La lampada del tuo corpo è l’occhio. Se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà splendente.

(Matteo 6, 19-24)

Occhio unico e saggio

Nella Bhavagata Gita e nelle Upanishad l’occhio destro viene fatto corrispondere al sole, con una visione orientata al futuro e all’attività, quello sinistro alla luna, con la visione al passato e alla passività. O, secondo altre tradizioni, il destro allo Zolfo alchemico e a Osiride, il sinistro a Iside e al Mercurio alchemico.

Se i due occhi fisici corrispondono simbolicamente ai luminari astronomici, il terzo occhio - l’occhio della visione frontale - all’elemento fuoco, dove la dualità binoculare si integra in una visione unitaria e spirituale. Quest’occhio, il prajna-chaksus è l’occhio della della saggezza e della chiaroveggenza (in sanscrito sole e occhio si formano su kas e cas, donde chaksus, occhio, e acasa “cielo”, “spazio e prakasa, chiarezza). È l’ajna chakra dello yoga o il Dharma-chaksus buddista: è un occhio interiore senza palpebre, sempre aperto, consapevole, vigile, non soggetto ai limiti della materia. Se gli occhi fisici si chiudono alla pesantezza del tamas, alla stanchezza, dopo il perpetuo movimento vigile e indagatore del rajas, l’occhio unico interiore si apre alla leggerezza del sattva, all’osservazione interiore e profonda dell’occhio dell’anima o del cuore.

Che gli occhi siano immagine della visione interiore lo troviamo nelle tradizione eschimese, colui che ha gli occhi, è definito lo sciamano. Il vedere, nell’antico Egitto, veniva identificato attraverso il geroglifico dell’occhio, che simboleggiava anche il fare, il creare. L’apertura degli occhi è considerato un rito di iniziazione: nella tradizione indiana gli occhi delle statue sacre vengono aperti per dargli vita, così come la cecità segna la presenza della veggenza. Stregoni, streghe e druidi, poeti, veggenti sono ciechi o almeno privati solo dall’occhio sinistro o ricorda la tradizione popolare, strabici, cioè hanno un altro tipo di vista.

Occhio solare

L’occhio in tutte le tradizioni è solare, igneo è come fuoco, come sole: l’occhio nasce dalla luce, per la luce: la Luce lo chiama in vita affinché la luce interna vada incontro all’esterna (E. Zolla). Che l’occhio sia collegato al fuoco lo sottolinea anche lo yoga correlando il manipura chakra sede dell’elemento (tattva) fuoco, alla vista. La Chandogya Upanishad afferma che la persona dell’occhio è la persona del sole il signore dei mondi che si stendono sotto l’occhio e degli umani desideri.

Malocchio

L’occhio non solo come fonte di fluido magico, occhio-luce purificatore ma anche come emanatore di flussi energetici nefasti: il malus oculus. Il malocchio è emanato dall’invidioso, ma dallo sguardo funesto ci si difende: ogni tradizione insegna a difendersi dalla forza di uno sguardo maligno, doppio, mediante, veli, travestimenti, reti, geometrie tatuate sulla pelle o impresse nelle stoffe, oggetti brillanti che catturino o distraggano gli sguardi erranti e grevi, fumigazioni, simboli di crescita come il legno o le corna lunari, di purezza e forza, come sale, allume, ferro... sguardo maligno e doppio sono sinonimi; nel medioevo si attribuì alle streghe pupille doppie. (E. Zolla)

Yoga per gli occhi

Stili di vita moderni esasperati, sforzi visivi imposti dagli schermi dei computer, televisioni e altri strumenti tecnologici, stress psicofisico (inclusa la pessima qualità del sonno), cattiva alimentazione, inquinamento, errata respirazione, abitudine deleteria del fumo: questo e altre concause portano i nostri occhi a stati di tensione, affaticamento e all’aggravamento dei disturbi visivi. Tutto questo impone l’obbligo di un accudimento più consapevole dei nostri occhi attraverso una igiene visiva e norme di prevenzione mirate, all’applicazione di una disciplina salutare, di uno yoga degli occhi che li salvi dalle difficoltà e dagli impegni moderni.

