaduto nulla di specifico che mi abbia permesso di avvicinarmi. Sento però una connessione con questo mondo che ritrovo nelle pose dei miei soggetti, nei colori, nella “scelta tattile” di alcuni miei collage, dove emerge la volontà di rendere noti tessuti, morbidezze, sensazioni tattili. La fotografia di moda indubbiamente ispira molti dei miei lavori: la moda mi affascina per la sua natura effimera, con i miei lavori la elevo ad opera d'arte caricandola di significati. Diversi magazine di moda, in questi anni, hanno pubblicato articoli e interviste sul mio lavoro. Nel 2016 ho realizzato la cover art per la rivista di moda maschile Arbiter. In futuro mi piacerebbe realizzare collaborazioni con agenzie creative, fotografi di moda, stilisti o editori.

Quanto c'è di te nei tuoi lavori?

Rachele, per chi la conosce, è quella che lei stessa ripropone nei suoi quadri. Le donne ritratte hanno caratteristiche che mi riguardano: caratteriali, somatiche, fisiche. Ho sempre disegnato solo quello che mi importa trattare e mostrare. Quello che mi preme raccontare è quello che accade nella mia vita e il “come lo faccio” va di pari passo con quello che “sono”. Il mio lavoro è sempre mutato in relazione a quello che vivo, agli stimoli che ricevo, alle gioie e ai drammi della vita che mi hanno resa quella che sono.

Da quando hai iniziato a disegnare?

Ancor prima di imparare a parlare disegnavo. Questo è successo in modo assolutamente naturale, fa parte di me da quando ne ho memoria.

Per quale motivo hai scelto la donna come protagonista delle tue narrazioni?

È forse lei che ha scelto me. O forse ci siamo scelte a vicenda. È come guardarmi allo specchio, una ricerca continua sul genere femminile e su come nel corso dei secoli è stata rappresentata la donna e su come parallelamente l'idea di bello e la sua iconografia siano mutate nel tempo. In questi anni il mio lavoro è volto alla ricerca di una modalità di rappresentazione del genere femminile che non sia scontata, che sia contemporanea e che allo stesso tempo sia figlia di tutti coloro che hanno raffigurato donne nella storia dell'arte prima di me, che sia “la mia rappresentazione”. Mi spinge ad elevare la figura femminile, a darle valore, potenza.

Tu cerchi di far diventare tuoi i soggetti ed averne un livello intimo di conoscenza. Da cosa parti nei tuoi lavori?

In alcuni collage parto dall'immagine di un volto che già esiste, che ha una sua identità e che non conosco personalmente. La tecnica che uso mi permette, stratificando colore, di trasformare il volto di partenza in un volto nuovo. In questo senso diventa “mio” perchè io stessa conferisco nuova vita e nuova identità al volto che scelgo.

Che rapporto ha la tua donna nell'impatto con la modernità?

Le donne che propongo hanno una ferita e non corrispondono ai canoni estetici della nostra società, i loro volti diventano a volte maschere di dolore, i corpi si disfano, si scompongono, perdono connotazioni femminili, nonostante questo, reputo i miei lavori carichi di eleganza e fascino, l'idea di bellezza viene rivalutata, ma non scompare. Le mie donne sono calme, forti, neutre, indifferenti, irraggiungibili, fiere, altere. Diventano testimonianze di una “sacralità perduta” in quanto la contemporaneità sembra non lasciare spazio al sacro. Non so... forse è una mia idea.

Cosa pensi dell'arte contemporanea? E del mondo dell'arte?

Penso che siano entrambi retti da meccanismi complessi e allo stesso tempo estremamente semplici: il problema è riuscire ad entrarvi e comprenderli. Penso che chiunque nel 2020 possa fare arte... Penso che in arte non esista un'etica e che le regole esistenti possano essere infrante e inventate ogni giorno. Sono convinta che il valore e il talento di un artista non si possa basare su quanto riesce a vendere i propri lavori e se non riesce nella vendita il suo “lavoro” non può essere considerato tale, ma rimane un hobby. Penso che i contatti e le relazioni siano fondamentali per essere artisti oggi e che il mondo dell'arte, così come l'arte contemporanea, siano retti da grandi contraddizioni.

