“I seni che guardano in sù, come i fiori degli ippocastani” per Dino Segre, in arte Pitigrilli, erano una delle bellezze di Joséphine Baker, l’artista che ammaliò la Parigi anni Trenta con un’inedita spregiudicatezza esotica. Visione maschile, di stampo poetico, della quale bisogna essergli abbastanza grati. Di solito anche l’uomo più sofisticato non pensa agli ippocastani e ragiona in termini di “un bel paio di tette” ovvero un seno florido e sostenuto. Le tette che le ragazze desiderano per sé, probabilmente di conseguenza. Le ragazze, prima che la vita infligga troppo dolore.

Le donne sofferte cercano l’essenza delle cose e dopo una mastectomia preferiscono la verità di un petto un po’ meno glorioso. “Il chirurgo maschio ricostruisce secondo il suo modello di seno grande e sodo. Le donne, invece, affrontata la malattia danno un po’ meno importanza all’estetica - spiega Maria Grazia Muraca-. E il problema è che non si riconoscono con il seno prorompente di quando erano giovani e sane. La ricostruzione di un chirurgo donna è più gentile, più armoniosa”. Maria Grazia Muraca, medico, è la direttrice della Riabilitazione oncologica dell’Istituto per lo studio e la prevenzione oncologica (ISPO), Giovanna Franchi, psicologa e psicoterapeuta, è la responsabile del Servizio di psiconcologia della Lega italiana per la lotta contro i tumori (LILT). Lavorano insieme a Firenze, al Centro di Riabilitazione oncologica (CeRiOn) di Villa delle Rose, un edificio che non ha nulla di tetro, circondato da un giardino fiorito, arredato in modo non burocratico, ma senza forzature da finta gioia, popolato da persone gentili che non aggravano con l’indifferenza l’umore di chi arriva. E, all’ingresso, le volontarie del servizio “Donne come prima”, pronte a dare una mano.

“Corpo e mente. Sogni e bisogni è il nostro progetto. Finora la classe medica si è occupata solo del corpo, noi ci occupiamo anche dell’anima -continua la dottoressa Muraca, Mariella per chi ha confidenza- . Facciamo un percorso parallelo fisico e psicologico, individuale e di gruppo.” Tutto comincia con un test che valuta lo stress di chi è stato operato di tumore. Non si parla solo di seno, né solo di donne, ma sono rari gli uomini disposti a indagare nel profondo: troppo abituati a contare sulla potenza fisica, quando questa è minata, in genere hanno poche risorse. “Le donne invece sanno dialogare e spesso hanno una fragilità che diventa forza - racconta Giovanna Franchi-. Quelle più consapevoli capiscono che questa esperienza violenta può diventare un’opportunità. Molte ci dicono che il tumore fa apprezzare la pienezza della vita. Alcune dicono che se potessero scegliere si riammalerebbero”. Stupefacente, no?

“Date al dolore la parola. Il dolore che non parla sussurra al cuore oppresso e gli dice di spezzarsi - continua la dottoressa Franchi, citando William Shakespeare (Macbeth) -. Questo è un centro di riabilitazione oncologica eppure non è un posto triste. Scorrono tante lacrime, però sono lacrime che servono, che formano pensiero. E si sentono anche molte risa. Ognuna trova qui tante sorelle. Per noi è bellissimo, assistiamo a qualche cosa di importante”. Anche quelle che, al principio, dichiarano che mai e poi mai dividerebbero i propri tormenti con delle sconosciute presto partecipano alle iniziative teatrali, di trucco e parrucco, di danza egiziana e di scrittura ideate dal Centro. I sogni, appunto, oltre al bisogno di cure.

Per stabilire una nuova relazione con il corpo traditore è fondamentale che qualcuno riconosca che per una donna è inaccettabile vedersi brutta mentre combatte il nemico. Il dottore comunica asettico che ti cadranno i capelli, e già lo temevi, e davanti al tuo terrore alza le spalle come a dire: vuole vivere o no? Sì, voglio vivere. Vivere e quindi anche riconoscermi quando mi guardo allo specchio. “L’idea è di dare legittimità a questi aspetti identitari che non sono scemenze” aggiunge Giovanna Franchi.

Le sedute di maquillage, tenute da una visagista che ha sperimentato su di sé la malattia e sa come avere occhi da gatta anche senza mascara e come disegnare sopracciglia perfette, sono introdotte da un dermatologo preparato e accattivante, poi la fantasia femminile si scatena: turbanti, acconciature, ombretti e un repertorio oltre l’immaginabile. Viene in mente una definizione di Marlene Dietrich, attrice fatale tutt’altro che futile, capace di farsi valere contro il Nazismo: “Cappelli. Possono essere un gran divertimento. Ed è vero che possono mettere una donna di buon umore. Chi ne sorride non capisce proprio nulla della capacità di sopravvivenza delle donne”.

E Angelina Jolie? Un’altra attrice sexy e impegnata: ambasciatrice delle Nazioni Unite per i rifugiati, sei bambini da crescere. Deve aver avuto una paura tremenda nello scoprire di avere lo stesso gene difettoso di sua madre Marcheline, morta di cancro a 56 anni, per decidere di sottoporsi a una doppia mastectomia preventiva e annunciarlo a metà maggio dalle pagine del New York Times. Una scelta grave che non merita un giudizio profano, certo è che l’influente star ha complicato la vita del CeRiOn: in molte sono spaventate e chiedono lo stesso intervento. Un’operazione che la dottoressa Muraca considera “un oltraggio, più demolitiva di quella che si fa quando ci si ammala. Io dico sempre a tutte che si muore di più di diabete e pressione alta che di tumore al seno”. Nel frattempo la Jolie è tornata sul tappeto rosso per la presentazione londinese del film World War Z del quale suo marito Brad Pitt è protagonista, grata al suo pubblico per la vicinanza. Sorridente e cordiale, ma con quell’aura da figura tragica che ha sempre avuto dietro il glamour hollywodiano, figlia infelice di Jon Voight, moglie (ai tempi) di Billy Bob Thornton, con una fiala di sangue appesa al collo, ha detto di sentirsi bene e di essere contenta di aver stimolato un dibattito internazionale sulla salute delle donne. Un dibattito accesissimo tanto che un oncologo in vena di provocazione culturale ha chiesto a una paziente se si sarebbe tolta il cuore per evitare un infarto. “In venticinque anni mi è capitato una volta sola che una paziente facesse la mastectomia preventiva - conclude la dottoressa Muraca -. La ricordo come una persona un po’ fragile”.

Fra i sostenitori di Villa delle Rose c’è “Corri la vita”, la gara podistica che si svolge da dieci anni nei luoghi più scenografici di Firenze grazie a un gruppo molto fattivo capitanato da Bona Frescobaldi, l’esponente più famosa della dinastia dei vini, sempre la prima a indossare la maglietta simbolo della maratona, disegnata dalla maison Ferragamo. Il 13 ottobre la prossima edizione. E se in riva all’Arno si corre la vita, nel fiume si voga: ci sono le Dragon Ladies, donne che hanno combattuto il tumore al seno e continuano a dargli colpi di pagaia, sfidandosi in tutto il mondo sulle barche a forma di dragone. Rema la vita.