Metodo Bates

Il pioniere del metodo della ginnastica oculare più noto in occidente prende il nome dal suo ideatore, il medico americano William H.Bates (1860-1931), che elaborò, dopo una lunga esperienza come stimato medico oftalmologo specialista, chirurgo degli occhi e docente, il concetto che i problemi e i difetti visivi non dipendessero solo dalla fisiopatologia dell’organo, ma dall’equilibrio dell’intero sistema organico e in particolare modo dai diversi livelli di tensione e rilassamento dei muscoli della vista. Sperimentò che le tensioni psichiche potevano agire sui muscoli dei globi oculari portandoli a uno stato di contrazione e di alterazione causa dei disturbi visivi conosciuti; scoprì che la vista fluttuava seguendo i ritmi della salute fisica ed emotiva dell’individuo. Dalle sue osservazioni e studi elaborò un sistema di esercizi e norme di grande efficacia per le problematiche e le patologie oculari… forse un po’ meno benefiche per lui dato che l’ostracismo della oftalmologia ortodossa gli costò l’espulsione dalla facoltà in cui insegnava! Nel suo testo, tuttora pubblicato Vista perfetta senza occhiali afferma:

esaminando 30.000 paia di occhi l’anno… ho osservato tanti casi in cui gli errori di rifrazione o recuperavano spontaneamente o cambiavano forma e non riuscivo a ignorare tali fenomeni, né ad accontentarmi delle spiegazioni ortodosse, anche quando tali spiegazioni erano disponibili. Mi sembrava che se una affermazione è una verità deve essere sempre una verità. Non possono esserci eccezioni. Se gli errori di rifrazione sono incurabili, non dovrebbero recuperare, o cambiare forma, spontaneamente.

Uno dei pazienti più noti, che beneficiò del metodo Bates, fu Aldous Huxley, scrittore inglese colpito a soli 16 anni dalla cheratite puntata (una severa infiammazione della cornea) che dopo un lungo periodo di cecità, lo lasciò con una menomazione visiva così profonda che poteva leggere dilatando la pupilla solo con la somministrazione di atropina. Il suo quadro clinico, aggravato da ipermetropia e astigmatismo, peggiorò fino al 1939, anno in cui scoprì il metodo Bates e grazie a un'allieva inglese del medico americano, la sig.ra Corbett, recuperò notevolmente la vista. Nel 1943, quando scrisse The Art of Seeing (L’arte di vedere) la sua vista, racconta, era notevolmente più acuta anche senza occhiali.

Metodo Agarwal

Il medico oftalmologo R. S. Agarwal fece proprie le ricerche poco ortodosse e rivoluzionarie del metodo Bates, ma integrandole con le conoscenze dello yoga e dell’ayurveda. A Pondicherry, nel sud dell’India, dove era residente come discepolo di Sri Aurobindo, fondò la Scuola della vista perfetta. Come può essere di aiuto lo yoga nei disturbi visivi? Grande è l’apporto dello yoga per la salute dei nostri occhi, tanto da potere delineare un metodo definito come yoga per gli occhi (o per la vista). Lo yoga condivide pienamente la visione dell’ayurveda, di Bates e di Agarwall nel considerare gli occhi integrati in un intero organismo, in una entità psicosomatica.

Una concezione olistica dove occhi, mente, emozioni, stili di vita (influenze epigenetiche) non sono separabili. Dall’atteggiamento meccanicistico e riduttivo di considerare gli occhi solo come organi di visione deriva il rifiuto e la negazione della medicina ufficiale nei confronti di un metodo coerente ed efficace di igiene visiva che dovrebbe essere presenza costante dell’educazione scolastica e pubblica. Elenchiamo in maniera schematica i punti principali dello yoga per gli occhi.

