Un giorno in viaggio tra Phuket e Singapore abbiamo incontrato una persona che quattordici anni fa ha lavorato nel nostro team di volontari durante lo Tsunami. Dopo quattordici anni la memoria di quei giorni è ancora nitida e la nostra conversazione è presto andata su una cosa che ha colpito tutti noi: la grande differenza con cui le diverse persone hanno affrontato la stessa tragedia.

A volte la vita ci investe con altri tipi di Tsunami: lutti, separazioni, malattie. Tutto ciò fa parte del ciclo della vita. E anche se non siamo mai veramente pronti ad affrontare il distacco e a lasciare andare situazioni e persone che amiamo, la vita ci insegna anche questo. Quando il dolore ci colpisce, siamo travolti da emozioni diverse tra loro che molto spesso si sovrappongono. Averne consapevolezza ci aiuta nel processo di guarigione.

Ci sono 5 fasi per affrontare il dolore, identificate dalla psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross, che ci aiutano a comprendere le emozioni che stiamo provando. Poiché si tratta di emozioni, che per loro natura sono variabili e si mescolano tra di loro, è possibile che alcune persone sperimentino queste 5 fasi più volte nel corso del tempo, con un’intensità diversa e senza un ordine preciso. Vediamole insieme.

1. Fase della negazione

Solitamente è la primissima fase del lutto. “Non ci posso credere”, “Non è possibile” sono le frasi che diciamo più spesso. Il mondo ci sembra senza significato e ci sentiamo travolti. La vita sembra non avere senso, siamo in uno stato di shock e negazione, come anestetizzati dal dolore. Ci chiediamo come possiamo andare avanti, se è giusto andare avanti e perché.

Una malattia o una perdita (per esempio di una persona cara) sono tutte prove che lasciano altrettanti segni, ma interiori. Poiché queste iniziazioni arrivano senza preavviso né preparazione, spesso non conosciamo altra strategia per non sentire il dolore che negarlo, cercare di non pensarci e anestetizzarci con tutti i mezzi possibili.

La negazione è un meccanismo di difesa che ci aiuta ad affrontare la fase acuta della perdita, quando la ferita è molto recente, ma, esattamente come nelle iniziazioni tribali, le prove sono lì per aiutarci a sviluppare le nostre potenzialità e spingerci verso un nuovo stadio della vita. Spesso è solo dopo essere passati attraverso il fuoco della sofferenza e averla percepita nella sua interezza che siamo pronti per aprire gli occhi e guardare dentro di noi.

Quando ci facciamo delle domande esistenziali, stiamo gradualmente accettando la situazione e inconsciamente stiamo iniziando il processo di guarigione. Diventiamo man mano più forti, tutti i sentimenti che prima negavamo, salgono in superficie e acquistano una nuova consapevolezza.

2. Fase della rabbia

Provare rabbia è un elemento essenziale del processo di guarigione, anche quando ci sembra senza fine. Più permetti a questa emozione di esprimersi, più velocemente le ferite si cicatrizzeranno. La rabbia può esplodere in tutte le direzioni: può estendersi non solo ai tuoi amici, alla tua famiglia, ai medici, a te stessa/o e alla persona che hai perso, ma anche alla Vita, all’Universo, a Dio. Ci chiediamo perché la vita ci abbia dato questa punizione, perché Dio ci abbia privato di una persona così importante per noi e perché ci abbia fatto questo.

Dietro la rabbia, si cela il dolore. Ci sentiamo abbandonati e traditi. La rabbia ci dà la forza, è un’ancora a cui ci aggrappiamo quando sperimentiamo il vuoto della perdita. Abbracciala, non mandarla via.

3. Fase della negoziazione

Quando una persona che amiamo ci sta per lasciare, siamo disposti a tutto pur di non perderla. Imploriamo Dio, la Vita, qualcuno più grande di noi, di non privarci di quel tesoro, ci mettiamo quasi a negoziare (Se la lasci vivere, prometto che sarò buona/o, etc.).

Quando poi siamo nella fase vera e propria del lutto, negoziare diventa quasi una tregua. Iniziamo con i “se solo fosse andata così...”, desideriamo che la vita torni ad essere com’era prima. Siamo in preda ai sensi di colpa. Pensiamo che avremmo potuto fare di più e agire diversamente. Ci ritroviamo a vivere nel passato, siamo disposti a tutto pur di non provare quel dolore.

4. Fase della depressione

Quando siamo in una fase depressiva, ci concentriamo sulla tristezza del presente. Tocchiamo con mano il vuoto esistenziale, percepiamo il dolore a un livello più profondo. Ci sembra di essere in un tunnel buio senza via d’uscita. É importante tenere presente che questa condizione non è segno di una malattia mentale, ma la risposta del nostro corpo e della nostra anima al dolore. Ci ritiriamo dalla vita, siamo meno inclini a uscire, fare conoscenze. Non preoccupiamoci di questa emozione. Lasciamola libera di esprimersi e fare il suo corso, senza forzature.

5. Fase dell’accettazione

Accettare una situazione non significa subire passivamente, ma essere pienamente coscienti di ciò che è. L’accettazione è un’energia totalmente diversa dalla rassegnazione. Accettare significa smettere di litigare con la realtà dei fatti e passare oltre. È solo quando facciamo questo passo, infatti, che possiamo andare avanti nella nostra vita. Quando siamo rassegnati, invece, cerchiamo di tollerare. Ma non è vera accettazione. Sotto sotto stiamo solo cercando di sopportare. E sopportare qualcosa è come mettere un coperchio sopra una pentola di acqua che bolle. Prima o poi le emozioni che cerchiamo di negare fuoriescono.

In questa fase, occorre ripartire da quello che c’è, riorganizzare la propria vita in questa nuova condizione, capire il proprio ruolo. Quando ritorniamo ad apprezzare la gioia della vita, ci sembra quasi di tradire la persona che si ha lasciato. Non potremo mai sostituirla, ma possiamo fare nuove conoscenze. Iniziamo a coinvolgere nuove persone nella nostra vita e a diventare parte di quella degli altri. La vita non è solo sofferenza, ma porta con sé tanti doni meravigliosi: diamoci il permesso di coglierli e apprezzarli!

E per finire, un ‘trattamento’ di Louise Hay sulla perdita e il dolore, da leggere e rileggere più volte al giorno: “Nuove esperienze meravigliose entrano adesso nella mia Vita. Io sono al sicuro. Presto attenzione a tutto il bene che la Vita mi offre. So che il bene risiede in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, e che c’è qualcosa di positivo anche nelle situazioni peggiori. La perdita di un lavoro, di una persona cara o della salute mi costringono ad affrontare le mie paure più terribili. Ma vivere queste paure è normale e naturale. Eppure, so che la natura aborrisce il vuoto, perciò la cosa che ho perso verrà per forza sostituita da un’altra. Dunque, traggo un respiro profondo – o anche sei o sette – e affido alla Vita il compito di prendersi cura di tutti i miei bisogni. Sto imparando ad avere fiducia. La Vita mi ama e non mi deluderà mai. Le cose che mi accadono sono sempre per il mio massimo bene”.