Alla nota del fiume si accordò un altro suono. L’uomo con un bastoncino, batteva sul fango secco. Quel rumore ritmico, il pulsare di un cuore, richiamò qualcuno. (Stefano Benni)

Proprio un bastoncino sta all’origine della ricerca artistica tra immagine e suono dell’artista slovacco Milan Grygar. Un bastoncino limen che si fa confine leggero e opaco tra il vedere e l’ascoltare, miccia di un'unione esplosiva tra anime separate ingiustamente.

Era il 1964 e l’artista racconta che mentre stava disegnando, usando uno strumento insolito come un bastoncino intinto nell’inchiostro, si accorse che nel silenzio dello studio il picchiettio e lo sfregamento del legno sulla carta creavano un ritmo elaborato. I passi di danza di quel bastoncini accesero la miccia. L’artista poi registrò intenzionalmente su nastro quei suoni e gli sembrarono interessanti tanto quanto il disegno che avevano generato.

L’arte occidentale ha sempre tenuto separati la vista e l’udito, la poetica di Grygar invece vede l’indissolubile legame sensuale tra essi. La galleria bolognese P420 presenta la mostra personale dell’artista slovacco, e all’interno di essa si possono ammirare gli Acustic Drawings, i Sound Plastic Drawings, Linear Score, gli acquarelli e un paio di video che mostrano l’artista al lavoro.

Proprio da uno di questi video sono rimasta colpita: l’artista stava inserendo bastoncini accesi e bruciati nel becco di uccellini-giocattolo che meccanicamente si alzavano e si abbassavano come quando becchettano. Gli uccellini-giocattolo si spargevano dunque a caso sul foglio lasciando tracce nere di quei bastoncini. Un fare-gioco dunque quello di Grygar che richiama la distinzione kantiana tra Poiesis e Prattein, entrambi termini del greco antico indicante un fare.

La Poiesis però si distingue per il suo alludere a un fare fine a se stesso, un fare non finalizzato, perché il fare e il divenire sono dimensioni e condizioni dell’esistere nel mondo e del mondo. Poiesis che è il fare-poetare del gioco. Un’arte che accade dunque e che contiene la propria linfa vitale nel movimento e nell’azione. Gli Acustic Drawings sono quindi un letto disfatto dopo aver fatto l’amore, sono segni di gesti concreti, di un agire sul foglio, la componente performativa è densa e fortemente percepibile e non bandita allo spazio privato dello studio, perché questi disegni sono atti performativi eseguiti in tempo reale davanti al pubblico.

Grygar, illusionista, mago, musicista e coreografo dei suoi giocattolini a molla inchiostrati, strumenti da disegno insoliti che estraeva da un cappello a cilindro, spettacolarità ludica e caso controllato sono le vallette più sexy di quello spettacolo di magia. Suono e visione, intenzione e caso, azione e traccia, anime complementari pronte e mischiarsi nella poetica dell’artista slovacco. Ma se gli Acoustic Drawings manifestavano visivamente un suono già trascorso e vissuto, a partire dagli anni 1987-68 l’artista esplora una via opposta, inizia così a comporre immagini come partiture dalle quali si potranno produrre composizioni sonore. Ed ecco che in mostra si possono ammirare i Sound-Plastic Drawings e Linear Score, lavori a china su carta, composizioni di linee parallele diritte e curve, disegnate così meccanicamente da sembrare stampe digitali o lavori grafici fatti al computer. A prima vista nessuno sospetterebbe di una manualità così precisa e zen, ma ecco che avvicinandosi si notano discrepanze, le linee cambiano colore, dal rosso al nero, di orientamento e posizione rispetto alla griglia prefissata. Leggere e sordide variazioni, virate impercettibili.

Grygar affida ai musicisti la traduzione delle linee nello spazio cartaceo in suoni nel tempo. La linea come durata corona l’artista eleggendolo a sismografo sensibile di tempo, un tempo che si può vedere e ascoltare, un tempo che diventa suono su carta. Come sottolinea il curatore Simone Menegoi, “La linea – ha affermato l’artista a proposito di una serie successiva e affine a quella dei Linear scores – è un’impronta di energia, un orientamento nello spazio, sulla superficie e anche nel tempo. E’ una durata.”

Le austere criptiche e astratte composizioni geometriche che l’artista partorisce come partiture sono quindi testamenti di un rigore formale assoluto, una linea che è sforzo di precisione che richiede tempo, spazio e metodo. Una linea che si fa cerchio interrotto, o linea diagonale ma scaglionata e quadrettata, che si tinge di rosso o decide di perdersi nel nero. Solo concependo i Sound Plastic Drawings come lavori compiuti dall’artista a mano con la china, si può comprendere l’importanza e il valore simbolico che Grygar dà alla durata, e così al concetto di tempo che è proprio della dimensione sonora. Mi sembra di immaginarlo lì su quella distesa pallida della superficie cartacea, concentrato in ascolto, sempre, di quel silenzio che accade, dando forma al tempo. Linea dopo linea, traccia dopo traccia, per un’archeologia visiva quasi folle e autonoma.

Occorre quindi a nostra volta sostare più di qualche minuto davanti alle composizioni plastiche e sonore dell’artista, per far naufragare la visione in quel campo di battaglia di linee dove tutto è sospeso nella forma dell’eternità. Sono infine esposti in mostra una serie di acquarelli senza titolo piuttosto colorati, dalla pennellata circolare o tozza, breve, intensa larga e ripetuta, ma sempre diversa come un suono. Acquarelli su carta che ribadiscono come il disegno attraverso il gesto e il movimento si unisca e ricolleghi alla dimensione temporale e quindi a quella sonora.

La Langer sosteneva che il suono fosse un simbolo insaturo e che per essere significante e non mero significante vuoto necessiti di un ascolto sensibile; è quindi l’ascoltatore a conferirgli esistenza, quella stessa esistenza minacciata dall’altra caratteristica, quella della fugacità che evoca un vissuto depressivo di caducità. La fragilità del suono quindi può trovare la propria esistenza nel tempo grazie alle tracce che l’hanno generato o alle partiture che lo genereranno: è forse mediante la visione che il suono può diventare vivo nel silenzio di una carta? Guardate per ascoltare, ascoltate per vedere.

Sono arrivato alla conclusione che ciò che prevale nel mondo è la correlazione: il suono è connesso alla visione, e la visione non può esistere senza suono. Tutto ciò che un essere umano fa è connesso: i fenomeni visivi e acustici sono complementari.
(Milan Grygar)

Galleria P420

Piazza dei Martiri 5/2
Bologna 40121 Italia
Tel: 051 4847957
info@p420.it
www.p420.it

Orari di apertura

Da Mercoledi a Venerdì ore 15.00 - 19.30
Sabato ore 9.30 - 13.30 e 15.00 - 19.30
Altri giorni solo su appuntamento

Il prossimo appuntamento è per il 12 Luglio.