Come ti vedi tra vent'anni?

Mi vedo un'artista contenta del mio lavoro, che non deve intraprendere altri lavori per fare l'artista... o almeno me lo auguro.

Pensi che sia più facile o più difficile per una donna oggi entrare nel mondo dell'arte?

Penso che il percorso nel mondo dell'arte sia diverso per ognuno, difficile generalizzare e forse sbagliato. È sicuramente maturata una sensibilità e attenzione verso il lavoro di noi donne artiste, la speranza è quella di avere pari possibilità e visibilità dei nostri “colleghi”. Basta osservare la lista degli artisti rappresentati dalle gallerie o entrare in una libreria e aprire un libro d'arte per constatare la piccola percentuale dedicata alle donne nel mondo dell'arte. Penso sia più difficile oggi per una donna entrare nel mondo del lavoro e anche in quello dell'arte rispetto ad un uomo. Un tempo questo era addirittura inaccessibile. Le donne dovevano fare le madri, le mogli, non le artiste, nel 2021 le cose sono cambiate, ma una donna, sa di essere sotto esame costantemente (almeno per me è così) e dentro di sé ha la certezza che dovrà fare il doppio di fatica rispetto ad un uomo e sperare che sia apprezzata per il suo lavoro e non per altro. L'arte continua ad essere maschilista nonostante nomi altisonanti: Sarah Lucas, Carol Rama, Louise Bourgeois, Marina Abramovic, Vanessa Beecroft... ma queste sono una piccola minoranza.

Come consideri l'attuale mondo dell'arte italiano? E quello estero?

Sono convinta che essere artista oggi sia un atto di fede e di coraggio. Sono all'inizio del mio percorso e la collaborazione con lo Studio d'Arte Cannaviello è stata la mia prima esperienza nell'ambito delle gallerie d'arte. Sono grata che il mio lavoro sia stato “notato” e apprezzato da Enzo Cannaviello e di aver avuto modo di inaugurare la mia mostra personale Icon nella sua galleria.

Conosco ancora poco di questo mondo che pare essere a tratti complicato ed inaccessibile... Ho la sensazione che, per essere accettati dal mondo dell'arte italiano, si debba prima andare all'estero (ma forse è una mia idea). All'estero sembra esserci più parità e meno step da superare per accedere a mondi e contatti. Detto ciò, ho anche avuto la fortuna, in questi anni, di incontrare, oltre a Enzo Cannaviello, realtà indipendenti, formate da giovani donne che puntano a promuovere e a dare voce al lavoro di noi giovani artiste. Questo fa sperare in un futuro più aperto e meno snob. Recentemente ho anche avuto il piacere di conoscere artisti che portano avanti coraggiosamente ricerche molto interessanti.

Nel 2021 sicuramente l'intento sarà quello di ampliare i miei orizzonti sia in Italia che all'estero e cercare di comprendere i meccanismi che regolano questi mondi. Ciò che mi interessa maggiormente è far conoscere il mio lavoro e avere quindi la possibilità di mostrarlo al pubblico.

Parlami delle tematiche della tua mostra, che a me è piaciuta molto.