Occhi ed emisferi cerebrali

Numerose tecniche yoga che coinvolgono gli occhi nascono dalla sperimentazione effettuata nel corso del tempo che gli occhi hanno un collegamento e una influenza con gli emisferi cerebrali. Lo yoga ci ricorda la correlazione tra occhi, cervello e processi psichici: influenzare gli occhi vuol dire agire sulla stabilità mentale e sulla concentrazione. Certe pratiche yoga, di apparente singolarità, come la fissità dello sguardo, l’incrocio degli occhi sulla punta del naso o verso lo spazio tra sopracciglia note come mudra, porteranno notevoli benefici ai muscoli ottici, alla focale e rinforzeranno (se ben eseguiti) notevolmente tutto l’apparato visivo. Uno degli esercizi fondamentali per lo yoga degli occhi è la pratica del trataka. Questo termine sanscrito significa “sguardo fisso” e consiste nella graduale capacità di mantenere la fissità dello sguardo (cioè senza battere le palpebre) per periodi determinati di tempo su vari oggetti e forme. La pratica iniziale (o continuativa) è basata sulla osservazione di una fiamma di una candela. La tecnica è preceduta e accompagnata da numerosi esercizi per la mobilità oculare e la stimolazione per una esatta messa a fuoco visiva e deve essere affiancata da una accurata valutazione delle condizioni oculari del soggetto.

Il trataka dai testi classici:
- Senza muovere le palpebre, fissare un oggetto fino a quando le lacrime cominciano a scendere dagli occhi Gheranda Samhita
- Seduti in una posizione confortevole, fissare un oggetto fino a quando le lacrime scendono dagli occhi. Questa pratica cura le malattie previene la perdita della vista
Hathapradipika
- Fissare gli occhi su un piccolo oggetto e rimanere senza alcun movimento di palpebre per un tempo assai lungo, fino a quando le lacrime scendono dagli occhi.
Satkarmasangrahah
Inoltre in questo testo viene indicata la contemporanea ripetizione del bijamantra dell’elemento acqua e terra.

Ossigeno e respiro

Una buona salute degli occhi non può essere disgiunta dall’apporto di ossigeno. Come è noto lo yoga dà grande rilevanza a una corretta respirazione specialmente se integrata con le varie tecniche di pranayama. Una frequente permanenza all’aria aperta sarà di grande beneficio ai nostri occhi. Per lunghe permanenze in ambienti chiusi e davanti al computer si consiglia un diffusore di olii essenziali balsamici che favorirà una migliore ionizzazione dell’aria.

Postura

Con la pratica delle asana yogiche si potrà creare una azione di integrazione posturale che completerà il percorso di rieducazione visiva. Aldous Huxley nel suo testo The art of seeing illustra le ricerche del dott. Alexander dove la cura principale della miopia di molti ragazzi consisteva nell’apprendimento di una corretta postura. Ricordiamo di prestare molta attenzione alla pratica delle asana capovolte che spesso vengono utilizzate con troppa leggerezza senza una attenta valutazione delle condizioni circolatorie oculari (e articolari del collo).

Rilassamento, meditazione e riposo

Per una sana igiene degli occhi le tecniche di rilassamento rivestono un ruolo fondamentale aiutando ad eliminare le tensioni di tutto l’organismo. Si può agire creando specifiche azioni di decontrazione sugli occhi, sul viso, sul collo e sulla testa. La qualità del sonno rimane fondamentale per la rigenerazione energetica degli occhi e della mente. Le tecniche di meditazione coinvolgeranno il praticante su livelli profondi di tensione e somatizzazione.

Alimentazione

Una sana respirazione e una corretta alimentazione ricca di vitamine, antiossidanti, omega 3/6 (e limitando la presenza di grassi saturi) favoriscono dei capillari sanguigni aperti e vitali. Il dott. Agarwal notò nei suoi pazienti che il passaggio da una dieta carnea a una vegetariana creava netti miglioramenti in casi di patologie corniche come il glaucoma, la retinite e altre. Cosa assumere? La vitamina A, preferibile nella forma di betacarotene, che può essere ingerita in quantità notevoli in confronto alla vitamina diretta. La fonte più sana è dal succo di carote fresche (sia lodato l’estrattore!) non dimenticando altri carotenoidi reperibili da cavolfiori, peperoni, crescioni, alga spirulina, ecc. Le vitamine del gruppo B: ottime fonti sono il polline, il lievito plasmolisato e i cereali integrali. Inoltre la vitamina D, la E, la C unita ai bioflavonoidi (vitamina P), il calcio, senza dimenticare l’utile mirtillo.

