Il sentimento di affiliazione che ci lega alla Natura, il sentirsi figli di Madre Terra, è innato e presente in tutte le culture umane.

Corriamo però il rischio che nelle nostre culture tecnologicamente avanzate, questa innata predisposizione non riceva più gli stimoli adeguati e fatichi a fiorire.

Tornare ad abitare la Natura e farlo con passo lento, attenzione aperta e ascolto profondo, può essere una pratica che favorisce in modo naturale la nostra rigenerazione psichica e alimenta il nostro benessere fisico.

Già nel Medioevo una mistica a me cara, Ildegarda di Bingen, aveva parlato dello stretto legame tra Uomo e Natura, rintracciando in quest’ultima una fonte prodigiosa e inesauribile di guarigione, introducendo il concetto di Viriditas, pietra miliare degli insegnamenti di Ildegarda, che costella la sua intera opera e segna la via sia del corpo che dell’anima e che è come un respiro che pervade tutta la sua visione dell’uomo e della vita, un movimento che unisce il cielo alla terra.

La Viriditas, oltre a essere quel fluido prodigioso che attraversa, innervandole, tutte le creature e il cosmo stesso, è proprio il potere nascosto in tutto ciò che, appunto, “verdeggia”.

Ciò che è verde è vivo, palpitante, attraverso le sue fibre e le sue radici, anche profonde, passa la vita, e la vita genera frutti di ogni specie, che arricchiscono la bellezza del creato e, a loro volta, si preparano a produrne ancora, in un processo continuo, infinito ed esaltante.

Viriditas è il processo vitale, che non si arresta mai e che, per uno straordinario prodigio, è capace di generare vita anche dalla morte.

Proprio questa capacità generativa deve aver affascinato tanto Ildegarda che intuì le grandi potenzialità della donna, l’unica, appunto, dotata della capacità di generare la vita, e a lei affidò il compito, a quei tempi impensabile, di mediare, di essere il tramite sapiente e amorevole tra la Divinità e il Cosmo. In lei, frutto d’amore e per l’amore, Ildegarda riconosce la capacità di tessere la tela sottilissima che accoglie la trama del Creatore.

Il mondo ildegardiano è un mondo vivo, protagonista e mai oggetto, da cui lei, a piene mani attinge numerose immagini simboliche e figure, di cui non svela mai immediatamente l’identità, spingendoci a scoprire i segreti, a scrutare le enormi potenzialità che questo mondo nasconde.

Per farlo, occorre coltivare un cuore e una mente aperti, un ascolto profondo e un passo lento, meditativo perché proprio una pratica di mindfulness in Natura perché, come sostiene Tiziano Fratus:

La meditazione è una pratica che gli uomini sperimentano e coltivano per compensare gli squilibri e le tensioni che il vivere presenta.
Dolore, perdita, tradimento, impotenza, fallimento, inadeguatezza, rovina, sono gli ingredienti che appartengono alla vita e che l’uomo prima o poi deve affrontare. Sono soglie che vanno avvicinate e superate.
Meditare è un’azione di rinascita e riconquista, di alleggerimento e di snervamento, una medicina sì naturale ma per nulla spontanea; al contrario richiede dedizione, impegno, continuità.
Inizialmente non c’è nulla di naturale nell’azione di un uomo che si estranea dal corso della vita e si inginocchia, si raccoglie per non pensare o meglio per “pensare il non pensiero”, per abbracciare e coltivare la solitudine, il silenzio e l’ascolto.

La meditazione è una pratica seminale quotidiana, nella quale creiamo le condizioni favorevoli per coltivare le qualità del cuore e la spaziosità necessaria per far fronte ai passaggi angusti del malessere attraverso un vero e proprio sforzo eroico basato sulla rinuncia. Una rinuncia che è l’abbandono dei vecchi schemi e delle vecchie abitudini consolidate e l’inizio di una nuova visione della vita.

Meditare è, dunque, un rinnovare quotidianamente un intento, una direzione chiara e incontrovertibile che desideriamo dare ai nostri giorni e, quindi, anche alle nostre relazioni e a tutto ciò che le anima nel quotidiano.

Più siamo in grado di aprirci a questa nuova realtà e qualità dell’essere, più siamo in grado di ispirare, guidare, accompagnare i nostri passi nella vita in modo consapevole e per me l’habitat naturale per farlo, è il bosco, la camminata lenta e consapevole, l’abbraccio degli alberi, il sostare ai bordi di un ruscello a contemplarne lo scorrere, lasciando i pensieri sullo sfondo.

Filosofi, poeti, eremiti e viaggiatori hanno indagato gli spazi e i misteri della natura selvaggia per millenni, cercando in essa le risposte alle grandi domande del vivere.

Un bosco non è solo un insieme di alberi. Non è la somma degli arbusti e delle erbe. Non è nemmeno la somma della componente animale e di quella vegetale, della roccia e del suolo in cui cresce.

Un bosco è un organismo complesso. È il risultato di azioni e reazioni, di alleanze e competizioni, di simbiosi e parassitismo; è un alterarsi di vita e di morte, di crescite e di crisi e in questo è uno specchio formidabile della nostra vita psichica.

Un bosco è anche un luogo dello spirito, una dimensione dentro alla quale aleggiano paure e speranze, fughe e abbracci, sogni e visioni ancestrali. Proviamo, dentro al bosco, un senso di religiosità cosmica. Ogni foresta vergine, bosco, frutteto o giardino, ogni insieme di piante, se non c’è una forte interferenza da parte dell’uomo, crea un intenso, complesso e armonioso campo energetico (o Viriditas, per dirla con Ildegarda).

Nel suo insieme, la cooperazione tra le piante, i batteri e i funghi, gli insetti, gli uccelli e gli animali è così completa che ognuno di noi può sentirne i profondi effetti, ampiamente documentati negli scritti di Ildegarda, che sono fonte di meraviglia e rispetto.

Se camminiamo in un bosco incontaminato cercando di entrare in armonia con i livelli invisibili della realtà, presto o tardi finiremo con lo scoprire moltissime cose nuove che ci infonderanno un senso di benessere e di appartenenza.

Per dirla con Giuseppe Barbiero:

La semplice immersione nella wilderness è rigenerativa. In assenza, una alternativa può essere la mindfulness. La mindfulness svolge un ruolo vicario a quello della fascinazione del mondo naturale. La meditazione permette a una persona di migliorare la propria capacità di rigenerazione dell’attenzione diretta.
Se il fascino di Gaia rigenera l’attenzione diretta, stabilendo così un punto di contatto con la psiche umana, in maniera simmetrica e attraverso la meditazione mindfulness, può stabilire un contatto diretto con Gaia o almeno alcune sue epifanie.
La wilderness e la mindfulness offrono alla persona la possibilità di far riposare l’attenzione diretta, predisponendola a un altro tipo di attenzione, quella aperta. (…)
Leggere la Natura con cuore aperto, ascoltare la Natura con mente aperta: questo è ciò che serve per recuperare un buon rapporto con il nostro pianeta e noi stesi.

È primavera, è tempo di verdeggiare!