“La natura ha una sorprendente capacità di essere influenzata da quell’energia arcana che è l’amore.

Questo vale per gli uomini, gli animali e anche per le piante.

Gli alberi sentono, percepiscono le nostre intenzioni quando ci avviciniamo. Sanno subito se la nostra mani è lì per aiutarli o per ferirli.”

(Pietro Maroè)

Avete mai amato un albero?

Se lo avete fatto almeno una volta nella vostra vita, saprete che alcuni alberi ingannano tutti perché nonostante siano completamente marciti, vivono per raccontare e insegnare i loro grandi ritorni alla vita.

Ogni albero ha sottoterra una versione primaria di se stesso, un “albero nascosto” le cui radici vitali attingono incessantemente ad acque invisibili. Da queste radici, l’anima nascosta dell’albero spinge l’energia verso l’alto così che la sua vera audace e sapiente natura sbocci in superficie.

Per noi non è diverso.
Come un albero, qualunque sia la nostra condizione di vita al di sopra del terreno, sottoterra vive una parte di noi nascosta, che custodisce la “scintilla d’oro”, la fonte della nostra spiritualità che mai si spegne. I tempi di espansione e reinvenzione di ognuno di noi, dipendono dalla forza con cui le nostre radici profonde spingono verso la superficie , attraverso la nuda terra, il nostro potenziale.

A volte accadimenti traumatici abbattono il nostro albero interiore, ovvero abbiamo l’impressione che la nostra energia vitale sia venuta meno e può succedere che si abbia la sensazione che quel dolore sia “per sempre”, al punto che iniziamo a identificarci con esso, a incarnarlo in tutto e per tutto. Ma anche in questi frangenti, la Natura è per noi una silenziosa maestra di vita.

Immaginate un albero abbattuto. Mettiamo il caso sia un pioppo maestoso di cui non rimane che un ceppo. Immaginate lo scorrere del tempo, l’alternarsi saggio delle stagioni, le piogge che cedono il passo alle giornate di sole e poi il vento, i temporali, la neve d’inverno e quel caldo sfacciato delle giornate d’estate. A un certo punto, accade che lungo i bordi del ceppo si affaccino giovani alberi danzanti. Un gruppo di virgulti che si innalza dalla vecchia pianta di pioppo e che ne rappresenta chiaramente i suoi figli e lì, in quell’istante, sembra che si apra un varco dentro di noi, una preziosa opportunità di stare in contatto con alcuni dei misteri della vita.

Vedete, in realtà vi dico che secondo me le piante non sono seminate. Sono evocazioni, risorgono le une dall’altra, dalla scintilla d’oro e si collegano al mito di Demetra, la madre terra che muore quando la figlia scompare e che torna vigorosamente a vivere quando questa fa ritorno. Stesso destino per il grande pioppo: le figlie sono nate dalla radice materna e riportano tutto alla luce, persino ciò che sembrava irrimediabilmente perduto.

Ora, in balia dei venti, le foglie giovani dei nuovi alberelli giocano e danzano all’interno di un Mandala di luccicanti sfaccettature verdi. Chi può dire che una cosa a noi cara tagliata in mille pezzi sia davvero morta? Cosa ne sappiamo noi di quell’arcana energia chiamata amore che sempre spinge affinché emerga dal buio del sottosuolo quella luminosità soffice che sempre ci avvolge, anche quando ci dimentichiamo di accudirla?

Gli alberi che “germogliano” esistono in Natura perché la nuova vita è custodita nelle radici, anche quando la gran parte della pianta in superficie è stata tagliata, anche quando una vita non è stata trattata con rispetto, quando è circondata da apatia e indifferenza, quando ha conosciuto la vergogna e l’umiliazione e ha incontrato il dolore dell’abbandono.

Vale anche per noi.
Quante volte, da uno spazio vuoto, da una situazione di morte apparente dei nostri ideali, dei nostri progetti, delle cose in cui credevamo e per cui ci siamo spesi una vita intera, siamo tornati alla vita con un nuovo virgulto non una, ma svariate volte?

Il vero miracolo sta proprio nel dolore perché quando siamo feriti, attingiamo pienamente alle nostre risorse di guarigione, a quel filamento vivificante che ci abita nello spirito e che ci conduce a ricostruire l’integrità perduta o a crearne una del tutto nuova.

Occorre la poesia per spiegare la forza vitale che ci abita.
Occorrono la danza, la pittura, la musica, i manufatti della terra, il teatro, gli scritti appassionati, le riflessioni sui libri, i racconti dei propri sogni, le conversazioni con persone sagge, il silenzio delle notti stellate, perché esistono concetti mistici che le parole da sole non sono capaci di esprimere, mentre lo sanno fare le arti, le scienze, la contemplazione, il silenzio che apre le porte dell’intuizione.

Nel cuore di ogni tempesta di dolore e di felicità, la nostra parte saggia veglia sulla meravigliosa forza della vita e non smette mai di ricordarci che ricominciamo a ricostruirci daccapo e a risollevarci nel momento esatto in cui crolliamo.

Avete mai amato un albero?