Abbiamo chiacchierato con Francesco Liggieri di No Title Gallery, una realtà ormai consolidata per quello che riguarda l’arte e la cultura contemporanea. Abbiamo parlato delle diverse attività di cui si occupano, del sistema dell’arte contemporanea, e dell’ultimo progetto espositivo: This is not a show/Io non sono qui in collaborazione con Venice Art Project.

No Title Gallery si definisce come un progetto culturale che ha lo scopo di promuovere e diffondere l’arte contemporanea. Ci raccontate brevemente la vostra storia, e in che maniera operate concretamente nel settore culturale?

Nel 2011 dopo alcuni discorsi con amici artisti che erano stanchi di proporsi a spazi, gallerie, senza grandi risultati, mi sono detto: perché non provarci? Così è nata in breve l’idea che ha preso forma nel 2012 con il nome di No Title Gallery. In poco meno di sette anni abbiamo realizzato 21 eventi in giro per l’Italia, tra spazi Arci, gallerie d’arte, project room, etc. proponendo artisti e mostre sperimentali e di qualità ogni anno. Nel concreto siamo un gruppo di professionisti che mettono a disposizione dell’arte e degli artisti il proprio background costruendo insieme un percorso che sfocia poi in un evento o mostra gratuita per tutti.

No Title Gallery propone anche iniziative per artisti e futuri professionisti del settore culturale (da concorsi e workshop) e offre servizi di consulenza personalizzata nell’organizzazione di eventi culturali. Ci raccontate da cosa nasce questa esigenza e come organizzate queste attività?

Questa esigenza è nata dopo la pausa che abbiamo fatto tra il 2017 ed il 2020. Venivamo da sette anni impegnativi e pieni di soddisfazioni ed era fisiologico fermarsi un attimo, tra l’altro le vite private di ogni membro dello staff stavano prendendo strade diverse (io, ad esempio, mi sono sposato e sono diventato padre), quindi nel 2017 dopo gli ultimi eventi ci siamo fermati. Ne avevamo bisogno. Quando a fine 2020 ho chiesto al resto dello staff chi se la sentiva di riprendere in mano NTG, la risposta per tutti è stata: se riprendiamo dobbiamo fare qualcosa che non abbiamo ancora fatto. Ecco, partendo da qui e da un messaggio recuperato nella nostra chat di Facebook da un nostro follower che ci chiedeva esplicitamente: “Quando riprendete a fare mostre? Perché non fate qualcosa che ci mostri come funziona il vostro metodo di lavoro?”. Da questo messaggio l’idea di ripartire con il workshop su “Come si realizza una mostra?” prima, e poi altri che ne sono nati dopo. Per quanto riguarda l’organizzazione di ogni workshop e concorso la nostra rete di contatti ci permette di attingere ad amici e professionisti che lavorano nel settore e di invitarli a prendere parte al progetto di turno. Per quanto riguarda la produzione invece abbiamo due opzioni o troviamo uno sponsor o usiamo l’autoproduzione.

This is not a show/Io non sono qui è l’ultimo progetto espositivo in collaborazione con Venice Art Project. Com’è nata questa collettiva?

Avevamo la collettiva pronta da quattro anni, ma non riuscivo a trovare un posto che fosse adatto ad ospitarla. Quando quest’anno sono andato a trovare Yasmine Helou che è attualmente la direttrice artistica, ho avuto un’epifania: la collettiva doveva prendere vita dentro uno degli spazi di Venice Art Project. Ne abbiamo parlato con Yasmine che subito dopo aver letto il progetto ne era entusiasta ed eccoci qua.

Valentina Biasetti, Antonio Campanella, Alaa Edris, Wang Jingyun, Paula Sunday sono i nomi degli artisti partecipanti alla collettiva. Cosa ha orientato la vostra scelta?

Con Vale, Tony e Paula c’è un’attività espositiva alle spalle nelle collettive targate NTG importante. Con loro abbiamo realizzato quelle collettive che possono essere definite tra le migliori della storia di NTG. Tutti e tre, ognuno alla sua maniera sono maestri nel realizzare opere così forti e poetiche che mi ritengo fortunato come curatore di averli potuto esporre in così tante occasioni senza mai perdere quella loro qualità che è innata. Alaa Edris invece la conosco grazie ad una Biennale d’Arte di Venezia di qualche decennio fa. Mi mostrò le sue opere e mi ero promesso tanto mi piacquero, che l’avrei portata in una mia mostra prima o poi. Wang invece è stata una bella sorpresa che abbiamo scoperto grazie al nostro bando di concorso per artisti il “We Art Open” di quest’anno. Secondo me Wang ha un talento naturale nel raccontare ciò che lo circonda attraverso installazioni, video e sculture, un artista giovane ma di grande prospettiva.

Generalmente come entrate in contatto con gli artisti, curatori, operatori del settore? Amate l’utilizzo dei social media per fare scouting e creare collaborazioni?

Assolutamente sì! Ormai facciamo tutto ma proprio tutto sul web dalle riunioni alla programmazione (alcuni membri dello staff NTG non sono di, o vivono Venezia) e se penso che siamo per natura un progetto con una sede solo sul web e non fisica lo trovo anche una cosa normale. Il web prima ed i social dopo permettono di lavorare e scoprire artisti, professionisti del settore, spazi e gallerie che prima non saremmo mai riusciti a conoscere. Ormai i social sono le vetrine perfette per i professionisti del settore e se penso che basta taggare Hirst su Instagram per avere un suo like o un suo commento, beh, direi che non abbiamo più barriere per arrivare a chiunque se necessario. Nel nostro caso specifico ci piace prima contattare sui social la persona che ci interessa per poi scrivergli una mail per i dettagli, non sempre funziona a volte visualizzano senza rispondere ma fa parte del gioco, ma fino adesso possiamo dire che lo strumento social ci ha dato grandi soddisfazioni.

Cosa ne pensate dell’attuale sistema dell’arte contemporanea?

Nella nostra pausa di tre anni abbiamo imparato a guardare al mercato con più attenzione e ci siamo resi conto che in confronto ad altri Paesi, il nostro mercato non è un mercato di quelli giganti ma uno di quelli di quartiere ed è un peccato perché potremmo veramente diventare grandi ma non ci riusciamo. Le fiere, le biennali, le triennali… tutto quello che fino a qualche anno fa poteva fare la differenza adesso sono démodé, bisogna trovare un’altra strada, altre idee. Credo bisogna ripartire dal basso dalle scuole, ad esempio, mostrare che l’arte contemporanea non è solo per un gruppo di personaggi con molti euro ma che può essere accessibile a tutti. Ma aldilà delle problematiche delle discipline artistiche nelle scuole, credo fortemente che il problema sia da andare ad analizzare nei vari cda delle fiere o dei grandi eventi dove spesso non ci sono figure culturali ma solo economiche e così facendo si va a perdere molto. Forse un giorno ci riusciremo a capirne la differenza.

Un breve tweet per raccontare la mostra This is not a show/Io non sono qui a chi ancora non l’ha visitata.

This is not a show/Io non sono qui è una collettiva che parla di quel conflitto che alberga in tutti noi e che attraverso le opere in mostra porta ad un’escursione all’interno di frammenti di vita e di mondi dove possiamo incontrarci.