Da più di tre lustri mi occupo di arte e studio la vita degli artisti per tenere poi le mie lezioni. Ma, occupandomi di artisti del passato debbo accontentarmi di quanto ci hanno lasciato come testimonianze e lettere, biografie, documenti del tempo o descrizioni di persone che li hanno conosciuti: sempre soggettive, però.

Di altri non ho notizie dirette e devo far ricorso alla mia immaginazione dai pochi dati conosciuti. Ritengo fondamentale indagare la personalità dell'artista, che è profondamente legata e inscindibile dall' opera. È stato detto in psicologia che ogni opera artistica è un autoritratto, un racconto autobiografico.

Intervistare un'artista contemporanea, di cui conosci le opere, permette una conoscenza più approfondita e finalmente io posso guardare negli occhi, osservare e cercare di capire l'artista: nei confronti di Anna Caruso poi è particolarmente piacevole oltre che interessante, perchè ho di fronte una giovane donna, molto attraente, dotata di fascino femminile e di una vivacità intellettiva che le fa onore. Anna non è solo un'artista, ma una persona colta e raffinata che in questi anni è riuscita a far parte dell'ambiente artistico milanese, non facilmente accostabile, piuttosto chiuso, a pieno titolo.

È stimata ed apprezzata, perchè oggi, ad un'artista donna si richiede non solo bravura, cultura, capacità tecniche, ma anche una personalità in grado di relazionarsi e muoversi con disinvoltura nel sistema dell'arte: e non è facile.

È necessario conoscere le persone giuste, quelle che contano, quelle influenti, partecipare agli eventi utili, essere in grado di muoversi in un ambiente che lancia continuamente sul mercato nuove proposte, nuovi artisti, perchè l'intento dei galleristi e curatori è di cogliere la novità della freschezza creativa. Oggi è stato detto quasi tutto nel campo dell'arte, si è arrivati a stupire fino all'inverosimile, all'inaccettabile. Quindi spesso la situazione di un artista che si affaccia con una nuova proposta è accolta con interesse e il giovane artista entra nel mondo dell'arte gloriosamente, si sente apprezzato, pensa di aver intrapreso una carriera, quella che sogna per sé. E qua sta il punto di non ritorno: ce la farà a rimanerci in quel mondo particolare, o entrerà a far parte della schiera degli artisti che stazionano alle vernici, scontenti, poco apprezzati, con in mano un bicchiere colmo, senza mai brillare veramente, senza decollare?

Bisogna sapersi muovere, sfruttare le occasioni giuste, continuare a studiare ed essere fedeli al proprio stile acquisito. Trovare il proprio stile, la propria personalità artistica, aiutarla a crescere, a maturare, farle compiere quel magico circolo che porta all'apice della creatività e che per alcuni si arena ad un certo punto, per altri declina e che per pochi continua a dare frutti.

Ma accanto ad essa, poiché si deve far parte del “sistema dell'arte” per esserne inseriti, farne parte attiva, si deve possedere una personalità completa come quella di Anna Caruso.

Intanto, accanto alla cultura, è necessaria una attenta analisi del sé, una riflessione approfondita sul significato del personale e dell'universale. Una seria, magari spesso sofferta ricerca dei meccanismi personali, di quelli sociali, uniti alle capacità tecniche e manuali. E, naturalmente, il “savoir faire” e il fascino personale nei rapporti umani. E non è poco...

È indiscusso che bisogna conoscere l'arte, gli stili, le correnti, i movimenti del passato e contemporanei e trovare la propria strada. Anna Caruso dichiara di collocare la propria ricerca a metà tra figurazione e astrazione.

Ciò che mi ha sempre colpito quando visitavo le sue personali, era quel senso di spaesamento che mi procuravano: linee geometriche, ma poi la figurazione, sempre in parte celata e di sapore antico. Leggevo i titoli per capirci di più: i titoli delle opere di un artista sono sempre un'opera d'arte a sé. Dicono molto, ti raccontano di molte altre storie, ti trasportano in altri momenti, altre situazioni, altre posizioni. Ti fanno pensare. Allora ritorni ad osservare con attenzione l'opera, ti pare più interessante, ti rendi conto che a monte c'è un profondo contesto intellettuale.

È vero che le sue opere sono sempre molto equilibrate, che continuano a crescere con lo stesso stile, ma con una maturazione crescente, ma è anche vero che ti spiazzano sempre, perchè sono aperte, non terminano quando lo sguardo si allontana. Continuano a lavorarti dentro.

Così come l'artista non smette di interrogarsi nel crearle, così anche il fruitore percepisce questo sospeso, questo divenire, sente quanto è vicino alla realtà stessa, sempre sul punto di mutare.

Le sue opere non sono mute, non ti chiudono in un giudizio, in un parere. Ti fanno pensare... e oggi il pensiero e la riflessione sono fuggevoli, sfuggenti.