L’ayurveda

Un eventuale yoga degli occhi non potrà essere separato dalle conoscenze dell’ayurveda: ci fa comprendere lo yoga anche nella sua modalità di yoga terapia e nelle sue dinamiche energetiche. Delle otto branche classiche della medicina ayurvedica, una sezione specialistica è rivolta allo studio degli organi al di sopra delle clavicole, questa specializzazione è nota come Salakya (analisi degli occhi, delle orecchie, del naso, della gola, ecc). Il termine sanscrito salaka significa letteralmente bastone e deriva dall’utilizzo di bastoncini di legno come strumenti per l’esame clinico e la cura. Il medico e maestro del salakya fu Nimi e il suo testo, Nimi Tantra, rimane il testo fondamentale della tradizione ayurvedica anche se l’argomento è stato ampiamente trattato da altri autori successivi come Susruta. In questo ambito medico viene stabilita una relazione tra le singole strutture anatomiche degli occhi e i Dosha, pertanto qualunque affezione oculare deve essere valutata secondo il flusso di queste energie. Se vata, pitta e kapha vengono alterati per varie cause, questo si ripercuoterà sulla funzionalità delle parti oculari corrispondenti. L’utilità che i muscoli ottici rimangano elastici, che non si creino condizioni di rigidità muscolare coinvolge direttamente il vata dosha (la riduzione della capacità di movimento è legata alle caratteristiche del vata alterato).

Occhio, luce e fuoco

L’occhio è intimamente legato alla luce, la luce è tejas o fuoco e il pitta è fuoco, da qui il vedere è attribuito a pitta dosha. Nella suddivisione delle varie forme di pitta (fuochi) nell’organismo quello riferibile alla vista è chiamato Alocaka, ossia ciò che vede. Questo pitta specializzato è sostentato dal pitta fondamentale, il Pacha-agni, il fuoco digestivo, localizzato tra stomaco e intestino. Non a caso, alla pratica del trataka già citata, si attribuisce sia la stimolazione del chakra della fronte (il terzo occhio) che quello dell’addome, il manipura sede dell’elemento sottile (tattva) fuoco. Un buon funzionamento del fegato sostiene una buona qualità visiva e il fegato rimane entro “la giurisdizione” energetica-pranica del chakra manipura. L’ayurveda e lo yoga legano le alterazioni oculari al malfunzionamento digestivo, enzimatico, alimentare, energetico e psicosomatico. L’ayurveda ci permetterà, in base alla analisi della costituzione biotipica congenita (prakriti) la valutazione della specificità dei disturbi visivi e di conseguenza una personalizzazione dei programmi di asana, respirazione e meditazione.

Vedere il bello

Gli occhi raccolgono e convogliano alla mente numerose emozioni; per la loro salute, l’ayurveda dà grande importanza alla visione frequente di qualcosa di armonico, di piacevole, di gradevole, in particolare modo il verde della natura, i fiori, gli alberi, o le opere d’arte.

Piante per gli occhi

La farmacognosia ayurvedica è ricca di numerose piante. Il composto fitoterapico elettivo per la salute degli occhi più efficace è una combinazione di tre frutti denominato Triphala che viene usato come polvere, collirio, decotto, combinato con miele e ghee (burro chiarificato). Questo composto vegetale è così efficace per la vista che viene utilizzato come prevenzione fin dai primi passi dello svezzamento alimentare infantile.

Depurazione

Un aspetto poco considerato, che invece riveste un ruolo fondamentale nella tradizione yogica- ayurvedica, è la depurazione psicofisica periodica. Le tecniche di disintossicazione di queste antiche tradizioni integrate con l’arte del digiuno porteranno grandi benefici per la salute dei nostri occhi. Uno dei segni più evidenti e sorprendenti sperimentato di un digiuno condotto correttamente è un visus più acuto, lucido e uno sguardo più vivo e trasparente… occhi specchio dell’anima.

Naturopatia generale

Altre salutari metodologie potranno essere integrate con lo yoga degli occhi come semplici pratiche tratte dalla idroterapia, dalla cromoterapia e dalla floriterapia, quest’ultima per coinvolgere anche aspetti emozionali… non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere!