Per voce creativa è un ciclo di interviste riservate alle donne del panorama artistico italiano contemporaneo. Per questa occasione Giovanna Lacedra incontra Viviana Cazzato (Aubervilliers (Francia), 1973).

Con una tavolozza Pop e un segno grafico da illustratrice, Viviana Cazzato - versatile artista salentina, nonché curatrice di una rassegna di arte contemporanea titolata Le Fil Rouge e svoltasi in più edizioni a Specchia (Lecce) - ha di recente prodotto un ciclo di opere dal calibrato equilibrio tra cura meticolosa dei dettagli e sintesi fisionomica dei volti.

In questa serie di lavori, realizzati con penne rollerball multicolor su carta di spessa grammatura e particolarmente indicata per lavori ad acquerello, Viviana si è concentrata sulla natura e sul ritratto. Alcuni lavori raffigurano in maniera lenticolare particolari specie arboree o floreali, nonché alcuni esempi di volatili, in un repertorio che pare rispolverare quello dell’Art Nouveau e dello Jugendstil, altri invece trattano in maniera più essenziale e lineare la figura umana. Si tratta, in quest’ultimo caso, di volti femminili, ritratti di donne che Viviana conosce e dalla cui personalità è stata affascinata. I volti di Roberta, Marla, Luciana… sono incorniciati ancora una volta da motivi decorativi zoomorfi o fitomorfi, a ricordare ancora esperienze dell’Art Nouveau o la sintesi decorativa delle opere di Mucha. I timbri cromatici ottenuti mediante il fitto tratteggio in penna sono vividi, audaci, brillanti e qualche volta contrastano volutamente con l’espressione pensosa o malinconica di alcune delle donne immortalate. Questa serie, figlia di un ripensamento artistico sbocciato durante la pandemia, ha preso il posto delle consuete opere ad acrilico o ad olio su tela, prodotte dell’artista negli anni precedenti, nelle quali protagonista era sempre la donna, spesso stilizzata e narrata attraverso un linguaggio più tendenzialmente espressionista.

L’intera serie è stata esposta durante l’agosto 2021 negli spazi di Piazza del Popolo, a Presicce, nel cuore del Salento, in una mostra personale titolata Il Giardino Segreto.

Viviana vive e lavora a Presicce-Acquarica, in provincia di Lecce. E questa e la sua voce creativa per voi.

Chi è Viviana?

Una sognatrice metereopatica al contrario, felice quando il cielo è grigio e agitata quando c’è il sole.

Dove vai quando hai bisogno di ritrovare te stessa?

Non ho un luogo ben definito, io ritrovo me stessa tra fogli e colori ovunque essi siano.

Il tuo sogno mai realizzato?

Diventare un architetto.

Quando hai iniziato a dipingere?

Non ricordo un periodo preciso, da piccola era mia madre che mi dava pennelli e colori, dietro ai quali io mi perdevo per ore stando in assoluto silenzio.

Come madre hai cercato di trasmettere l’amore per l’arte e la propensione alla creatività?

In realtà l’amore per l’arte e per il bello per i miei figli è venuto da sé, non ho mai forzato nulla, ho piuttosto accompagnato le loro predisposizioni artistiche. Luna ama la fotografia, i tatuaggi e i piercing, Lorenzo ama la musica, l’architettura e la storia dell’arte.

Un luogo dove ti perderesti volentieri?

Milano.

Il colore dell’audacia?

Il rosso.

Quanto contano i legami, nella tua produzione artistica?

I legami per me sono fondamentali, anche quelli che mi creano tormenti. A volte sono stati proprio loro fonte di ispirazione.

La domanda che poni più spesso a te stessa?

Chi, cosa sei?

Che ruolo ha la memoria nel tuo lavoro?

Tendo a non ripescare nel passato perché spesso è stato fonte di sofferenza.

È vero che la scaturigine di un’opera è sempre autobiografica?

Credo di sì, anche quando quello che sto realizzando sembra lontano da me. L’ho constatato anche in questi ultimi lavori, dove ho scelto determinate donne da ritrarre e chi ha visitato la mostra ha percepito una certa malinconia in ognuna di loro, forse perchè ho trasferito un po’ di me nei loro sguardi (io sono un essere malinconico).

Il colore della vertigine?

Il bianco.

Nel tuo ultimo ciclo di lavori, la pittura ha lasciato spazio al segno grafico e all’uso delle penne rollerball policrome. Un cambiamento di rotta sia per la tecnica che per i soggetti… come ci sei arrivata?