Troppo impegnati come siamo sempre a fare altro, due o tre cose alla volta. Riflettiamo poco. Ma quando un'opera riesce a catturarti, quando ti dice qualcosa, quando ti fa aprire interrogativi è una grande opera che apprezzo. Perchè nulla è veramente definitivo e l'arte è ciò che vi è di più indefinito, inafferrabile, sfuggente... coglierla, anche solo per un attimo è un grande privilegio.

Ho posto delle domande ad Anna: le sue risposte sono state di una precisione e precisazione tale che ve le offro così come sono, augurandovi di poter avere il privilegio di apprezzarle dal vivo.

Presentati liberamente.

Mi chiamo Anna Caruso e sono un'artista visiva. Dipingere per me significa riflettere sull'identità umana, sui meccanismi di ricreazione della nostra memoria e su come la percezione del tempo definisca chi siamo, in senso individuale e universale. Percezione e pittura sono strettamente connessi sia con la mia vita, sia con il dialogo che intendo instaurare con l'osservatore: le mie installazioni inducono un viaggio alla scoperta dello specchio che riflette la nostra invisibilità. Ogni libro, ogni conversazione, ogni singolo viaggio, film, suono e attimo di solitudine, confluisce all'interno del mio lavoro, in continua evoluzione e manipolazione.

Da bambina cosa disegnavi? Conservi qualche disegno?

Disegnavo tantissimi soggetti diversi e avevo sempre una matita o un pennarello in mano. Mi piaceva costruire interi mondi con la carta: ritagliavo, incollavo e manipolavo la carta per creare oggetti che si dispiegavano in mondi complessi, all'interno dei quali passavo ore a giocare. Erano mondi costruiti con le mie mani e che cambiavano spessissimo. Non c'era un soggetto preferito o che prevaleva rispetto agli altri, ogni volta si aggiungeva qualche dettaglio che avevo immaginato o inventato. Le costruzioni sono tutte perdute, ma mia madre conserva ancora qualche disegno dell'epoca.

Quando hai scoperto l'importanza del mondo dell'arte?

Già durante gli anni dell'Accademia (indirizzo Pittura e Restauro Pittorico) mi sono accostata al mondo dell'arte, ma è stato negli anni successivi che ho veramente iniziato a farne parte, a capirne le dinamiche, ad accettare di partecipare attivamente al sistema e alle sue regole.

Come ti sei avvicinata all'arte dopo la laurea?

Durante gli anni accademici sperimentavo i primi progetti, cercando il mio stile e analizzando ciò di cui volevo parlare. Erano anni di sperimentazione e di tentativi, come tutti gli anni di studio. Dopo la laurea ho trascorso tre-quattro anni a sperimentare ancora, sia con la fotografia, sia con la pittura e poi in modo naturale ho trovato i fondamenti della mia ricerca e del mio stile.

C'è un rapporto tra ciò che sei e ciò che dipingi?

Ogni opera è un autoritratto in chiave universale.

Che cosa ti ha spinta a scegliere i soggetti e le tematiche che crei? Di quali significati vuoi caricarli?

Mi interessa moltissimo l'indagine dei meccanismi di ricreazione della memoria collegati al trascorrere del tempo e alla percezione dello stesso e come tutto influisca sulla realtà della nostra identità individuale e universale.

Colloco la mia ricerca pittorica a metà tra figurazione e astrazione. Non è il luogo specifico ad essere rilevante, né la presenza umana a definirne la sostanza. L'intera rappresentazione, piuttosto, oscilla fra il mistero che sottende la nostra inadeguatezza e il timore sottile - talvolta ossessivo - di un destino comune cui siamo tutti votati.

I temi affondano le radici in vicende autobiografiche, manipolando ricordi disconnessi e consapevolezze attuali, delineate nelle figure dei soggetti, spesso tagliati, moltiplicati e iscritti nel contesto, a suggerire la falsità di una memoria imprecisa.

La parte dipinta, organizzata in un tessuto figurale destrutturato e giocato sullo spaesamento dei segni e dei significati mentali, si contrappone allo spazio assente della tela bianca, che resta una predominante in cui - ancora una volta - l'osservatore deve muoversi in autonomia.

Il dialogo con lo spettatore, infatti, è parte integrante dell'opera, specialmente per quanto riguarda le installazioni. In esse viene richiesto uno sforzo partecipativo e cognitivo al pubblico, che viene lasciato libero di interagire con lo spazio reale e lo spazio costruito del lavoro stesso.

Le velature e le sovrapposizioni di livelli pittorici, infine, creano una visione simultanea che allontana chi guarda dal fulcro dell'azione, affinché nulla sia reale e definitivo, ma tutto passi attraverso il filtro personale della rielaborazione per moltiplicarne i significati.

Il ruolo dello spettatore è sempre più importante nel mio lavoro, così come anche l'installazione che è, per me, una pratica pittorica.

Come nel cinema si usa la tecnica del montaggio delle attrazioni, così io lavoro su diversi livelli e piani sovrapposti, frammentando e ricostruendo, scomponendo e separando le immagini per creare qualcosa di diverso.

