La lezione di Pulcinella: si può agire solo al di là o al di qua
dell’azione, si può parlare solo al di là o al di qua della parola.
Si può vivere solo al di là o al di qua della vita.

(Giorgio Agamben)

Chi è o cos’è Pulcinella? Chi è o cos’è Tiepolo? Due enigmi di vita che si guardano. Il veneziano che conosce il segreto del rosa e dipinge sempre la medesima aerea e arcadica Dama, che sembra lievitare sulla leggerezza di un’aria di Mozart mascherata di se stessa come novella Cleopatra, quasi in una maniera di disincarnato libertinismo da guance leggermente avvampate, algida e ipnotica e il napoletano dei campi che gioca e danza come una forma universale di una sfuggente sapienza.

Il Divertimento per li regazzi si mostra quale poema di musicale leggiadria dove il disegno trionfa nella sua potenza evocativa e allusiva in più di cento declinazioni di una lingua bizzarra chiamata “Pulcinella”. Già l’etimo sfugge. Allude agli atteggiamenti buffi del pulcino femmina di tacchino quanto cresce e si coglie nel guado “adolescenziale”, appena di prima di diventare una giovane tacchinella? O allude alle smorfie di chi si gratta per un attacco di più pulci? Gli etimi ambigui spesso rinviano ad ancestrali antichità. Perché Tiepolo dedica questi disegni ai ragazzi? È solo svago e gusto del bizzarro oppure c’è anche un intento educativo? Ma cosa può insegnare Pulcinella ai ragazzi se non il suo vitalismo panico? Se tutti possono fare quello che compie Pulcinella perché la sua maschera? Quale valore aggiunto reca? Enigma dentro l’enigma. Che carismi iconologici mostra il “Tiepolo di Pulcinella” e il “Pulcinella di Tiepolo”?

Partiamo dal primo. Già Roberto Calasso nel suo Rosa Tiepolo aveva sottolineato la presenza ricorrente di elementi figurativi allusivi e sfuggenti che sembrano rimandare a un sottotraccia esoterico nella narratività del grande pittore. Stiamo parlando dell’ossessiva ripetizione della rappresentazione di figure orientali, bastoni lasciati a terra, altari boschivi e serpenti. Echi letterari classici? Mero gusto dell’esotico e del decorativo. Calasso chiosa ed arabesca ma resta nella celebrazione dell’enigma. Qui questi segni ritornanti sono presenti a corredo di un Pulcinella assunto come modulo totalizzante. La maschera partenopea può permettere una maggiore emersione di tali velami tiepoleschi?

Centoquattro disegni sono già un piccolo glossario da cui si possono tentare di indurre alcuni canoni grammaticali. Siamo in presenza di un racconto ampio e variante per fanciulli di ogni età che anticipa il Pinocchio di Collodi nel suo senso popolare del mito quale “odissea” in maschera commediale. La differenza fondamentale sta nell’assenza nei disegni di Tiepolo di qualsivoglia dialettica relazionale fra decadimento e redenzione, fondamentale per Pinocchio. Pulcinella poi appare plurale e nel contempo singolo e viene declinato in ogni aspetto della vita sociale. Abbiamo un Pulcinella che corteggia, uno che lavora, un altro che si sposa e così via.

Sembra già presente in unità originaria quello che accadrà al Pinocchio post-collodiano: Pinocchio tra i mostri, Pinocchio esploratore, Pinocchio sulla luna. Come se Pulcinella-Pinocchio fossero moduli narrativi processuali, che non riescono a non eccedere se stessi e qualsiasi recinto di codificazione. Pulcinella nasce da un uovo di tacchino e viene accolto da una piccola folla di altri Pulcinella. Una maschera-clan? Una maschera-stirpe e totem? La nascita quale iniziazione? Ma la varianza presuppone e implica un nucleo di permanenza. Quali sono i carismi ritornanti? Esistono epifanie pulcinellesche definibili per insistenza iconologica?

Possiamo tentare un’elencazione indicando otto costellazioni espressive di maggior coerenza:

a) Pulcinella e gli animali;
b) Pulcinella e la donna;
c) Pulcinella e il fantastico-mitico;
d) Pulcinella e l’oriente;
e) Pulcinella e i segni/attributi oggettuali;
f) Pulcinella e le attività;
g) Pulcinella e il dionisiaco;
h) Pulcinella e i temi della sofferenza e della morte.

Non si tratta di scimmiottare il Vladimir Propp della Morfologia della fiaba in quanto qui non siamo in presenza di codici definiti, di racconti precisi ma di un processo immaginale fluido, ampio e dispersivo per cui occorre semplicemente tentare di riportare a riconoscibilità organica certi tratti nella ricerca di un’identità essenziale di una maschera così metamorfica e sfuggente. Per la prima sequenza è impossibile non notare la grande famigliarità relazionale e sincronica del crescere e vivere del nostro enigma mascherato con una vasta fenomenologia animale. Già nasce da un uovo di una grande tacchina! Poi giovane si interessa ad un uccello “prigioniero”, legato con un filo e tenuto da una donna e nella tavola 91 viene rappresentato mentre con altri gemelli esamina un animale morto che sembra un cavallo o un manzo. Come similmente appare accorato nel raccogliere delle galline morte cadute in un pozzo.

Singoli cani o più cani lo accompagnano frequentemente in varie scene di vita domestica, agreste e venatoria. La figura del cane sembra alludere ad una funzione di guardiano e di dimensione di “soglia” propria di Pulcinella quale metamorfosi dei Dioscuri, anch’essi nati dall’Uovo e ambigui nella loro alternanza di giorno/notte, vita/morte. Il cane nel mito greco era attributo di Ecate oltre che di Artemide. E la gobba vistosa di Pulcinella insieme al suo colore bianco-nero e alla curvatura del volto visto di profilo sembrano alludere al tema lunare quale espressione infera-artemidea. Pulcinella paraninfo e servo della Dea dai tre volti?

