Lillia d'Alfonso, laureata in Filosofia, specialista in Psicologia, è socio fondatore della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica e dell'Associazione di Studi Psicoanalitici di Milano, di cui è stata presidente. Nel 1985 ha fondato e diretto il Corso di specializzazione in Psicoterapia Psicoanalitica dell'Età Evolutiva. Si è dedicata con passione all'insegnamento, alla pratica clinica e di supervisione.

Incontrare Lilia d'Alfonso è un privilegio, parlare con lei è come attraversare gli strati misteriosi di cui siamo fatti, accompagnati da quella leggerezza e soavità di pensiero che la rendono speciale e che hanno sempre connotato le sue attività fin dalla giovane età. Ecco come ha scelto di raccontarsi, veleggiando nei ricordi così come liberamente si facevano presenti nel nostro parlare.

Un parlare-come-sognare.

"Per raccontare di me mi lascio andare in un lungo dormiveglia e mi vedo come dentro un piano prestabilito da sempre, connaturato con la mia struttura di base. Ecco le immagini in sequenza di questo sognare, sono come dei flash.

Ero una bambina buona, non ho mai litigato con nessuno, questi tratti di disponibilità li ho conservati tuttora. Ricordo che a nove anni mi avevano affidato completamente mio fratello Ruggero, lo mettevo nella cassetta della frutta con le ruote e con Eugenio ce lo tiravamo dietro, lui non camminava, era come mutacico. Stavo volentieri con gli altri giocando a palla, però ero molto isolata e mi raccontavo storie, avevo passione per la lettura e la maestra mi regalava albi illustrati...

Mi è sempre piaciuto organizzare; durante un inverno, a casa, ho fatto la regista e sono stata segnalata per un premio; l'organizzare spettacoli l'ho fatto anche all'università e durante le vacanze organizzavo delle ragazze che volevano diventare animatrici.

Riflettendoci ora, c'è come un disegno dentro di noi che si dipana nella vita.

A Firenze ho fatto la specializzazione in psicologia e insegnavo storia e filosofia in un collegio di suore dove un'insegnante, che aveva funzioni direttive al Poggio Imperiale, mi propose di fare un'esperienza nuova: mi mandò alla Scuola magistrale e mi diede carta bianca per organizzarla. Cambiai tutto: feci fare dei riquadri con la sabbia dove i bambini si muovevano e le ragazze li dovevano osservare e il pomeriggio si rifletteva sulle esperienze del mattino, una sorta di Infant Observation ante litteram. Poi, sempre a Firenze, frequentavo la Scuola-città Pestalozzi, esperienza che poi ho traslato anche nel lavoro clinico e formativo.

Nel '59, vinto il concorso per i licei, il Preside della facoltà di Psicologia mi aveva accolto come assistente e mi aveva affidato le tesi.

Quando ho vissuto negli USA mi sono appassionata ai corsi di inglese per gli adulti, ho studiato Dewey, ma il sapere non era quello teorico italiano, lì il sapere era saper fare.

Tornata a Milano, ho lavorato all'Umanitaria partecipando a tutta la sperimentazione della scuola media prima dell’istituzione della media dell’obbligo e ho lavorato soprattutto nelle classi differenziali per concluderle e negarle.

In seguito, ho incontrato il professor Gaetano Benedetti con cui ho fatto la mia formazione analitica e il lavoro con lui è stato di raccolta di materiale e di organizzazione di gruppi, da lì si iniziò a impiantare la Scuola di Psicoterapia.

E poi venne la fondazione della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica, l'esperienza di formazione, il lavoro per il riconoscimento del MIUR, ma qui le immagini sono un po' sfocate, faccio fatica a ripescarle."

Il sognare di Lillia a questo punto si interrompe, fatica a nuotare tra le immagini più recenti, quelle emotivamente più vicine, c'è quasi un pudore del ricordo, un volersi discostare da affetti molto forti, ma allora, a supporto della ritrosia della memoria, ecco le immagini, le voci, le emozioni delle sue ex-allieve della Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica che, in un unisono commovente, continuano a sognare per lei, ricostruendo a più mani pezzi di un puzzle importante e offrendole la possibilità di sognare la sua storia fino in fondo. Un atto di amore e di profonda gratitudine. D'altra parte, non è anche questo che lei ha sempre trasmesso nella pratica formativa?

“... Ecco la prima cosa che mi viene in mente pensando a lei. Ricordo che durante una lezione a scuola... le avevo raccontato un sogno che la riguardava... avevo sognato che indossavo i suoi occhiali ... erano proprio i suoi, li avevo ben presente. Erano molto belli e io ero come orgogliosa di indossarli... ma essendo da vista vedevo tutto sfuocato, alterato. Da lì ne venne fuori una bella discussione sul senso della SUPERVISIONE che appunto non significa vedere le cose con gli occhiali di un'altra persona perché altrimenti non si vede niente... ricordo questo momento come una grande lezione. La dott.ssa d'Alfonso è nel mio cuore e nella mia mente come una importante figura formativa, innovativa, creativa, mai scontata. È la prima che mi ha fatto imparare ad apprezzare i film come strumento di conoscenza, ma poi l'arte, la lettura di un libro... ha contribuito enormemente ad aprire la mia mente e uscire da una visione scolastica della nostra professione. Proprio questo mi ha passato... aprire la mente passando attraverso altre forme di conoscenza... soprattutto l'arte. Io non le sarò mai riconoscente a sufficienza per aver fatto proprio questo". (Daniela P.)