Una cara amica curatrice, Rossana Calbi, un paio di anni fa, mi disse “Vivia’ devi sfoltire, devi togliere devi tornare al tratto, e da lì ripartire, devi esercitarti”. Lì per lì mi son chiesta: ma come si fa? come si può tornare indietro dopo che da anni stavo lavorando con tele e pennelli? Poi è arrivato il Covid, i ragazzi in DAD, lo spazio per le mie cose sempre più stretto e da qui ho cominciato ad usare le Bic, prima un ritratto, poi un insetto, poi un fiore, ecc., fino a realizzare con delle semplici Bic, ciò che normalmente avrei realizzato con i pennelli. La quarantena per Covid mi ha permesso di concentrarmi di più su me stessa: non potendo disturbare i ragazzi e per non impazzire qualcosa la dovevo pur fare! E devo dire che le penne sono venute in mio aiuto.

Un lavoro tuo che ti sta maggiormente a cuore e perché?

Un lavoro vecchissimo, una tela 170x150 intitolata Amore Diverso, dove sono rappresentati due angeli, due figure asessuate che quindi rappresentano ogni genere. Li ho raffigurati stretti in un abbraccio, mentre un Papa si inginocchia al cospetto del loro amore. Tengo a questa opera in quanto credo che ogni essere umano debba essere libero di amare senza aver paura di essere giudicato per il suo orientamento sessuale.

Ad ispirarti, influenzarti, illuminarti ci sono letture particolari?

Le letture che mi ispirano o hanno influenzato le mie opere sono le favole, i fumetti (Dylan Dog) ma non è da meno la musica.

Scegli tre delle tue opere, scrivimene il titolo e l’anno, e dammene una breve descrizione.

Lega-mi, anno 2016, due tele 80 x 120, con due sagome femminili legate tra di loro da una corda rossa usata per il bondage (dono dell’artista Isabella Corda); queste due donne rappresentano un legame forte, come quello che può esserci tra due sorelle, due amiche o due amanti.

Santa Frida, anno 2018, 35 x 50 x 8, ho scomposto il suo volto iconico tra diversi strati di vetro fino a dargli tridimensionalità.

Baby Monkey, anno 2021, diametro 22, uno dei primi lavori con le Bic multicolor. Si tratta di un piccolo gorilla immerso nella la vegetazione.

L’opera d’arte che ti fa dire: “Questa avrei davvero voluto realizzarla io!”?

Le due Frida.

Un o una artista che avresti voluto esser tu.

Potrei dirti prevedibilmente Frida Kahlo, vista la mia ossessione per questa artista ma amo molto Gustav Klimt ed Egon Schiele.

Una città dove vorresti vivere e avere il tuo studio, e perché.

Milano, Piazza Gae Aulenti, un luogo futurista pieno d’armonia; perché Milano è una città multiculturale e con numerosi stimoli artistici.

Se fossi nata in un altro periodo storico, quale sarebbe stato?

Probabilmente gli anni ’30, anche se mi affascina tanto la corte di Francia di Maria Antonietta.

Un critico d’arte o curatore con il quale avresti voluto o vorresti collaborare?

Monica Villa e Silvia Rossi.

Tre aggettivi per definire il sistema dell’arte in Italia.

Complesso, chiuso e snob.

Quale credi sia il compito di una donna-artista, oggi?

Il compito della donna-artista è quello di comunicare, con un linguaggio diverso da quello maschile, sentimenti, paure, gioie trattando anche argomenti scomodi, dimostrando che, come in tanti altri campi, la donna non è affatto inferiore all’uomo, semplicemente ha un suo linguaggio, una propria forza e una propria identità.

Work in progress e progetti per il futuro.

Dal punto di vista curatoriale mi piacerebbe organizzare una collettiva simile a Le Fil Rouge - rassegna che organizzo nel periodo estivo - nel periodo invernale. Dal punto vista artistico vorrei continuare ed affinare il mio percorso con le Bic e cominciare a lavorare la creta.

Il tuo motto in una citazione che ti sta a cuore.

Le fate ignoranti sono quelle che incontriamo e
non riconosciamo ma che ci cambiano la vita.
Non sono quelle delle fiabe, perché loro qualche bugia la dicono.
Sono ignoranti, esplicite, anche pesanti a volte,
ma non mentono sui sentimenti.
Le fate ignoranti sono tutti quelli che vivono allo scoperto,
che vivono i propri sentimenti
e non hanno paura di manifestarli.
Sono le persone che parlano senza peli sulla lingua,
che vivono le proprie contraddizioni e che ignorano le strategie.
Spesso passano per “ignoranti”, perché sembrano cafone
e invadenti per la loro mancanza di buone maniere,
ma sono anche molto spesso delle “fate”
perché capaci di compiere il “miracolo” di travolgerci,
costringendoci a dare una svolta alla nostra vita.

(F. Ozpetek)

Grazie Viviana!