A cinquant'anni dalla precoce scomparsa di Piero Manzoni, Palazzo Reale celebra l'artista lombardo con la mostra Piero Manzoni 1933-1963 che ospita 130 lavori di cui fanno parte fotografie, la serie di Achromes, l'Alfabeto, le Impronte e la celebre e discussa Merda d'artista. Buona parte delle opere esposte provengono da collezioni private ancora poco note al pubblico.

Manzoni è riconosciuto per essere un artista che ama la materia e ama sperimentarla. Lavora sull'evidenza concreta dei dati, volendo catturare in un gesto ciò che gli scorre davanti, per imprimerlo così in una memoria del tempo. La ricerca di ciò che l'artista rappresenta all'interno dei suoi lavori, è libera di indirizzarsi oltre che agli oggetti, anche ai soggetti.

A Palazzo Reale il percorso che attraversa il suo iter ci conduce subito alla serie di superfici rigorosamente monocrome che Manzoni realizza a partire dal 1957, poi riconosciute con il nome di Achromes. Queste superfici saranno ripetute da Manzoni in tanti diversi esemplari, con l'applicazione di materie eterogenee come il cotone, la fibra di vetro e la paglia. L'impulso che lo conduce alla ripetizione continua dei propri lavori, avviene da una parte per esplorare il linguaggio più elementare, e dell'altro documenta la spersonalizzazione che il lavoro vuole raggiungere.

Nel 1960 Manzoni presenta in una mostra a Copenhagen il progetto delle Impronte: l'artista bollì delle uova e impresse su ciascuna le proprie impronte digitali, le 150 uova furono poi offerte al pubblico. L'esperimento consisteva nello studiare come il fruitore si comportasse una volta invitato a ingerire l'uovo. Il mangiarlo avrebbe indicato un modo per entrare in comunione con l'artista, conservarlo invece avrebbe trasformato l'uovo in una scultura artistica, richiamando una connotazione religiosa prossima all'idea di feticcio.

E' il 1961 l'anno in cui Manzoni realizza l'opera diventata più celebre: la Merda d'artista. Quest'opera rappresenta un forte esempio/polemica del pensiero di Manzoni sulla mercificazione dell'arte che stava pervadendo il mercato. All'inizio della sua brevissima carriera, nel 1957, l'artista lombardo dichiarava l'esigenza di "liberarsi dei fatti estranei, dai gesti inutili... per raggiungere quanto è umanamente possibile, le proprie autentiche origini... la coscienza di produrre arte, utilizzando tutti i suoi vettori, che vanno dal corpo della pittura al corpo dell'artista".