Nella tavola 87 la nostra maschera viene disegnata mentre dipinge una grande tela con in vista appunto Diana con una cerva mentre nel disegno 95 compaiono nella medesima scena una giovane donna e un cerbiatto. Come l’Artemide “signora degli animali” Pulcinella appare sempre accompagnato da animali. Oltre al cane, che in branco addirittura danza pure con i Pulcinella, il più frequente è l’asino che il nostro eroe cavalca (anche all’indietro!) o vi si trova vicino. Nella tavola 32 compare addirittura uno strano corteo con un asino cavalcato da una scimmia con in mano un uccello morto, purtroppo non identificabile. Più volte cavalca un cavallo o ne è palafreniere. Questo in più situazioni: in rapporto alla presenza femminile, in solitaria o in scene sociali.

Abbiamo poi la vicinanza di Pulcinella al circo e ai suoi animali: l’elefante, il leone e il leopardo. Il rapporto con gli asini e con i cavalli va precisato specificamente. In merito agli asini Pulcinella sembra non poterne farne a meno. Compare per la prima volta nel disegno 32 dove abbiamo una scimmia che cavalca un asino e con uccello morto in braccio. Sembra una processione rituale considerato il bastone recato dal Pulcinella davanti all’asino e l’interesse di tutta la folla pulcinellesca verso i tre animali. Ritornano in tre nella scena della fattoria (disegno 69) quale cavalcatura festosa e musicale e nel disegno seguente l’asino è cavalcatura protagonista del corteo carnascialesco e caotico.

Nel riposo della carovana del disegno 89 due asini compaiono con un dromedario e a terra si mostra la già vista scimmia con l’uccello morto. Nel disegno 92 alcuni Pulcinella radunano un bestiame fatto di asini e capre e nel disegno 96 un Pulcinella tra altri sceglie un asino. Che l’utilizzo sia cerimoniale e rituale-iniziatico trova ragioni di conferma nel disegno 97 dove Pulcinella cavalca al contrario un asino bardato brandendo una frusta. Vicino a lui l’unico caso di Pulcinella che si è tolto il simbolico e lungo berretto conico insieme, non a caso, al berretto a terra nel tema del malore al muro del giardino. Un Pulcinella infine cavalca un asino carico di una gerla nel disegno del malore di Pulcinella. Ma Pulcinella cavalca anche cavalli come nella scena dell’impiccagione, brandendo un bastone-scudiscio e nell’episodio dei tre Pulcinella cavallerizzi, uno mostrante un’arma e quello centrale una frusta, mentre un Pulcinella bada ad un cavallo mentre altri due si riposano e uno corteggia una bella dama mascherata.

Per quanto riguarda la fenomenologia della relazione di Pulcinella con la donna anche qui compare una ricca casistica: Pulcinella seduttore, Pulcinella in scene dove domina la presenza femminile, Pulcinella che danza con fanciulle, il tema della sposa di Pulcinella con tanto di matrimonio, il tema della donna che sviene o sta male e viene soccorsa, e infine scene dove la donna è spaventata, allarmata o fugge. Almeno una figura femminile è quasi sempre presente, come la dama che si affaccia al passaggio degli struzzi o viene mostrata in effige statuaria sul muretto del giardino di una villa o si fa ritrarre da un Pulcinella pittore. Il femminile quale filo rosso che attraversa tutte le altre tipologie narrative. È una donna che reca l’uccellino legato ad un filo, è una donna che reca un vesto di leccornie reclamato da giovani Pulcinella, è una figura femminile che fila sull’aia, e reca il tamburo nella danza con i cani, mentre sempre una donna domina la tavolata della cena in cucina e della scena della colazione, come pure è femminile la figura appare spaventata dalle galline morte, dal granchio gigante o dal rapimento da parte dell’aquila, fino alla partecipazione pulcinellesca ad un “trionfo di Flora” dal gusto smaccatamente greco-romano e arcadico. Donne lo vanno a trovare in prigione, una dama campeggia nella scena della scarcerazione e altre assistono al corteo seguente di trionfo. Il tema del “Pulcinella rapito” è sempre sofferto da una donna che se ne lamenta. Persino quando dà da mangiare ai pavoni o pascola una mandria compare una presenza femminile. È più facile individuare quando non compaiono personaggi femminili e questo accade di solito quando i Pulcinella lavorano il legno, nelle scene più violente, quando appaiono i personaggi orientali e la carovana dei dromedari e quando il contesto sociale non può ammettere donne come nella bottega del barbiere. Pure accade nel tema del malore di Pulcinella, raffigurato svenuto.

La donna quale presenza ossessiva sembra completare e confermare l’ipotesi artemidea accennata riguardo l’amicizia di Pulcinella con gli animali. Quattro sono i tipi di epifanie del femminile in questo fantasmatico poema disegnato: la donna-fanciulla che danza o si spaventa o appare addolorata e che segue l’archetipo della ninfa, la donna giovane popolana, la sposa di Pulcinella che viene raffigurata come ricca dama e che nella scena del corteggiamento indossa la stessa maschera del suo spasimante e la donna-nutrice, anziana e con il naso adunco come la nostra maschera. Alcune volte la donna opera come segnalazione, come nella scena del trapezio quando una donna di retro indica in modo solenne e misterioso con il braccio destro proprio il Pulcinella che sta planando sul trapezio. Unico stilema che compare più volte attraversando questa dimensione del femminile appare la veste a righe, dettaglio che sembra allusivo ed enigmatico. Una sopravveste a righe viene indossata dall’anziana che assiste alla nascita di Pulcinella dall’uovo, un vestito tutto a righe mostra una giovane donna che accompagna il giovane Pulcinella verso l’uccellino legato, e simile abbigliamento rivela la donna con il cesto delle leccornie.

