Da uno dei primi giorni d’estate Valeria e Alessio non sono più in due, ma sono diventati tre: è nato Icaro, una meraviglia di bambino tanto voluto, tanto amato, tanto aspettato che all’ingresso nel mondo ha dato segno di trovarsi a suo agio, di non sentirsi così estraneo, ma era come se ritrovasse delle presenze affettivo- sensoriali che aveva già imparato a conoscere da tempo, addirittura da quando galleggiava tutto contento e beato nella stanza liquida e tiepida che lo aveva accolto per nove mesi, ospite sacro del corpo morbido della sua mamma.

La conoscenza con Valeria, si sa, è avvenuta da subito, è sbocciato dentro di lei, i suoi odori, i rumori del suo corpo, il battito del suo cuore, la sua voce sono stati subito parti di sé, era una situazione nota che gli dava garanzia di protezione e di massima sicurezza. L’intimità e l’interazione tra di loro è stata da sempre speciale, perché familiare, perché privilegiata, tanto che Icaro ha iniziato anche a riconoscere gli stati d’animo della mamma, sentiva quando era tranquilla dal suo respiro cadenzato,dai movimenti pacati, dalla voce che era come una melodia, ma ha anche imparato a percepire quando lei era ansiosa o si sentiva sola perché i battiti del suo cuore correvano veloci, veloci, come dei tamburi che dichiaravano guerra o quando era presa da tremori o la sua pancia era vittima da scombussolamenti strani.

Odore di mamma, rumore di mamma, movimenti di mamma: ecco come trascorreva la vita di Icaro prima di nascere; però, a poco a poco ha cominciato a percepire un’altra presenza, prima estranea, un po’ un terzo incomodo che rompeva quell’unione sublime tra lui e la sua mamma, ma dopo un po’, ha intuito che questo “terzo” era anche utile, riusciva a calmare le tempeste di cuore della mamma, a rendere più soffice il suo respiro e ad accarezzarle la pancia in maniera così dolce che faceva piacere anche a lui, anzi le sue mani gli trasmettevano piacevoli vibrazioni che gli procuravano un benessere diffuso e, alla fin fine, aveva scoperto che stavano bene tutti e tre insieme, anzi era ancora meglio, era la perfezione.

Icaro ha cominciato a riconoscere, oltre ai ritmi del corpo della mamma, anche i tempi di Alessio, i suoi ritorni dal lavoro, i suoi rumori, la musica molto bella che magicamente accendeva quando arrivava a casa per assaporarla tutti insieme, ma soprattutto ha imparato a riconoscere la sua voce. Voce che gli parlava adagio, adagio, con la bocca che lo sfiorava e gli mandava onde di piacere, perché la testa del “terzo” era appoggiata sul monte della pancia di Valeria, e gli diceva paroline dolci, erano pensieri d’amore, erano parole segrete, sussurrate, che gli facevano compagnia e così si addormentava con la testina appoggiata alle manine, manine che forse gli ricordavano il tocco e le carezze di quelle manone esterne grandi, ma delicate e rassicuranti; e avendo fatto il pieno di tante cose buone, il tesorino di mamma e papà, era pronto per fare tanti bei sogni galleggiando felice.

Il “terzo” era diventato familiare, la pressione dolce delle sue mani, la voce ritmica e confortevole, la presenza rassicurante soprattutto per la mamma, era diventato per Icaro molto importante, tanto che la sua assenza cominciava ad essere percepita come mancanza e la sua presenza come riparo capace di scacciare il freddo e la paura e di regalare calore e tranquillità. Tutte queste cose volevano forse dire “papà”? Allora è proprio bello avere un papà e Icaro cresceva beato e contento in questa fluidità vitale colorata di serenità.

Finché un giorno, all’improvviso, è successo un terremoto, un qualcosa che il nostro frugolino non si sarebbe mai aspettato, stava così bene in quel paradiso terrestre che ci sarebbe stato per l’eternità, anche se era vero che ultimamente la piscina della mamma gli stava un po’ stretta ed i suoi piedi-pinna inciampavano in pareti, morbide sì, ma che non gli permettevano più le belle nuotate di un tempo. Sta di fatto che scoppia il finimondo e Icaro si sente stringere da tutte le parti, fa fatica a trovare l’ingresso della galleria dove tutti sembra che lo vogliano spingere, ci sono colpi e spinte, lui vorrebbe dormire, ma come si fa con lo tsunami in corso, anche il cuore della mamma sembra un tamburo assordante, fa paura e forse ha paura anche lei: dove sei papà? Le altre volte il papà li aiutava sempre, riusciva a placare le acque in subbuglio, ma questa volta Icaro non sente le sue mani, ma altri toccamenti, più freddi, veloci, estranei, fanno anche male, è spaventato; finalmente, però, nonostante la catastrofe incombente, riesce a intrasentire la voce di Alessio: meno male, papà è qui, basta la sua presenza a rassicurarlo, non ha lasciato lui e la mamma da soli, in balia del terrore, ma è lì con loro.

Frugolino sta facendo un viaggio difficile, senza che nessuno gli abbia chiesto il permesso, vorrebbe tornare indietro, ma non si può, poi un’ultima spinta fortissima, un senso di risucchio: chi mi trascina? La mamma che piange, urla, ma cos’è? La fine del mondo? Gli conviene cominciare a collaborare, ma si sente un po’ incastrato, nonostante tutta la buona volontà fa fatica a muoversi, per fortuna qualcosa o qualcuno lo aiutano, riesce ad arrivare alla galleria, la attraversa, ha la sensazione di mangiare aria, che strano, niente più piscina riscaldata, ma freddo e poi qualcosa che parte da dentro, come una forza prorompente, che lo attraversa e che sale sempre più su nel corpo e arriva alla gola e diventa voce, un grido e poi un pianto fragoroso, ma che fracasso, sono io? … E poi ancora un taglio che lo fa sentire solo, perso, spaesato, non c’è più il respiro di Valeria, la sua energia, il battito del suo cuore, come farà Icaro a sopravvivere a tanta paura, all’angoscia senza nome, all’ansia di frammentazione?

Ma finalmente eccolo lì, arriva lui, oh, le sue mani, la sua voce, non riesce a vederlo bene, ma lo riconosce dal tocco, dalle mani forti e tenere che lo tengono, lo sostengono, si sente rassicurato dal calore, dall’amore, dagli occhi che lo guardano sorpresi, adoranti, meravigliati dal miracolo, adesso non si sente più solo, anche se non c’è la pancia della mamma, è certo che non andrà in mille pezzi, è lì tutto intero nelle mani e negli occhi di papà. E’ la prima volta che si toccano “in diretta”, è la prima presentazione ufficiale, sono loro due, soli di fronte al mondo: “Sono arrivato: piacere, Icaro!” “Ti aspettavo: piacere, papà!”

Cercasi casa
cercasi casa con sole
con sole fin dal mattino
casa con dentro un bambino
con madre con padre
secondo te a chi assomiglia
cercasi casa
con dentro famiglia.

V. Lamarque