Intanto voce fu per me udita:
Onorate l’altissimo poeta;
L’ombra sua torna, ch’era dipartita.

(Inferno, IV, vv. 79-81)

Questa è la scritta che campeggia sul candido marmo del sepolcro di Dante nella chiesa di Santa Croce a Firenze. Lui, ritratto con fare sdegnoso, dentro non c’è. Le spoglie mortali sono a Ravenna, nel tempietto neoclassico realizzato nel 1780 dallo scultore ravennate Camillo Morigia (1743-1795) accanto alla chiesa di San Francesco, nel porticato dove è stato sepolto appena morto.

Nel corso di sette secoli, “l’altissimo poeta” è stato ammirato, citato, imitato come il vertice enciclopedico, politico, mistico, ma anche eretico ed esoterico della poesia di sempre.

Protagonista di un poema che è individuale e contestualmente di tutti gli uomini, creatore di una lingua scolpita e di immense visioni, Dante appare personalità di statura gigantesca nel descrivere straordinarie figure, soprattutto nella Commedia, che oltrepassano il simbolo facendosi piene di vita.

Eppure il personaggio è figura complessa, di difficile interpretazione e bisognosa continuamente di nuove indagini. È da riscoprire il vero volto di questo poeta e uomo profondamente calato nelle vicende dell’età comunale e proiettato verso universali valori di giustizia, animato da una fede cristiana esigente ed ardente.

L’onore di aver dato il via al culto dell’Alighieri spetta a Giovanni Boccaccio (1313-1375), sia con le Esposizioni sopra la Commedia di Dante, cioè i commenti alla Commedia tenuti nel 1373 nella chiesa di Santo Stefano di Badia a Firenze, che con l’agiografico Trattatello in laude di Dante del 1350, opera nella quale presenta quel ritratto fisico-morale del Genio che entrerà nell’immaginario collettivo: naso aquilino, espressione severa, camminata curva.

Dante nell’arte

L’iconografia dantesca si basa, come accennato, sulla descrizione dello scrittore di Certaldo; tuttavia, già nel Trecento sono individuabili almeno tre ritratti dell’Alighieri a Firenze. Il più antico conosciuto è stato realizzato da Giotto che ritrae il volto del poeta includendolo tra le schiere degli eletti nel Paradiso all’interno della Cappella della Maddalena al Bargello; realizzato nel 1300 circa è considerato il ritratto probabilmente più vicino alla reale fisionomia di Dante giovane.

Il secondo ritratto è di anonimo, realizzato nel 1336 circa raffigura il poeta di profilo, con volto bruno, allungato, naso affilato ma non aquilino, si trova nella sala grande del Palazzo dei Giudici dei Notai.

Abbiamo, infine, l’effigie di Nardo di Cione del 1350 circa (Cappella Strozzi, Santa Maria Novella), con il poeta invecchiato e dal profilo più marcato.

Dal Trecento l’iconografia oscilla fra la rappresentazione di un Dante teso e severo a quella di un uomo più sereno e giovanile, con prevalenza tuttavia della prima nell’immaginario collettivo. In genere il poeta viene raffigurato sbarbato, con cuffia in testa, abito lungo rosso e un libro in mano.

Così appare nella tavola celebrativa nel duomo di Firenze di Domenico di Michelino (1465), nel ritratto di Sandro Botticelli (1495, Ginevra, Collezione privata), in quello di Luca Signorelli a Orvieto (Duomo, Cappella di San Brizio, 1499-1504) e nell’affresco di Andrea del Castagno (1450 circa) che raffigura Dante all’interno del Ciclo degli uomini e donne illustri nel Cenacolo dell’ex convento benedettino di S. Apollonia a Firenze. L’affresco staccato si trova ora agli Uffizi ed è stato recentemente restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure.

In questa direzione si pongono la tavola del Bronzino (1541 circa, Washington, National Gallery of Art) di stampo allegorico e quella di Giorgio Vasari (Minneapolis, Institute of Art, 1544), a riprova di un modello consolidato che si ripete ancora oggi.

Nei secoli XIV e XV le miniature accompagnano i testi come, ad esempio, quelle del senese Giovanni di Paolo (1438-1444), dove Dante veste in azzurro ed è citato pure nella sua tavola del Giudizio universale (1465, Siena, Pinacoteca Nazionale) o nelle 94 incisioni di eleganza spirituale del Botticelli (1490 circa), oggi conservate a Berlino e nella Biblioteca Vaticana, un capolavoro unico.

Il grande secolo dell’iconografia dantesca è tuttavia l’Ottocento, quando gli artisti si sono soffermati su singoli episodi della Commedia. Tra questi Eugène Delacroix, Henry Holiday, Alexander Cabanel, Gaetano Previati, Giovanni Mochi, Raffaello Sorbi.

Sempre nel XIX secolo spiccano inoltre le illustrazioni “metafisiche” di William Blake (1824-1827); le celebri e assai diffuse incisioni romantiche di Gustave Doré (1861-1868); la gigantesca scultura in bronzo incompiuta La Porta dell’Inferno di Auguste Rodin (1880-1917).

