La Pastinaca coltivata (Pastinaca sativa L. subsp. sativa var. hortensis Gaudin e var. edulis DC. - Fam. Apiaceae) è caratterizzata da una grossa radice allungata, carnosa, di colore biancastro, particolarmente ricercata per il suo gradevole sapore dolciastro, aromatico, leggermente piccante. In passato veniva venduta nei mercati o da ambulanti che bussavano alle porte delle case per rifornire le massaie di questo prezioso ortaggio. Attualmente viene coltivata soprattutto nell'Europa centrale e meridionale per essere utilizzata come verdura da cucina e foraggio per il bestiame. Anche le Pastinache selvatiche che crescono spontaneamente nelle scarpate, lungo i fossi e i margini delle strade, sono ricercate per essere impiegate in cucina come delle comuni erbe di campo.

Tra le specie più diffuse si possono segnalare: Pastinaca sativa L. subsp. urens (Req. ex Godr.) Celak e P. sativa L. subsp. sylvestris (Mill.). Sono piante erbacee bienni, alte dai 40 ai 120 cm, munite di una radice a fittone, carnosa e di un fusto eretto o ascendente, più o meno densamente peloso. Le foglie basali sono imparipennate con 5 (7-15) segmenti ovato-rombici (10-15 x 25-30 mm); quelle superiori sono ridotte, munite di una lamina lineare-lanceolata. I fiori sono di colore giallo-verdiccio, raccolti in numerose ombrelle, di cui la terminale è a 5-7 raggi. Il frutto è rappresentato da un diachenio, lenticolare-compresso, bruno-giallastro, di forma ellittica, munito di un'ala a margine stretto. Le differenze tre le due sottospecie sono minime e riguardano principalmente il loro grado di pelosità e la conformazione del fusto.

Il nome scientifico di questa pianta deriva dal latino: rispettivamente da pastus, nutrimento, in riferimento alle sue proprietà alimentari e sativum, coltivato. In passato la radice di Pastinaca godeva fama di potente afrodisiaco (la sua forma non lasciava dubbi sulla parte anatomica potenzialmente sensibile alla sua azione), utile anche nella cura della sterilità e dell’impotenza maschile; a tale scopo gli antichi romani la consumavano insieme all’aglio, il pecorino e il miele. L'intera pianta contiene cumarine e furanocumarine (in particolare bergaptene, psoralene, xantoxina), tracce di olio essenziale e sali minerali (specialmente potassio). La radice è ricca di sostanze nutritive, in particolare carboidrati, acidi grassi, pectine e vitamine (tra cui vit. C).

Nella cucina popolare si utilizzano le giovani foglie, consumate lessate insieme ad altre verdure (condite con olio extravergine di oliva o ripassate in padella) oppure impiegate nella preparazione di zuppe e minestre. In alcune regioni del centro Italia, caratterizzate da una lunga tradizione culinaria, è usanza preparare delle piccole palline con le foglie, che dopo essere stata lessate in acqua salata, vengono passate nella pastella e fritte. La radice si presta a essere cucinata in vari modi secondo i gusti e le ricette locali; generalmente viene consumata lessata e condita con olio e limone, ripassata in padella con aglio e peperoncino, fritta in pastella o aggiunta a zuppe, minestre e piatti a base di pesce. È ottima cotta nel vino con aggiunta di Alloro e Coriandolo oppure conservata sotto aceto. Allo stato crudo, tagliata finemente o grattugiata, si usa per insaporire le misticanze primaverili. Per il suo sapore gradevolmente aromatico viene utilizzata come base nella preparazione di bevande fermentate o per aromatizzare liquori e grappe.

Nella medicina popolare viene utilizzata per le sue proprietà aperitive, diuretiche e antipiretiche. È consigliata ai convalescenti e alle persone afflitte da mal di denti e dolori gastro-intestinali. In passato, i semi fatti macerare nel vino costituivano un rimedio contro i morsi e le punture di animali velenosi. A proposito di cumarine, è necessario segnalare che in fitoterapia vengono impiegate, a dosaggi controllati, per le loro proprietà flebotoniche, anticoagulanti, antinfiammatorie, estrogeniche e antispasmolitiche; al contrario, la loro somministrazione in quantità elevate (dosaggi superiori a 25 mg al giorno) e per lunghi periodi di tempo, può indurre danni epatici e renali ed effetti irritanti sulle mucose gastriche; inoltre alcune cumarine per il loro potere mutageno sono sospettate di essere cangerogene.

Sempre a causa della presenza di queste sostanze, si possono verificare delle fastidiose reazioni cutanee, aggravate da fenomeni di fotosensibilizzazione, talvolta anche gravi, conseguenti all’esposizione alla luce solare: questi effetti indesiderati possono verificarsi limitatatamente alla sede di applicazione o coinvolgere altre zone del corpo. Le furanocumarine sono molecole capaci di aumentare la sensibilità individuale alle radiazioni ultraviolette provocando la formazione di ingenti quantità di radicali liberi che alterano la funzionalità cellulare. Durante i lavori di falciatura di prati e scarpate, soggetti particolarmente sensibili che vengano a contatto con il succo di questa pianta possono manifestare, su braccia e gambe, dolorose dermatiti da contatto, paragonabili a delle vere e proprie ustioni, con arrossamenti accompagnati da formazione di vescicole e bolle. La percentuale di furanocumarina aumenta notevolmente (80-100 volte superiore alla norma) quando le piante sono sottoposte a forti stress, come ad esempio l'attacco di insetti (generalmente da parte del bruco Trichoplusiani Hübner).

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