Che cosa accomuna e significa questa ricorrenza che ad esempio non troviamo nella scena della famiglia sull’aia e negli altri tipi donneschi? La donna che accompagna la sposa di Pulcinella ha una mantella a righe e pure ritorna nella figura della donna anziana che accorre nei casi di malore della dama. La sposa di Pulcinella tiene in mano un vestito a righe nella scena del nostro eroe infante che impara a camminare con il girello e una dama di spalle indossa analoga mantella, frangiata come un tappeto a guisa orientale, nell’episodio della vittoria a volano. Potremmo essere in presenza di un segnale che indica momenti e passaggi di tipo rituale-iniziatico nel racconto tiepolesco. La donna anziana con il volto simile alla nostra maschera sembra svolgere un ruolo di nutrice, balia, assistente che può celare una funzione magica e bardica. Si tratta di una fanciulla-ninfa invecchiata? È lei la custode dei segreti di Pulcinella quale tradizione? Anche la donna di spalle con la mantella rigata sempre incorporare analoga funzione di guardiana-testimone e assistente rituale. La ritroviamo di fronte all’elefante del circo, quasi di fronte al personaggio orientale, appare di sfuggita di fronte alla gabbia del leopardo e tra la folla che circonda il magistrato che deve giudicare Pulcinella e infine appare misteriosamente anche in altre scene come alla liberazione di Pulcinella a Venezia e nel suo conseguente trionfo, come tra la folla del mercato degli ortaggi (ancora di spalle), nella bottega del falegname, nella casa del sarto, vicino a Pulcinella ritrattista, nell’anziana con la carovana di Pulcinella.

Nella parte finale del poema disegnistico il tema del tessuto a righe viene gradualmente posto in sordina e come “lasciato cadere”. Il tessuto compare ancora però non indossato ma riposto. Dopo l’episodio della casa del sarto, dove un Pulcinella lo porta verso l’esterno della rappresentazione, lo ritroviamo non più indossato da donne ma ad esempio adagiato sul bordo della barca quando Pulcinella viene rapito come Ganimede da una grande aquila come pure addosso ai dromedari, o a terra sotto il centauro, avvolto a terra quando i Pulcinella chiedono l’elemosina, o come tovaglia sul tavolino vicino al letto di Pulcinella malato e infine adagiato per terra vicino alla cavità dove viene deposto il nostro eroe. Uniche eccezioni: la donna con vestito a righe presente mentre la nostra maschera dipinge e quella che aiuta un Pulcinella anziano a sedersi indicandogli la poltrona e quella che piange alla sua estrema unzione. Il tema delle righe in pratica sembra indicare un ruolo di assistenza, custodia nei momenti decisivi del viaggio e della morte e il fatto che tali vesti appaino ad un certo punto non più indossate femminilmente sembrano mostrare una maturazione iniziatica di Pulcinella stesso, come andasse oltre la sua natura silenica e panica.

In merito alla terza tipologia, la più evidente, è facile indicare i temi mitologici o fantastici declinati con il nostro eroe: il centauro che lo rapisce o che gioca con lui, il granchio gigante, l’aquila che lo rapisce, Flora che trionfa. L’immagine del granchio ricorda a livello mitografico sia Heracle che Mithra tauroctono. Altri temi classici sono allusi nelle statue presenti nei giardini delle ville che rappresentano uno dei locus pulcinelleschi ricorrenti.

Riconosciamo Apollo con un cigno in spalla nel foglio 33, Leda con il cigno nel disegno 35, una sfinge sopra un’erma davanti al muro di un giardino. Il tema del centauro viene posto con particolare vivacità. Prima abbiamo una donna con fronde sul capo e un grande tamburo che gioca con un centauro sdraiato che sembra innamorato. È montana una grande tenda che sembra alludere al viaggio desertico e orientale dei Pulcinella che stanno ammirando la curiosa scena. Nella seconda ricorrenza un centauro accovacciato gioca lanciando in aria un giovane Pulcinella mentre il padre mostra apprensione. Questo giovane appare assimilato ad un uccello sia per le piume aggiunte al classico berretto conico che per la piuma di gallo che tiene in mano. A fianco un maiale steso a dormire.

Nel foglio 60 invece un centauro dalle orecchie sileniche e con faretra e arco rapisce un Pulcinella adulto, come fosse Europa o una ninfa. Simile il disegno seguente con un altro centauro, rampante, a cavallo del mostro e mentre una donna dal capo velato li insegue. Un’ultima comparsa al disegno 90 dove il centauro rapisce una donna nuda mentre i Pulcinella li inseguono. Da ciò emerge come i centauri appaiono concorrenti dei Pulcinella nei confronti delle donne. Entrambi amano la musica e le donne. Il tema dell’oriente sembra risuonare in coerenza con il berretto conico proprio di questi Pulcinella tiepoleschi che appare tipico dei dervisci turchi, confraternita iniziatico-sapienziale danzante. Differente ma sempre orientale il tipico berretto del Pulcinella partenopeo, definibile quale “berretto frigio”, proprio di Mithra e degli iniziati orientali.