Negli ultimi due anni ho ampliato la mia indagine confrontandomi con l'installazione, creando ambienti immersivi nei quali lo spettatore era invitato ad attraversare letteralmente l'opera e a cambiare la propria percezione dello spazio reale e dello spazio dipinto.

Alcune di queste opere hanno avuto una durata specifica e limitata: pensare e progettare qualcosa che abbia un tempo di vita limitata mi ha posta in un'ottica completamente diversa e nuova. Questa prospettiva mi interessa moltissimo e sta cambiando il mio modo di approcciarmi alla pittura.

Per me l'installazione è una pratica pittorica e una ricerca sulla percezione e sul dialogo con lo spettatore, che rimane un elemento fondamentale in tutto il mio lavoro.

A chi ti ispiri nelle tue opere?

Artisti, autori, testi, cinema e letteratura entrano nel mio lavoro così come nella mia vita. Leggo moltissimo e trascrivo tutti i passi più interessanti per me e la stessa cosa la faccio quando guardo una mostra, viaggio, sono a teatro o al cinema. Non c'è un singolo artista o un autore in particolare che mi ispiri: lo considero più un flusso di arte, scienza, fisica, musica e cinema. Tutto può confluire senza esserne del tutto consapevole.

Che rapporto c'è tra le tue opere e i titoli che dai loro?

I titoli sono parte integrante dell'opera. Ogni frase diventa un dettaglio dipinto, un pezzo della storia o una sua negazione. Non posso concepire il mio lavoro separato dai titoli. A volte nasce prima un titolo, poi un dipinto, a volte succede il contrario, ma restano indissolubili. Per me i titoli hanno lo stesso valore di una pennellata sulla tela.

Quanto c'è della tua vita personale nelle tue opere?

Tanto, ma non in senso aneddotico. Non ci sono pezzi o eventi e dettagli, quanto invece l'essenza e la riflessione continua.

Cosa pensi dell'arte contemporanea? E del mondo dell'arte?

Sono due cose leggermente differenti. Il mondo dell'arte è il sistema nel quale è necessario vivere e nel quale confrontarsi per essere a pieno titolo un “addetto ai lavori”. L'arte contemporanea riguarda tutta la purezza, la comunicazione e l'espressione artistica degli artisti di oggi.

Come ti vedi tra vent'anni?

In continua evoluzione. Mai ferma.

Pensi che sia più facile o più difficile per una donna oggi entrare nel mondo dell'arte?

Difficile. Abbiamo ancora molta strada da fare, come umanità, per riuscire ad arrivare ad una parità di genere ed uguali opportunità. Alla donna sono richiesti più sacrifici, più competenze, più sforzi, affinché possa dimostrarsi degna di far parte del mondo dell'arte. Sicuramente è più facile rispetto a cinquant'anni fa, e molte delle artiste donne influenti oggi lo dimostrano, ma il percorso, non solo europeo ed americano, è ancora lungo.

Come vedi l'attuale mondo dell'arte italiano? E quello estero?

In crescita, ma sicuramente diverso da quello estero, dove un artista anche giovane può confrontarsi con grandi istituzioni museali.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sto lavorando a diversi progetti che vedranno luce nel 2022, in due gallerie italiane e un altro progetto per gli Stati Uniti. Nel frattempo, sto portando avanti la mia ultima ricerca che verrà declinata in un 'altra mostra. Dopo l'arresto forzato dovuto alla pandemia, non si può non ricominciare con tante novità!

Biografia

Anna Caruso è nata a Cernusco sul Naviglio (Mi) nel 1980. Ha studiato Pittura e Restauro all’Accademia di Belle Arti di Bergamo, dove si è diplomata nel 2004. Lavora con gallerie italiane e straniere, tra le quali Anna Marra Contemporanea di Roma, lo Studio d'Arte Cannaviello di Milano e la Thomas Masters Gallery di Chicago. Tra le mostre personali più recenti si ricordano La casa intorno al vaso, a cura di Davide Dall'Ombra, presso Casa Testori (Novate Milanese) nel 2019 e The Third Memory presso la Thomas Masters Gallery di Chicago nello stesso anno. Nel 2016 ha esposto in altre due importanti personali, Sillabari di Goffredo Parise, a cura di Flavio Arensi, presso lo Studio d'Arte Cannaviello e Sei se ricordi, a cura di Arianna Baldoni e alla mostra Paesaggi Liquidi presso Palazzo Appiani di Piombino. Numerose sono le mostre collettive in diverse gallerie italiane ed estere tra cui Spazio 22 (Milano), Galerie Michael Schultz (Berlino), Esentai Gallery (Almanty), Villa Reale (Monza).

Nel 2015 viene invitata alla quinta edizione del Premio Fabbri “Un secolo di Amarena”, nel 2014 vince il Premio Speciale “Gioco del Lotto” al settimo Talent Prize ed è tra i finalisti del Premio Lissone 2014, del Premio Terna 06 e dell'ottavo Premio Arte Laguna, nel 2013 è finalista al Premio Arte Mondadori, al quarto Premio Combat e al Premio Bonatto Minella.

Vive e lavora a Milano.