Dopo il successo newyorkese nell’abitazione americana della sua testimonial di fama internazionale Ivana Trump e in seguito all’esperienza di Miami; la mostra milanese di Giovanni Perrone si palesa davanti ai nostri occhi ricca di nuovi spunti e di un percorso cromatico di maturazione, emancipazione artistica avvenute nel corso dell’ultimo anno della sua produzione.

Le opere selezionate dal curatore della mostra personale sono decisamente ascrivibili a due periodi ben distinti del suo fare arte: Il primo, quello dell’ eccesso dell’ istinto dove il gesto nervoso abbozza la figura intrisa di linee spezzate simili ad un respiro infranto. Il disegno è spezzato, istantaneo e pieno di emozionalità; quasi a voler trasmettere un forte disagio interiore frutto di delusioni e di sofferenza che fanno capolino sulla tela.

Il secondo, invece, dove le tele sono disegnate di una figurazione meno scultorea ma più introspettiva, i toni sono volutamente più desaturati con bianchi, neri e conseguentemente virano alle sfumature di grigio.

La foglia d’oro si affaccia e adorna le donne diafane e meste; i volti sono caduchi e meno intonsi, come se il profondo desiderio dei personaggi rifranti non fosse più quello di urlare il proprio dolore ma di chiuderlo nella propria anima. In modo silenzioso e decisamente meno plateale. Una volontà inconscia di rifrangere la mutevolezza dell’animo umano e dell’artista al contempo.

“Hominis imago” altro non è se non la rappresentazione delle figure - con la tecnica pittorica e con quella scultorea - dei ritratti del vivente umano, uomo o donna che sia. E’ la nascosta verità della paura di soccombere che può essere stigmatizzata, depotenziata grazie al potente ausilio dell’Arte.

Mostra curata da Massimiliano Bisazza.