Il primo misterioso personaggio orientale appare nel disegno 29 che ha come protagonista l’elefante del circo. I tratti della figura sono inconfondibili: la lunga barba, il turbante, la tunica lunga a righe. Il contegno è serio, attento e impenetrabile. Difficile definire se si tratti di un arabo o i un giudeo. Simile figuro ammira Pulcinella trapezista e compare alla maniera turca nel disegno 35 per poi essere sempre presente nelle situazioni seguenti: l’arresto di Pulcinella, la sua fustigazione, la visita in prigione, e il trionfo conclusivo. Ritorna l’Orientale nel disegno della vendita del bestiame accanto ad un barbuto saggio giudeo, riconoscibile dal kippur e nell’episodio della fucilazione come in quello dell’impiccagione. Sembra svolgere una funzione testimoniale-iniziatica fino a quando appare in vesti officianti con il cappuccio calzato sul capo e un libro rituale al momento del funerale di Pulcinella. Questa forte presenza sembra confermare l’origine orientale, turco-giudaica, di Pulcinella, confermata dalla presenza di un anziano con una veste ebraica a righe quando viene sepolto Pulcinella, la cui mano sul cuore ne indica l’essere affranto.

È ebreo il padre di Pulcinella? L’ultimo disegno vede il saggio orientale con la consueta tunica a righe porsi in una posizione da protagonista nella veglia funebre del nostro eroe. Simile veste appare avvoltolata sotto il letto di Pulcinella, come fosse sua. Analoghe rituali vestimenti compaiono simbolicamente anche in altri tra gli ultimi disegni come nella grande tovaglia che copre il carico del carretto dei due Pulcinella che pisciano e defecano e piegati a terra nel disegno di Pulcinella che chiede l’elemosina. Il tema orientale compare con forza anche nel disegno di Pulcinella che afferra l’ala di uno struzzo adulto, confermano la sua famigliarità con gli uccelli di terra, e nei disegni dedicati alla carovana dei Pulcinella con i dromedari. Fra le due carovane orientali la scena del centauro e della donna. Era quella la meta del viaggio o solo un suo accidente? Nel disegno 57, comunemente interpretato come il “ritorno della carovana”, un Pulcinella a cavallo del dromedario reca una bandiera, prima non presente. Un cane annusa delle vesti tenute da un altro Pulcinella. Erano le vesti il bottino del viaggio vittorioso? Fatto sta che dopo il viaggio inizia la serie dei centauri e compare la mistica aquila come se fossero indici di uno status superiore acquistato dal nostro eroe tramite il viaggio stesso.

Il tema del viaggio in Oriente ritorna nei disegni 88 e 89 dove i Pulcinella con dromedari sono tre, quasi un’allusione ai tre re Magi, similmente ai tre Pulcinella a cavallo del disegno 98. Il problema della decrittazione semantica sta sempre nel rapporto tra la forma e sua operatività-destinazione: provenienza, omaggio, o indicazione rivelativa? Il carattere turco-orientale dei vestiti di Pulcinella visto in combinazione con gli elementi appena accennati esprime una semplice citazione di costume degli stretti rapporti commerciali che la Venezia di Tiepolo intratteneva con l’Impero Ottomano oppure opera quale segno di legami spirituali iniziatici? Su che livello agisce il riferimento?

Tiepolo usa Pulcinella per celare-comunicare indizi esoterici propri e veneziani-turchi oppure è l’immaginario di Pulcinella che viene dall’Oriente e contiene tali riposti sensi? Altrettanto allusivi e abbondanti si rivelano gli elementi segnici oggettuali. Il frontespizio del Divertimento per li regazzi già ne riassume alcuni: la scala, la gerla, i bastoni, e una ampia serie di strani contenitori posti sopra quello che sembra un altare campestre. La scala ricorre frequentemente nelle vicende del nostro enigma a partire dalla sua nascita mostruosa dall’uovo di tacchina. Qui la scala è appoggiata al muro proprio in corrispondenza con il grande uovo da cui sta uscendo l’infante mascherato. Un’altra scala si vede nel secondo disegno che mostra Pulcinella in fasce nella culla ed è posto in adiacenza di una vecchia completamente vestita con una lunga veste che copre anche il capo. Si deve trattare di una delle forme di “vigilante”, di guardiano misterico che quasi sempre accompagnano le vicende decisive del nostro eroe. Sul tavolino vicino uno strano e grosso contenitore simile a quelli del frontespizio e a terra una gerla con le bende. Un’altra scala appare appoggiata al muro nel racconto della donna che reca il contenitore con ignote leccornie.

Sembra che Pulcinella appaia associato al tema della scala. Un simbolo di ascesi iniziatica? La fluidità mercuriale di Pulcinella, il suo “argento vivo” sempre in moto viene chiamato all’ascensione nell’elemento aria dal segnale della scala? Ancora la scala nel disegno 6, sempre in posizione verticale, mentre il protagonista aiuta la donna a filare la lana. Non poteva mancare l’oggetto amico nella scena della discesa nel pozzo per estrarre le galline morte e lo ritroviamo anche sullo sfondo del ballo in campagna. Un’insistenza eccessiva per darsi solo quale segno decorativo e di costume, se così del tutto pleonastico. Prima si ascendere nel gioco del trapezio e delle altalene arboree Pulcinella si rivela intento in operazione catabatiche. Ma questo oggetto appare utile anche per salire sugli alberi a raccogliere frutta (n° 34). Altre ricorrenze si hanno in una scala vista di profilo appoggiata su un muro mentre i Pulcinella spaccano la legna, eretta grazie ad un palo per permettere ad un Pulcinella di salire di su una grande tavola di legno e segarla, raffigurata quale scalinata sullo sfondo della cantina.

