Preferisco il disegno alle parole. Il disegno è più veloce e lascia meno spazio per le bugie.

(Le Corbusier)

Colorati disegni (ri)danno vita a pareti e spazi dimenticati o abbandonati, facendoli uscire da anonimato, polvere, insignificanza e invisibilità. Tratti che mandano messaggi. Pubblicità viene da pubblico, da collettivo. Nulla di più naturale, quindi, del fatto che, per far conoscere qualcosa o mandare un messaggio chiaro, immediato e diretto a tutti, il muro sia la vera pelle. Oggi più che mai, a noi che guardiamo distratti ogni cosa che ci circonda.

Un viaggio nei disegni. O disegnando s’impara. Basta tornare fra la fine dell‘800 e gli inizi del ‘900, per ritrovare, sui muri delle città, sulle facciate delle case e nei centri industriali, i “ghost signs”, che oggi ancora campeggiano, scoloriti, sbiaditi, smarriti e un po’ dimenticati, sulle pareti di alcune delle grandi capitali del mondo. Molti di questi erano realizzati direttamente sui mattoni, nella parte più alta e difficilmente accessibile degli edifici e, per dipingerli, ci si aiutava con delle mascherine per tracciare linee diritte e quasi perfette. Quasi un ricalcare leggero. Se ne ritrovano esempi in Gran Bretagna e Irlanda, ma anche in Messico, in India e in alcune zone dell’Africa, dove la comunicazione pubblicitaria o il messaggio sociale si basano ancora molto sulla pittura murale.

Lasciami, oh lasciami immergere l’anima nei colori; lasciami ingoiare il tramonto e bere l’arcobaleno.

(Khalil Gibran)

L’immagine e i colori restano sempre grandi maestri nell’orientare la memoria e i comportamenti umani. Il metodo di dipingere sui muri era però presto scomparso, perché, dal 1950, l’economia aveva subito un importante mutamento e trasformazione: la produzione si trovava di fronte a una crescita quasi esponenziale, le tipologie e varietà dei prodotti si moltiplicavano e le pubblicità avevano bisogno di rinnovarsi rapidamente e di continuo. Nuove idee, rapidità, agilità, mobilità, versatilità. Queste erano le parole d’ordine, un cambio di paradigma. Quella fretta che pagheremo cara. Di conseguenza, la pittura sul muro diveniva obsoleta e venne sostituita, in breve tempo, dai manifesti pubblicitari di dimensioni variabili e intercambiabili, che assicuravano un potere divulgativo maggiore e la possibilità di modificare continuamente e velocemente l’aspetto estetico del messaggio. Ecco perché è abbastanza raro trovare disegni dipinti a mano dopo gli anni Cinquanta. Ma se anche in Europa alcuni artisti stanno sperimentando nuovamente questa tecnica (la street art, pur con altre finalità, ne è esempio), oggi sempre di più il messaggio socioeducativo non si trova solo fra i programmi televisivi o sulla carta stampata ma occupa spazi importanti negli spazi urbani o peri-urbani lasciati un po' andare.

Protagonisti i muri, soprattutto. Strutture che restano in piedi, fisse, immobili, erette, stabili, che non cambiano. In questa dimensione più statica, dove il tempo scorre lento, dove i ritmi sono diversi, abbiamo scoperto splendidi disegni che valorizzano gli alberi e che invitano a riscoprire il verde, che ce ne fanno capire l’importanza, per la salute e la mente. Non a caso molte foglie compaiono intorno al capo…

Alberi, eravate frecce cadute dall’azzurro? Che terribili guerrieri vi scagliarono? Sono state le stelle?

(Federico García Lorca)

Il tutto su muri a volte scalcinati: un tratto che rinnova, che ridà vita e vigore a una vecchia parte dimenticata. Il messaggio non ha bisogno di cambiare spesso, le esigenze sono spesso sempre le stesse. I messaggi sociali, poi, da quelli relativi alla prevenzione di una malattia, all’importanza dei vaccini fino a quelli sulla necessità di mantenere la città pulita e che sollecitano e stuzzicano l’educazione del cittadino sull’importanza di farlo, sono eterni.

Quella che chiameremo “pubblicità progresso”, oggi, grazie alla rinascita di tanti spazi dimenticati artisticamente alberati, ha un’altra modalità. Ovunque i muri parlano. Una sola voce, una sola lingua, un solo messaggio. Estesi panorami, a volte grigi e impolverati, vengono interrotti da colori sgargianti e curiosi. Adulti e bambini si fermano ad ammirarli, quasi rapiti. Nelle scuole questi dipinti, con immenso valore educativo, sono e sarebbero importanti; per le strade pure. Nulla di più educativo (e rilassante) dell’enfasi data al verde e all’importanza per ogni città. Colorati, sfavillanti, sorridenti, ammiccanti e simpatici personaggi con tratti fantasiosi invitano a prendersi cura di spazi verdi, fiori, piante e giardini. Li avvolgono con tenerezza, cura e educazione. Ci chiedono di (ri)pensare con una testa verde, di far fiorire peonie, rose o margherite fra i capelli ondulati, di abbracciare magnolie, cespugli e liane. I bambini (ma non solo) ne restano interessati, affascinati e colpiti. Se li ricordano. Come chiare e precise “idee con intorno linee”.

La frase più bella che ricordo nella mia vita l’ha detta un bambino quando parlava di un disegno: “Che cos’è un disegno? È un’idea con intorno una linea”.

(Bruno Bozzetto)

Un modo intelligente di attirare l‘attenzione e comunicare il verde. Quello bello. Rivalorizzando dettagli e angoli dimenticati. Noi siamo più veloci delle foglie, forse, e, spesso disattenti e distratti anche per questo, ma quei bei disegni educativi potrebbero stare davvero molto bene anche sui muretti dei nostri giardini e in mezzo ad alcune delle nostre strade rumorose, distratte, frettolose e affollate. Anche per riprendersi il tempo. Perché fugit interea, fugit irreparabile tempus.

Pensa che in un albero c’è un violino d’amore. Pensa che un albero canta e ride. Pensa che un albero sta in un crepaccio e poi diventa vita.

(Alda Merini)