Il titolo della mostra Icon deriva dalla parola icona, dal greco immagine ed allude alle icone sacre, alle rappresentazioni religiose e anche alla rivista Icon Magazine. Sacralità e glamour si intrecciano e azzerano il tempo che intercorre tra il passato e il presente. Il bianco diventa il colore del sacro e si sostituisce all'oro. Bianco che non è da concepire come vuoto, ma bensì colore che sottolinea uno spazio sacro. Ciò che permette questo viaggio nel tempo è l'immagine, in particolare l'immagine di donna. È la sua rappresentazione a rendere contemporaneo ciò che iconograficamente appartiene a un passato e allo stesso tempo al presente e al futuro. Donna che è madre, figlia, o semplicemente donna, un'immagine che appartiene ai miei ricordi che riscopro a distanza di anni in una vecchia videocassetta. Maggio 1993 è il nome di questo filmato, mio padre mi filma nella culla, poi l'inquadratura si sposta su mia madre che gioca con mia sorella. Dalla scoperta di questo filmato nasce l'idea di inserire, all'interno della tematica generale sul genere femminile, una tematica più intima e autobiografica, cioè quello della “donna-madre” e del viaggio nel tempo attraverso tale immagine che diventa soglia, apertura, varco tra mondi. Mi piace pensare che la genesi di Icon nasca da un ricordo in cui ero presente, ma che io stessa ho dimenticato, inconsapevole di aver vissuto. L'eredità di questo ricordo è stata per anni chiusa in una videocassetta e non sarebbe esistita se mio padre non avesse deciso quel giorno di realizzare un filmino. È dai frames di questo “corto” che nascono i dipinti su carta Madre, Black Carnival, The great mother, Mother's Hands, May 1993, In the mother's hands. La figura della madre è stata ispirata, oltre che da aspetti autobiografici, anche dal libro Le mani della madre del noto psicanalista Massimo Recalcati, che indaga la figura della madre addentrandosi tra i fantasmi, le luci e le ombre di quello che vuol dire essere madre. C'è luce, ma anche l'orrore degli abissi, mani che salvano e che trattengono. I soggetti raffigurati sono cullati e fagocitati dal buio del mio inconscio.

Il trittico Omaggio a Carol si riferisce all'artista Carol Rama, esempio di donna forte e caparbia, una grande artista. Il suo corpo è scomposto e frammentato, riconosciamo che quella ritratta è lei per la treccia bionda che usava portare arrotolata sulla fronte. Il suo corpo si contamina con immagini e dettagli che appartengono ai miei ricordi e si mescolano tra loro. Questo trittico è anche un omaggio a Francis Bacon in quanto la presenza di queste tre figure ricorda quelle terribili che si trovano nell'opera Tre studi per figure ai piedi di una crocifissione del 1944.

I lavori restanti del 2019 indagano anch'essi la figura femminile e propongono allo spettatore un certo tipo di donna: fiera, altera, assorta, sfuggente, santa... Queste immagini provengono dalle pagine patinate delle riviste di moda, ma testimoniano anche un legame con la ritrattistica rinascimentale fiamminga, che riesce a convivere e a dialogare attraverso una modalità di rappresentazione che è anche contemporanea.

Mi sorge spontaneo, alla fine dell'intervista il confronto con le artiste del passato: oggi per una donna è sicuramente possibile realizzarsi pienamente come un artista maschio, anche se nel campo artistico sono molti di più gli uomini che le donne.

A livello internazionale i grandi e famosi artisti sono però tutti di sesso maschile e sono anche quelli che raggiungono le cifre elevate nelle aste prestigiose.

Oggi le donne artiste sono più portate ad esprimere il vissuto femminile e spesso, per essere conosciute ed apprezzate a livello internazionale, devono forzare la propria ispirazione fino a renderla visibile attraverso lo stupore e la sfrontatezza con cui affrontano le loro tematiche.

La donna oggi riesce ad emergere, ma deve urlare più forte.

Rachele è una giovane donna determinata, che oltre alla bravura aggiunge una gentilezza, una classe, che valorizzano le presentazioni: è anche importante oggi, in tutte le attività femminili, dall'arte alla politica, avere una bella presenza, sapersi muovere, saper comunicare: e Rachele, oltre ad essere un'interessante artista, ha tutte queste doti...