Due sono le scale nel tema dell’impiccato, sui due lati dell’architrave dove è legata la corda. Ricordano simbolicamente quella di Nicodemo alla deposizione di Cristo e allude ai due sensi di movimento: ascensionale e discendente. Che i sensi della scala siano iniziatici-misterici ne troviamo conferma anche nella ripida scalinata che sale dal tavolino dove un demonico prete dalle orecchie mostruose da scrivendo mentre Pulcinella giace malato come pure dalla rappresentazione dei suoi funerali dove la scala è appoggiata ad un grande catafalco funebre e ritorna anche nel tema della sepoltura per tornare un’ultima volta nella stalla dove Pulcinella compra un asino.

La scala e i gradini di varie scalinate, come quelle dell’altare del matrimonio e quelle del banchetto sponsale, quale chiaro segnale iniziatico di un cambiamento, di una possibilità di metanoia a cui si è chiamati fino alla più grande trasformazione da celebrare: la morte. Sul letto della sua malattia-metamorfosi fatale Pulcinella muta come in una crisalide anche il berretto che ora diventa frigio, conico, da Dioscuro, da Hermes. Ancora più della ricorrente scala i bastoni e la legna corredano abbondantemente le vicende pulcinellesche. Bastoni che sembrano possedere una valenza rituale-cerimoniale e non solo pratica insieme a rami, legni e bastoni spesso lasciati a terra come Roberto Calasso aveva già segnalato nel suo Rosa Tiepolo quale segno misterico insieme ai personaggi orientali.

Quando Pulcinella si mostra interessato all’uccellino prigioniero un Pulcinella seminascosto reca una sottile verga che ritroviamo appoggiata a terra vicino alla tavola dove è seduto un altro Pulcinella nella scena del cesto delle leccornie e simile lunga e sottile verga la brandisce un Pulcinella nel tema della filatura della lana. Ora è un bastone da viandante (n° 7), ora un bastone a cui ci si appoggia (n° 10), oppure un’asta con una bandiera per celebrare la vittoria a volano (n° 18) o un bastone per girare la polenta. Qui è strano perché il pentolino della polenta appare piccolo e posto a terra mentre l’elemento ligneo sembra un remo tanto è grande e lungo. Legna è disegnata appoggiata al muro di una casa durante il ballo in campagna (n° 24), un bastone da pellegrino con borraccia di zucca giace a terra vicino ad un tronco mentre si danza con i cani ballerini, un bastone appare a terra con una gerla vuota vicino all’elefante del circo e una verga sottile viene tenuta da un orientale dietro la schiena mentre Pulcinella vola come trapezista. Che la verga sottile, anch’essa d’apparenza turca o comunque orientale, sia un segno rituale lo dimostra la sua onnipresenza nelle scene più solenni e trionfali. Pulcinella guida con la verga l’asino con sopra la scimmia e abbondano tali verghe, anche in forma di aste per le bandiere nelle scene più trionfali: la vittoria a volano, la scarcerazione, il ritorno della carovana, il corteo musicale degli asini fino alle fiaccole funebri. Verga multisemantica se viene anche usata, doppia, per la fustigazione di Pulcinella e nel tema della fucilazione dove un Pulcinella brandisce uno scettro e guida il plotone che spara ad un altro Pulcinella.

Nella rappresentazione della trionfale scarcerazione veneziana al segno del remo delle gondole si aggiungono fascine di verghe alzate trionfalmente come fossero naturali attributi rituali e sapienziali dell’essenza di Pulcinella. Qui il velo un poco si alza rivelando la natura schiettamente ermetica della verga pulcinellesca. Che sia guardiano, pellegrino, mandriano, anziano, giovane, fustigatore, comandante, lottatore contro il centauro (come Heracle), cavaliere il Pulcinella dei trionfi e dei passaggi critici e decisivi reca sempre il sottile bastone ligneo quale novello Hermes ora bucolico ora combattivo ora festivo. Il rapporto poi del nostro eroe con la legna è strettissimo: raccolgono legna con gerle e in fascine, spaccano legna, abbattono alberi, segano grandi tavole, operano in una grande bottega di falegname, sono accompagnati da legni appoggiati a case, tronchi che giacciono a terra, alberi solo tronco, fino all’albero della barca, al palo della fucilazione e ai legni dell’impiccagione. Ancora legni a terra con corda al momento della sepoltura catabatica o la vanga nell’apparizione dello scheletro o un tronco a terra nel corteo nuziale campestre quando non è la tipica asta da funambolo o la frusta da cavaliere di cavallo o asino. Questo uso cerimoniale della frusta anche in occasioni sociali ricorda i riti propiziatori dei Luperci, ancora persistenti in eco nel Pulcinella molesto e scherzoso delle feste popolari di Alessandria del Carretto, vicino a Cosenza. Indizio rilevante di un’originaria grecità misterica della nostra amata maschera. Altro elemento oggettuale assai presente lo possiamo individuare nella ricchezza fenomenologica dei contenitori: gerle, ceste, vasi, mastelli, pozzi, brocche, ampolle. Analoga allusiva proliferazione nelle vele della flotta di Pantagruel e Panurgo in viaggio verso l’oracolo della Diva Bottiglia. Persino nell’episodio agreste del giovane Pulcinella che guarda il lavoro di un altro Pulcinella vangatore compare a terra una brocca, probabilmente di vino. Scena strana e allusiva. Il giovane sembra assistere ad un rito, per impararlo. Non indossa ancora infatti il berretto derviscio. Grossi contenitori, simili a quelli del frontespizio, si vediamo nella situazione del corteggiamento agreste, mentre dietro la donna mascherata si eleva un altare con lettere greche e sopra un vaso scultoreo con fiori.