Nel Novecento risultano significative le opere di Salvador Dalì (1950-1959), Alberto Martini (1922-1944), Robert Rauschenberg (Inferno, 1958-1960), Renato Guttuso (1950-1970), Aligi Sassu (1986), Achille Incerti (1968), Agostino De Romanis (Dante e Beatrice, 1997) e le più recenti illustrazioni di Gabriele Dell’Otto (2019).

La mostra Dante, il visionario e il mito

Dalla morte di Dante Alighieri (14 settembre 1321) sono trascorsi settecento anni; eppure, le tracce della sua opera restano vivide nel nostro immaginario collettivo e nella nostra lingua, frutto di un pensiero che ancora oggi continua a parlarci.

Simbolo della cultura italiana nel mondo, padre della lingua italiana, nonché fonte inesauribile di ispirazione fino ai giorni nostri, il Sommo Poeta viene celebrato con numerose iniziative: conferenze, concerti, performance, video.

Molte sono anche le mostre che esaltano l’evento, allestite soprattutto nelle tre città dantesche, Firenze, Verona e Ravenna, ma anche in altre città come Forlì e Roma.

In occasione del VII centenario della morte di Dante anche Liceo Artistico Statale “Giulio Carlo Argan” di Roma, consapevole del profondo legame tra produzione letteraria del poeta e l’Istituto che nei suoi programmi didattici ne approfondisce la figura e l’opera nella sua dimensione spirituale, religiosa e artistica, ha programmato la mostra Dante, il visionario e il mito.

Il centenario dantesco diventa così nuova occasione per approfondirne il percorso di conoscenza e studio dell’Alighieri, che consente di avviare un progetto di mostra che intende, con l’ausilio di opere artistiche pittoriche, scultoree, grafiche, architettoniche, di design realizzate dagli allievi, approfondire esperienze, aspirazioni, contraddizioni, universalità del poeta fiorentino che nella sua vita e produzione ha instancabilmente ricercato la verità ponendo riflessioni sul senso dell’esistere. La mostra collettiva, ideata dal dirigente scolastico Nicola Armignacca, è stata inaugurata alla Fondazione Pastificio Cerere di Roma il 10 gennaio 2022 inserendosi nella programmazione delle celebrazioni dantesche e affermandosi come l’evento più significativo dell’anno scolastico in corso.

L’evento indaga il mito e la fortuna del poeta e della Commedia con l’obiettivo di approfondire due precisi fulcri tematici. Il primo riguarda il rapporto con la letteratura, il secondo, strettamente connesso al precedente, con l’arte. Su entrambi i temi si fonda la fisionomia dell’esposizione e del relativo catalogo pubblicato da Timia edizioni.

La mostra è stata progettata per consentire livelli di lettura differenziati, rivolgendosi al grande pubblico e contestualmente agli studiosi; articolato in due sezioni annovera alcuni contributi letterari elaborati da illustri dantisti e l’esposizione di oltre 40 opere eseguite dagli allievi. Ricostruisce quindi, probabilmente per la prima volta, in modo originale e unendo le competenze di studiosi di discipline diverse, varie dinamiche. Si tratta di un episodio unico nella storia dell’arte e della letteratura italiana, da cui dipendono le modalità con cui Dante è giunto fino a noi.

La collaborazione tra Liceo Argan e Fondazione Pastificio Cerere è stata fondamentale per la buona riuscita della rassegna, ed è stata inoltre un’occasione formativa per svariati allievi impegnati nel progetto.

La mostra Dante, il visionario e il mito ripropone la figura del Genio e il viaggio che ha compiuto, nella sua Commedia, nell’aldilà, dando vita a una particolare rilettura della poesia dantesca ma anche del nostro tempo, facendo dell’Alighieri “un nostro contemporaneo”.

Molte opere hanno interpretato il poeta: un uomo in esilio, che soffre, ama, prega, un cristiano che attacca il potere e addirittura il pontefice. In particolare, a colpire la fantasia dei giovani artisti è stata Beatrice Portinari e la sua morte a soli 24 anni che per giorni e notti farà piangere Dante fino a quando prometterà agli amici “scriverò qualcosa di grande in suo onore e tutta Firenze lo dovrà leggere”.

Molti sono i dipinti che trovano fonte di ispirazione nei ritratti antichi dell’Alighieri, tra questi quelli straordinari di Andrea del Castagno e Sandro Botticelli, che hanno influenzato la cultura visiva delle recenti generazioni di artisti.

Nei dipinti non mancano i demoni dell’Inferno, la Luce divina del Paradiso e neppure i personaggi leggendari della Commedia: Farinata degli Uberti, Pia de’ Tolomei, Paolo e Francesca, Ugolino della Gherardesca, Uguccione, Pier delle Vigne.

Tutti i giovani artisti impegnati nell’evento hanno trovato in Dante una sorta di guida, lui che era stato guidato da Beatrice e Virgilio, approdando con le loro opere all’empireo tra beati e santi che richiamano il 33° canto, l’ultimo del Paradiso e dell’intera Commedia. L’esperienza vissuta ha trasmesso loro, ma anche a noi osservatori, l’evocazione salvifica dell’ultimo verso della Cantica:

… e quindi uscimmo a riveder le stelle.