Jacopo con Ilaria scolpì l’Italia
perduta nella morte, quando
la sua età fu più pura e necessaria.
(Pier Paolo Pasolini)

Momenti intensi, per eventi irripetibili che lasciano sorpresi ed emozionati. Arte, musica, poesia coniugati alla storia e alla cultura sono gli elementi che, riuniti insieme, creano un mood unico, vanno al cuore dei visitatori, ne solleticano le corde, e questo insieme, dati anche i tempi difficili, può essere solo concepito da un mecenate che offre ai convenuti la bellezza di un gioiello ritrovato, la chiesa di San Francesco a Lucca, complesso monumentale reso alla città dopo lunghi e attenti restauri; la città riconquista i suoi spazi nobili, li mette a disposizione dei suoi abitanti, li fa "fruttare" in termini economici e culturali.

Un programma ricco di suggestioni: la poesia della musica di Verdi interpretata da una delle orchestre storiche italiane, quella del Teatro di San Carlo di Napoli, diretta da Nicola Luisotti; l’intensità di Giancarlo Giannini che, insieme allo storico Franco Cardini, ha raccontato la storia di San Francesco, il "poverello d’Assisi"; la Divina Commedia trascritta in forma di musical da Marco Frisina; il confronto tra alcuni grandi uomini di cultura del nostro tempo, che discutono del rapporto tra simboli, arte e religione. In questo contesto d’arte aleggia lo spirito di Ilaria del Carretto, la moglie di Paolo Guinigi, famosa in tutto il mondo per il monumento funebre dedicatole da Iacopo della Quercia e i cui resti furono ritrovati proprio in San Francesco, in occasione dei restauri.

Ed ecco che, in questo contesto fatto di arte ad altissimi livelli che esalta il senso del bello, scompagina le carte un artista lucchese, Roberto Baronti, irriverente ma non banale, estroso ma non per questo meno attento, moderno nella sua particolare tecnica ma rispettoso del soggetto, del luogo, del tempo. Si tratta di un metodo artistico innovativo da lui ideato, la scanner-art, la tecnica dello scanner, che si bilancia tra immagini e pittura, traducendo la realtà attraverso la scansione dei dettagli che compongono l’insieme. Un esempio di come un semplice strumento da ufficio possa assumere diversa destinazione d’uso, diventando arte ed elevando la sua funzione a interprete della realtà. Come una macchina fotografica, ma diverso dall’istantanea, lo strumento nelle mani dell’artista entra a contatto direttamente con l’oggetto ritratto, che viene “fermato” per pochi secondi e sottoposto al passaggio della luce.

«La mia tecnica, che consiste nell’usare lo scanner come una macchina fotografica – spiega Baronti – mi porta a un contatto diretto con l’oggetto che vado a ritrarre». In questo modo vengono impresse immagini, ma anche emozioni, come a voler raccogliere tutti quei dettagli che da lontano, o in un attimo, non si ha il tempo di percepire e restano sottovalutati, ignorati. Il risultato, mai uguale, mutevole alla percezione della luce e dei colori, ha il sapore di un gioco, magico e inaspettato. E come tutti i lucchesi, ma anche tutto il mondo che ama l’arte, Roberto Baronti è innamorato di Ilaria e ripercorre con attenta sensibilità il lungo sonno della bella Guinigi. La sua sembra quasi una attesa, quasi la volesse preservare dal tempo, un concetto vivo e moderno, un’immagine ancora più sofisticata, coinvolgente ed emozionante, che coglie tutte le sfaccettature, emoziona, è come se il suo fosse un ulteriore contributo a rafforzarne l’immagine, per un riferimento a un sofisticato concetto di elaborazione delle immagini del meraviglioso sarcofago che Jacopo della Quercia realizzò per lei, eternandone l’immagine nei secoli.

Ed è il destino di Ilaria del Carretto, questo suo sonno che dura da 600 anni, quello di essere amata da artisti, poeti, scrittori, citata da Pier Paolo Pasolini, Quasimodo, D’Annunzio, Vittorio Sgarbi, di un amore che la esalta, la rende viva, quasi umana, nella sua sfolgorante bellezza, testimone di un tormento d’amore di un compagno lasciato troppo presto, e la sua dolcezza che rende dolce anche la morte, quasi rassegnata ma senza paura. L’opera più bella di Jacopo della Quercia ispira l’artista lucchese che crea un'opera ulteriore nell’opera d’arte, quasi a preservare la serenità del messaggio rendendolo ancora più vero, scompagina letteralmente le carte, il concetto di arte, la letteratura, le poesie, i critici d’arte, le parole.

La sua è un'osservazione, una critica muta, lo specchio della filosofia del suo concetto avanzato dell’arte, la sua multimedialità è come l’affermazione di un brand, le sue idee, le sue passioni, i suoi gusti sono raccontati in questo tributo ad Ilaria, a una donna vera, e non ci sono più i segni della storia, gli ornamenti, i fregi, i putti e i fiori, la ghirlanda e le vesti, le mani, i nastri, l’immagine fedele dell’amato cane, il tormento eterno di un compagno, tutto quello che in 600 anni ci ha raccontato questa opera stupenda, ma c’è solo l’eterno romanzo d’amore di un uomo che ama una donna e l’aspetta... la resistenza al tempo effettuata dalla forza dell’arte... non si sa quanto dovrà attendere, ma ha la certezza del suo ritorno.

Roberto Baronti
Roberto Baronti nasce a Lucca nel 1954 e dopo gli studi d’Arte presso il DAMS di Bologna approda in Marocco, dove lavora alla produzione di complementi d’arredo fino agli anni 2000. Proprio in Marocco continua la sua ricerca pittorica e nel 1993 espone nella galleria di Musthpha Blaoui a Marrakech. Lasciato il Marocco continua a lavorare, fino a tutt’oggi, come libero professionista nel design e nella ristrutturazione di ville e abitazioni private di pregio. A fianco della produzione da interior designer sta sviluppando, dal 2009, l’originale tecnica della “scanner – art”. Una sua opera è stata presente all’asta benefica del Robert F. Kennedy Center for Human Rights Europe organizzata il 24 ottobre al Maxxi di Roma.

…in questa forma / passa la bella donna e par che dorma
(Torquato Tasso, Gerusalemme liberata, XII, 64-69)