Nel disegno 13 abbiamo una piccola damigiana di vino, una gerla a terra quando i nostri amici fanno a pugni (sembra il ponte dei pugni a Venezia) insieme al vaso-scultura con fronze, e poi la borraccia di zucca del viandante (n° 26, 27e 32), ancora la gerla accanto al muretto della villa, due mastelli quando si compie la visita in prigione, brocche e vassoi dal barbiere, la damigiana dal falegname, le grandi botti di malvasia, il pitale sotto il letto durante la fatale malattia. Tutti segni di vita e di custodia. Che attività compie il Pulcinella di Tiepolo? In cosa viene disegnato indaffarato? La prima attività appare bizzarra in quanto non usualmente maschile: aiutare a filare la lana. Pulcinella come Heracle dalla regina d’Asia Onfale? Pulcinella androgino?

Nel disegno 8 si vanga ma sembra un rito non un consueto lavoro agricolo. Le principali attività sono di gioco o d’ozio: il volano, le bocce, il circo, la danza, le acrobazie, il dormire, il prendere la frutta dall’albero, la rissa, la caccia, i cortei. Come attività “lavorative” ricordiamo: la scuola, il fare la polenta (e qui appare dentro il camino, come identificandosi con il fuoco), il lavorare la legna, il pascolare o nutrire animali (capre, manzi, pavoni), vendere frutta al mercato, aiutare il barbiere e il sarto, chiede l’elemosina. Abbiamo anche un Pulcinella artemideo che caccia i volatili come pure il cinghiale e il cervo, sbranato dai cani come Atteone. Una varianza sociale così ampia ma apparire marginale quanto immersiva. Anche qui troviamo conferma di un Pulcinella quale epifania di Hermes, e specificamente di Hermes Argheifonte, mandriano e custode di Io. Questo spiega la presenza di bestiame e di donne insieme e il tema del dar da mangiare ai pavoni insieme con una dama. Ne condivide i luoghi spirituali ed esistenziali: i giardini, i mercati, i luoghi di soglia, il viaggio, le erme.

Se Pulcinella ci appare ermetico, e anche etrusco con i suoi fasci di bastoni come nell’episodio della scarcerazione veneziana, non possiamo non vederne lo spirito dionisiaco. Tutto è dionisiaco nei mondi di Pulcinella: l’importanza dell’invasamento nella danza e nella musica, le ambientazioni agresti, silvane dove abita il mistero dei centauri, dei sileni e dei satiri. Pulcinella quale matrice silenica della commedia greco-italica. E ricordiamo anche il segno del vino, dei vasi di fiori e il fatto che “Pulcinella” è un clan, un gruppo, e quindi si rivela panico e orgiastico sia nelle sue esperienze che nella sua diffusa pluralità. Troviamo il segno dionisiaco della pigna e dell’albero di pino in più raffigurazioni come il frontespizio, la scena del ballo della furlana, quando si danza con i cani ballerini, nel corteo con l’asino e la scimmia, nelle pigne scultoree della balaustra nobiliare mentre compaiono gli struzzi, e un altro pino ad esempio si scorge nel tema della segatura della tavola. Tutto l’apparato decorativo-scultoreo disegnato nei contesti dei muretti delle ville e dei numerosi altari agresti e boschivi frequentati da Pulcinella ci parlano di un ambiente misterico di tipo panico-silenico, da cui appunto ci viene la commedia quale rito per adepti. Il suo stesso correre dietro le fanciulle e il danzare con esse è tipico dei satiri in relazione alle ninfe.

La domanda da porre è questa: perché Pulcinella non appare ammesso nelle ville ma opera quasi sempre all’aperto e staziona lungo i muri delle città, dietro le recinzioni dei circhi, sulle soglie dei giardini signorili? Perché appartiene ad una confraternita che vive ai margini della società? Perché è una maschera di origine giudea? O semplicemente perché i saltimbanchi non è decoroso corteggino le dame? La risposta penso che vada trovata proprio osservando la statuaria di questi muretti e balaustre nobiliari e il tema degli altari solitari. Già nel frontespizio il protagonista è proprio un altare boschivo che si eleva vicino ad un pino.

Nel disegno 9 il corteggiamento avviene vicino ad un altare agreste con sfinge alata, mascherone e un dionisiaco kantharos in cima. Il muretto vicino al quale la donna è colta da un malore appare diroccato e la partita a bocce avviene anch’essa lungo un muro fortificato di città. Quando sostano in ozio presso il muretto di una villa insieme ad un personaggio orientale questo muretto è abbellito da statue di ninfe, mascheroni, e vasi rituali alla maniera antica. Simile ad una ninfa-cariatide appare la fanciulla che reca un canestro in testa durante la festa in cantina. Anche quando Pulcinella sviene questo avviene fuori da un muro, con pini in lontananza e un altare con sfinge. I kantharos si sprecano, come nei disegni 79 e 83. La musica accompagna spesso il nostro amico. Un tamburo giace a terra quando abbattono un albero, la donna con il centauro suona un grande tamburo ovale proprio delle fanciulle delle danze e delle feste pulcinellesche. Si balla mentre di scelgono gli asini (n° 69) e il corteo del disegno 70 rappresenta il trionfo bacchico di Pulcinella tra gnocchi infilzati da un forchettone, bandiere, trombe e tamburi. È il comos dionisiaco, qui non a caso colto vicino ad un altare con sfingi e teschi di bue. Pulcinella suona il piffero vicino ai cammelli durante il riposo della carovana (n° 88). Il vino e la festa sono chiari segni bacchici. La festa da ballo si tiene in campagna con i suoi girotondi e i grandi tamburi da menade da pittura vascolare greca. Pulcinella esprime uno spirito musicale e mercuriale che tutto attraversa in istintiva grazia e magnetismo animale. Il suo ambiente sono i giardini, i luoghi solitari, la campagna.