"Questa sua frase per me è stata illuminante: '... Il gruppo con le sue letture aiuta il terapeuta in formazione a crearsi i suoi strumenti'...". (Alessia Ca.)

"Mi è rimasto impresso il suo modo di essere, la sua umanità delicata e profonda, la sua capacità di comprendere l'altro nelle sue aree più primitive e fragili... una volta disse: 'Ognuno di noi ha i suoi nuclei psicotici' come a indicare quanto il confine tra terapeuta e paziente sia sottile e quanto ognuno di noi dentro conservi le sue aree buie, rimandando un'immagine assolutamente bioniana di 'senza memoria, senza desiderio' cui dovremmo cercare di tendere come terapeuti e persone". (Silvia S.)

"La ricordo con affetto per la tenerezza e la dolcezza con la quale senza giudizio parlava dei suoi pazienti". (Alessia Co.)

"... Dava un grande conforto per le sue metafore. Sapeva mettere così a proprio agio per cui era l'unica con cui il pensiero di dover andare in supervisione faceva piacere. Aveva sempre una parola generosa e un bel modo per dirti se avevi sbagliato. Era piena di luce che interroga il pensiero e la restituzione accarezzava l'anima... Lei si stagliava in alto dal punto di vista dell'apertura mentale. Come un'artista!" (Giovanna M.)

"Mi vengono in mente tante cose, ripenso al momento della fine del corso della scuola. Si parlava del desiderio di ritrovarci di lì a poco per continuare il gruppo... e lei ci disse che quello ora era un gruppo di desiderio e che il desiderio era una cosa bella e potente, ma che dovevamo prima attendere un tempo e attraversare il dolore del lutto della fine del nostro gruppo per poi chissà diventare un nuovo gruppo dopo aver constatato e sopportato le trasformazioni del tempo e i limiti e la concretezza della vita... Tra le tante cose ricordo quando ci disse di proteggerci dall'identificazione proiettiva anche mettendo le mani incrociate sulla nostra pancia..." (Gemma L.)

“Io mi ricordo un viso luminoso e uno sguardo che va oltre. A me faceva venire in mente un paesaggio uno spazio, quello mentale, che si apre e la possibilità di dare respiro, di prendere fiato di fronte a vicende umane rispetto alle quali era possibile chiudersi perché potevano lasciare senza parole, senza pensiero e soprattutto senza comprensione e pietà… Penso di aver ricevuto tanto, penso di continuare a riceverlo… e quando mi disoriento mi accorgo che sento dentro il richiamo all’ascolto. Mi ricordo ‘ascoltare con gli occhi e vedere con le orecchie’…” (Laura T.)

"Dopo il colloquio di ammissione, percorrendo a piedi la via di casa, piangevo... era per me evidente quello che sapevo da due anni... ero sola... non avevo più dentro di me il calore della presenza della mia analista... e desideravo poter intraprendere una seconda analisi... ero anche sorpresa di come una persona sconosciuta, lei, avesse saputo guardare dentro me e toccarmi, rendendomi ancora più consapevole del mio desiderio..." (Alessandra M.)

"Indossava dei bellissimi stivali di camoscio beige che qualche anno dopo ho ritrovato fra i negozi di Novara, li ho acquistati per me, pensandola. Mi toccava la sua eleganza... infine mi scrisse una bella lettera quando scoprii di essere in attesa di Beatrice..." (Silvia M.)

"Diceva: 'Dobbiamo aiutare il paziente a mettere in parole ciò che ha dentro.'... Di fronte a un mio chiaro intervento dettato dall'inesperienza, il suo supporto fu: 'Per i pazienti è terapeutica anche solo la passione che il terapeuta mette nel suo lavoro con lui’…" (Jenny R.)

"... Ho impressa l'immagine di lei nel gruppo... lei in cerchio con noi che tiene il seminario... sono racconti intensi che a volte divagano dalla lezione, ma che fanno sentire la vita... mi rimane di lei un vissuto di calore e di nonna che abbracciava tutti e che era in mezzo a tutti." (Daniela G.)

"La sentivo allora (come ora) la mia grande maestra di alta e umana professionalità... per me lei fa parte della fortuna di incontri importanti della mia vita." (Maura R.)

"Io ancora adesso ricordo molti momenti, ma alcuni sono scolpiti nella memoria e nel cuore... sono dei momenti extra scuola in cui ci ha portato a vedere le mostre di arte... erano iniziative ad adesione volontaria e per alcune di noi erano importanti al pari delle ore di lezione. Era affascinante ascoltarla nei racconti e negli intrecci di aspetti differenti quali artistici, storici, letterari e psicologici. Fare con lei queste esperienze è stato come affrontare insieme dei viaggi attraverso epoche e storie sempre diverse." (Rossana M.)

"Personalmente quando penso a lei mi viene in mente la vignetta dei Peanuts sull'oggetto transizionale. Me li ha fatti iniziare ad amare... prima non avevo mai colto la profondità dei loro messaggi." (Claudia R.)

Questa coralità appassionata ha dato vita ancora una volta a quel gruppo di lavoro che tante volte si era raccolto in cerchio nella Scuola di Psicoterapia per parlare di psicoanalisi e ora, in un solido cerchio affettivo, il filo dei pensieri di ognuno ha intessuto la trama preziosa raffigurante l'immagine di Lillia e la storia di un indimenticabile incontro.