Un tentativo di migliorare la società italiana attraverso l'arte. "Bisogna liberare l’Italia dal peso del suo magnifico passato per dare al paese un nuovo slancio". Potrebbe essere la testata di un quotidiano progressista contemporaneo, in realtà le parole risalgono agli inizi del diciannovesimo secolo e sono state pronunciate dall'artista Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del Futurismo, uno dei più importanti movimenti d'Avanguardia di sempre. "L'Italia dovrebbe seppellire la sua gloria secolare, giacché questa sta soltanto rallentando la sua crescita", “Bisogna fondare una nuova cultura!”.

Era il 20 Febbraio 1909, quando il giovane giurista e poeta italiano proclamò il Manifesto del Futurismo sul quotidiano francese Le Figaro. "Il coraggio, l'audacia, la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia", è una delle affermazioni con cui Marinetti ha voluto donare all'Italia una nuova identità. Convinto dell'idea che il passato culturale e artistico dell'Italia non potesse essere altro che paralizzante, Marinetti tenne conversazioni e discussioni profonde con una serie di amici artisti, con azioni conseguenti piuttosto provocatorie. A partire dal 1910 organizzò le famose Serate Futuriste in tutto il Nord d’Italia, durante le quali annunciava diversi manifesti, esponeva opere d’arte, faceva suonare musica e leggere poesie futuriste, il tutto sperando che la serata terminasse con grande chiasso e tumulto, spesso con l’intervento delle forze dell’ordine.

In breve tempo era nata una nuova tendenza artistica, moderna, provocatoria e politica, così come gli artisti che vi presero parte, che si esprimevano attraverso diverse discipline: pittura, scultura, architettura, design, musica e poesia, per citarne soltanto alcune. Inizialmente ispirati dalle parole stampate, spezzate e ricomposte, i futuristi si fecero rapidamente affascinare dalla meccanica e dalla velocità. La rappresentazione del dinamismo e del tempo occupò un ruolo centrale nella loro ricerca.

Nuovi manifesti furono pubblicati di frequente e divennero le fondamentali guide per definire la creazione artistica, dalla danza fino alla cucina, sotto un nuovo aspetto, rivoluzionario e controcorrente. Il gruppo organizzò mostre, fiere ed eventi, non solo in Italia, ma in tutta Europa. A distanza di oltre cento anni, viene presentata una straordinaria retrospettiva al Museo Guggenheim di New York, la più grande esposizione di tutti i tempi con 79 artisti e più di 300 opere. Fra le tante, citiamo la straordinaria ricerca di Giacomo Balla sulle traiettorie di volo e di movimento nella pittura, gli studi di Umberto Boccioni e Gino Severini per la rappresentazione degli effetti deformanti che il movimento può avere su un oggetto, i dipinti di Marinetti e le poesie visive (Le Parole in Libertà), e i progetti architettonici e visionari di Mario Chiattone e di Antonio Sant'Elia per le nuove città utopiche.

Oltre a essere una mostra spettacolare, che immerge il visitatore in un mondo di potenza e velocità grazie a una sapiente disposizione delle opere d’arte, uno degli aspetti più interessanti è il leitmotiv dei futuristi, "creare un mondo migliore, addirittura ricostruire l’universo, viaggiare in parallelo con l’attuale situazione culturale ed economica dell'Italia contemporanea". Perché, non possiamo nascondere, oggi l'Italia ha urgente bisogno di un profondo rinnovamento.

In un momento in cui la sopravvivenza delle istituzioni e dei musei soffre delle cospirazioni politiche, in cui il progresso tecnologico e la formazione sono inibiti a causa di conflitti d’interesse di natura politica, in un momento in cui la generazione più giovane non può fare altro che farsi sentire attraverso azioni provocatorie, sì, in questi tempi le parole del Manifesto del Futurismo sono di grande attualità, addirittura chiaroveggenti. Si potrebbero udire anche oggi per le strade di Roma queste parole: "La letteratura esaltò fino ad oggi l'immobilità pensosa, l'estasi ed il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno". Oppure si potrebbero udire queste parole uscire dalla bocca di un attore del Teatro Stabile di Torino: "Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d'ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica e utilitaria".

E perché no, in tempi di manie per le diete, si potrebbe anche promuovere una propaganda contro la pasta. Questa, infatti, era considerata dai futuristi non solo come nociva alla salute, in linea con i modelli delle diete senza carboidrati di oggi, ma anche come un elemento reprimente dell'economia nazionale: "La pasta, che ha il 40% in meno di sostanze nutritive della carne, del pesce e delle verdure, lega gli Italiani al proprio paese, come la lana di Penelope al suo sudario. Ricordate, che con l'abolizione della pasta, l'Italia potrebbe sbarazzarsi della dipendenza costosa dal frumento straniero, a favore dell'industria locale del riso".

E infine, si tratta forse di un caso che ci troviamo nel centenario del Manifesto dell'architettura futurista (1914)? In quell’anno i due architetti Mario Chiattone e Antonio Sant'Elia avevano presentato due progetti straordinari: Edifici per una metropoli moderna e Città Nuova. Città utopiche, costruite con materiali innovativi e nuovi processi industriali, con un focus su strutture minimaliste, nuove energie e raffinati sistemi di trasporto. Possiamo chiederci quindi quali saranno i progetti degli architetti milanesi del 2014 per l'EXPO incipiente, i cui temi sono molto vicini alle idee di allora: Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita? Una coincidenza o la prova che il Futurismo Italiano era davvero lungimirante, quasi divinatorio, nel voler riformare il paese per una “Ricostruzione dell’Universo”?