Luoghi degli ultimi genius loci ai quali la cui maschera dà gesto e movimento. I campi dell’Italia profonda, del Sannio greco-etrusco, dove il tempo soccombe all’otium meridiano panico ed epifanico, allucinatorio. Dove vangare è un rito magico e tra le zolle escono spiriti sorprendenti. La nostra ottava tipologia fenomenologica pulcinelliana riguarda il tema della sofferenza e della morte. Il prologo inaugura il poema enigmatico, la fabula già collodiana di Pulcinella per ragazzi (cioè per chi non è ancora “iniziato”) proprio con la forma dell’altare-sepolcro di fronte al quale il cibo e gli strumenti della vita sono posti a terra in saturnino e caotico riposo.

Pulcinella contempla la forma “dell’arca” congiuntamente alle sue epifanie-corredi più intimi: il cane e la dama. Segni di Ecate e di Artemide. La scala appoggiata all’altare-sepolcro indica che il poema per immagini ha come tema essenziale l’iniziazione, l’ascesi oltre la morte, oltre la cristalizzazione nell’inorganico. Carisma confermato dalla scala che parte/arriva all’uovo della sua nascita prodigiosa. Non mi sembra un caso che vicino all’uovo schiuso compaia la ruota del tacchino, segno epifanico che ricorda il pavone in cui Hera tramuta Argo. Come Pinocchio il Pulcinella di Tiepolo è una fabula misterico-filosofica in forma bambina e commediale. Il Pulcinella infante appare fasciato anche nelle braccia, come una mummia e il tema della morte e della sofferenza emerge quale passaggio educativo fondamentale.

Il giovane Pulcinella conosce la sofferenza nell’immagine dell’uccellino legato al filo (mi ricorda la simile immagine nelle storie di San Giuseppe da Copertino ricordato da Carmelo Bene) e nelle galline morte recuperate dal pozzo. Sono le galline morte che vengono sepolte mentre un triste giovane Pulcinella guarda un altro vangare? Può essere data l’intimità della nostra maschera con il mondo dei volatili da cortile. Il tema della sofferenza ritorna più volte nell’immagine di animali morti o in gabbia: leone, leopardo, uccelli. Nel disegno 91 alcuni Pulcinella osservano un animale morto.

La sofferenza vicina a Pulcinella ritorna nel tema del malore della donna soccorsa per strada e in casa. Nausee e svenimenti da gravidanza? Può essere in quanto il disegno seguente (il n° 15) mostra Pulcinella bambino a letto con i genitori. Mentre si è a scuola un uccellino sta in gabbia. Facile corrispondenza. La morte torna nell’uccello morto in braccio alla scimmia sull’asino. Nel disegno 34 alcuni Pulcinella si prendono a botte e in quello successivo un Pulcinella giace a terra. Dorme e ozia o si sta riprendendo dai colpi subiti nella rissa?

Dal disegno 36 al 41 abbiamo un mini-ciclo dato dall’arresto di un Pulcinella fino al suo trionfo finale. Nella scena dell’arresto l’arrestato mostra la sua grande gobba con dietro un coltello che lo incita ad obbedire. Gli altri Pulcinella piangono e il misterioso personaggio orientale presiede come testimone muto della scena. Po viene fustigato nelle natiche in pubblico tra il medesimo personaggio orientale e un uomo vestito con il ricorrente vestito a righe. Torna il tema delle righe e dell’oriente nell’immagine della visita in carcere. Tutti gli elementi amici di Pulcinella accorrono in mesto corteo: molte donne, fra cui una intabarrata e una giovane “cariatide” con cesta sulla testa, due Pulcinella con vasi-mastelli e tessuti a righe e il misterioso orientale. Nella scena dei magistrati l’arrestato compare fra la misteriosa donna velata e a righe colta da retro e l’uomo con vestito a righe di prima, ora visto confuso e vergognoso. Deve trattarsi dell’accusatore ora pubblicamente sconfessato.

Nell’immagine della scarcerazione ritorna, e questa volta come protagonista, la bella donna vestita a righe, che sembra la stessa che portava il cesto delle leccornie vicino alla porta della città. Si tratta della porta di un ghetto ebraico? Lo credo. Non caso nel disegno della scarcerazione si vede il Canal Grande dalla Giudecca. Si riconosce la Chiesa di Gesù. Un banale caso di cronaca viene quindi ritualizzato dal Tiepolo mostrandoci un Pulcinella quale adepto di una confraternita i cui cortei, notturno alla scarcerazione e poi diurno, irradiano la densità di un rito. La sofferenza, quindi, chiama alla luce il sottobosco misterico di Pulcinella: gli orientali, le donne velate, i vestiti a righe, le fascine fatte torcia mettendo le premesse per cortei trionfali.

Le scene dell’aquila-fenice e dei rapimenti dei centauri non sembrano veicolare veri sensi di sofferenza nonostante lo spavento degli altri. Sembrano prove eroico-simboliche ed iniziatiche. Il tema della morte torna all’improvviso e con massima forza nell’immagine della fucilazione e dell’impiccagione. Nel primo caso è un Pulcinella, privato del berretto come se non ne fosse più degno, che viene ucciso da un plotone di altri Pulcinella guidato da un Pulcinella-comandante. Siamo fuori dalla città e un orientale assiste alla scena. Una punizione per un adepto che ha violato il segreto? Una sorta di autodichia da clan esoterico? E così possiamo accennare anche per l’impiccagione, che sembra anch’essa una vicenda interna al mondo dei Pulcinella. Il legno tratto e lavorato prima dai Pulcinella serviva per attuare queste pene capitali?

Dal disegno 73 inizia il ciclo finale, quello della morte di Pulcinella, massimo passaggio rituale dove i velami si fanno sottili e attraversabili. Pulcinella sviene colto da un grave malore. Fuori dalle mura anche in questo caso. Segno a mio parere dell’appartenenza giudaica di Pulcinella. Gli cade il berretto derviscio e accorre la figura ricorrente e rituale dell’anziana velata. Custode dei segreti di Pulcinella? Sua nutrice sapienziale? Nella scena del Pulcinella a letto muta il berretto, da turco-sufi a conico tipo Dioscuro, Odisseo, Hermes. È il tipico mezzo-uovo che ritroveremo poi in Mithra-Phanes come la meravigliosa scultura delle Gallerie di Modena magnificamente illustra. Attorno al Pulcinella agonizzante, completamento coperto in un lenzuolo, tranne la testa e i piedi, accorrono, come nel frontespizio, tutti i suoi corredi sciamanico-sapienziali: il cane vicino ai piedi, segno della prossima morte, la donna in lacrime, il vaso sotto la testa, e una sorta di prete-medico dalle orecchie demoniche-satiresche. All’inizio e alla fine: la scala. Il rito funebre svela in chiarezza l’appartenenza giudaica di Pulcinella: il prete non c’è, come al suo matrimonio, ma abbiamo un rabbino, il funerale avviene di notte, come le molte torce indicano, e tutto avviene dentro la comunità dei Pulcinella. Una figura differente ma sempre testimone amico: il personaggio orientale. Similmente nel disegno seguente compaiono famigli e amici di Pulcinella: donne velate, vestiti a righe e un sepolcro nascosto sotto un’arcata e posto in sotterranea tipo catacombe. Luoghi al margine, propri di una comunità, quella giudaica, tenuta relegata dalla società dominante.

La rappresentazione più enigmatica si rivela quella simbolicamente finale cioè risulta quella del disegno 77 dove abbiamo un gruppo di Pulcinella che gridano spaventati alzando le mani di fronte ad uno scheletro con berretto di Pulcinella che abbraccia un sepolcro-altare che assomiglia ad un altare caricato sopra un catafalco tipo quello del frontespizio. A terra lì vicino una vanga e un corpo nudo prono con le gambe ischeletrite e il capo dentro la terra. Abbiamo quindi tre celebrazioni della morte in triangolazione: il sepolcro, lo scheletro che abbraccia il sepolcro e il secondo enigmatico corpo. Allusione ad una metamorfosi di Pulcinella? O ad una metamorfosi mancata, interrotta? Il volto non si vede. Il mistero rimane. Sembra di stare in presenza dell’allusività coglibile anche in un certo Poussin/Guercino, nel dionisismo dell’Ariosto (Franco Picchio, Ariosto e Bacco), negli ammiccamenti enigmatici di un Lotto paesistico o da tarsie. Il discorso Morte ritorna negli ultimi disegni: Pulcinella colto da malore per strada, vicino ad un altro Pulcinella a cavallo di un asino carico di una gerla, Pulcinella visitato dal dottore, riceve gli ultimi conforti, aiutato a sedere e la veglia funebre. Il dottore ha orecchie alate, come Hermes, e non c’è ovviamente alcuna “estrema unzione” ma si tratta di un rabbino che legge alcuni passi delle Scritture al morente mentre una donna con le vesti a righe piange.

Quando è malato o morente Pulcinella non porta il berretto turco, segno di una sua ultima trasformazione misterica. La medesima donna con vestito a righe indica ad un decrepito Pulcinella una poltrona. Nel disegno 104 tutto torna attorno al morente Pulcinella che attrae tutti come una calamita: il saggio orientale, la famiglia, un bambino, le anziane velate, le donne a righe, i mastelli posti in alto e la gerla con le vesti rituali a terra. Il vestito a righe, elemento così tanto da Tiepolo citato e da noi ripreso è segno dell’identità ebraica di Pulcinella. Michel Pastoureau nella sua opera La stoffa del diavolo ci ricorda come il vestito a righe apparteneva iconograficamente alle figure di esclusione sociale: il buffone, il boia, la prostituta, i giudei. Lo stesso scialle a righe ricorda il tallit dei rabbini. Pulcinella abita il luogo del confine, della soglia, dell’esclusione, delle porte dei ghetti con i loro piccoli mercati oppure i campi solitari e le distese desolate.

Di cristiano non si coglie traccia. L’unica croce che sorprendentemente si nota apparire piccolina sopra un edificio laico che è una grande casa-capanna. Un’allusione alchemica? La croce quale allusione al crogiolo ermetico, all’aceto filosofale? Oppure semplicemente rinvio sottile allo stauròs del fucilato e dell’impiccato dove il legno è collodianamente funzionale e quasi rituale? Certo rimangono molte domande e situazioni non comprensibili, come la donna che indica il Pulcinella trapezista e quella che si tappa la bocca mentre Pulcinella indica il camino in cucina, o la pentola della polenta così piccola. Qui abbiano voluto indicare un mistero, non pretendere di risolverlo.

Per continuare questo viaggio nell’enigma a mio parere occorre provare a cercare nelle culture dei ghetti ebraici italiani. Lì avviene il prodigio di un Pulcinella nomade e tuttofare che media tra le tradizioni ebraiche popolari e i resti di echi mitici greco-orientali. Pulcinella espressione del dionisismo biblico delle feste primaverili, travestite e chiassose di Purim?