Tutti hanno bisogno di bellezza come di pane, luoghi in cui giocare o pregare, ove la natura possa curare e rallegrare e dare forza all’anima e al corpo insieme.

(John Muir)

Il giardino è spesso un piccolo dettaglio, di quei piccoli dettagli che fanno la differenza. Un luogo a sé, uno spazio con un potere calmante infinito, come solo la Natura sa donare. Luogo di silenzio, di riflessione, di sorrisi, di emozioni, di concentrazione, di stimoli, di racconti, di giochi, di pensieri liberi, di allegria, di sorrisi, di sogni a occhi aperti, di possibilità, di isolamento con sé stessi lontani dal mondo, di spensieratezza, e, perché no, di cura.

“Il giardino cura il giardiniere che lo cura”, scrive Monica Botta nel bellissimo libro, Caro Giardino, prenditi cura di me. Una guida da portare sempre con sé. Un passaggio.

Il benessere, ossia lo stare bene, l’esistere bene, quella ricerca che tutti prima o poi intraprendiamo passa soprattutto dalla natura, dal suo immenso potere calmante. Sfido chiunque di voi a non sentire quel beneficio di distensione immediata appena ammirate, spesso rapiti, uno spazio verde, un prato che si estende a vista d’occhio, un bosco o una foresta. Se il senso di benessere è immediato a livello di stato emotivo e spirituale, il corpo segue. Esercizio fisico e movimento, camminate, la scelta di compiere passi veloci o lenti in uno stato di assoluto isolamento. Salvo decidere di fare il percorso in compagnia e allora l’elemento di coesione sociale si aggiungerà. Gli aspetti healing del contesto ambientale sono ormai noti: healing significa curativo, che cicatrizza le ferite, che guarisce riequilibrando corpo e mente. La visione olistica che mette al centro la persona coinvolge, oltre alle terapie, anche i luoghi della salute, come l’ambiente sanitario. Ed ecco, quindi, che il contesto naturale entra anche nelle cliniche e negli ospedali, nei luoghi di cura appunto.

L’inserimento del verde terapeutico nelle strutture sanitarie è oggi considerato fra le priorità di ogni società che si rispetti e che si voglia definire evoluta. Per progettare un giardino con scopi specifici, i progettisti internazionali utilizzano le definizioni dell’American Horticultural Therapy Association che ne relaziona tipologie e fruitori. Un ambiente in generale, o un giardino in particolare, ha un utilizzo passivo (dove si possa sostare e contemplare), uno attivo (dove fare attività) e uno sensoriale (dove vivere un’esperienza dei sensi). Ci potranno, quindi, essere interazioni informative, fisiche, sensoriali, funzionali, culturali, spazio-temporali. A ciascuno il suo. Ovviamente, nel creare un giardino, che sia un luogo di cura pubblico o privato (le regole sono quindi applicabili a ogni necessità di una collettività o di un singolo che sia), è importante garantire sicurezza e privacy, accessibilità, comfort fisico ed emozionale, distrazioni positive, diversificazione delle connessioni con la natura, manutenzione ed estetica, sostenibilità.

Si potranno allora avere, come continua Monica Botta, belle e toccanti storie di incontri tra umanità, come quello di nonna e nipote, dove la nonna Adelina ritrova qualche sprazzo di presenza e memoria solo in giardino, uno spazio di luce dove si muove agevolmente e autonomamente creato apposta per lei e per i suoi ricordi perduti tra i colori del cielo dolce di settembre e i profumi dei fiori. O quella di Sara che, durante le cure da una grave malattia, usciva dalla stanza di ospedale per andarsi a sedere su una panchina intorno a un’aiuola affogata fra i parcheggi. Se pur spazio angusto e strangolato dal cemento intorno, qui trovava ristoro e all’uscita dalla struttura aveva passato lunghe ore nel giardino della zia, avvolta da un piccolo orto, da un prato, da noccioli e alberi di fichi che pullulavano di vita. Per mesi era rimasta in compagnia di farfalle, formiche, piccoli insetti, coccinelle e grilli e piano piano, a contatto con tutta quella vita, il suo corpo aveva ripreso forza. La terra le ridava energia e dal disegno dei fiori era passata a vangare il terreno, a concimare, diserbare, innaffiare, trapiantare cespugli e bulbi, insomma, ad animare il giardino. Il suo luogo. La fatica le ridava spazio e vitalità, la cura per la terra ridonava vita alla sua. Un dono reciproco.

Ci sono poi anche le storie di Suor Flora, del suo ora et labora nel silenzio del monastero benedettino alle pendici del Sacro Monte di Ghiffa; o della signora Marta dal vacuo sguardo nocciola e del suo innamorato, il cane Tito, uno splendido Golden Retriever che l’accompagna nelle passeggiate nel giardino fiorito e incantato del piccolo centro diurno per malati di Alzheimer. C’è anche il Giardino della Felicità del Residence Service della mia città, Ferrara, un giardino terapeutico di 2500 metri quadri formato da una serie di percorsi che conducono a piazzole e spazi dedicati a varie attività fisiche-motorie. Si percorre il viale delle erbe ballerine, l’area dedicata a orto e frutteto, lo spazio per la palestra all’aperto, il percorso dei cinque sensi e quello per le biciclette realizzato in gomma anti-trauma e che è un omaggio alla città, la fontana, le pergole.

Il giardino come un regno, ovunque e per chiunque. Un luogo dall’antico sapore magico dove creare composizioni floreali che abbiano la loro storia e la loro motivazione, dove immaginare colori e profumi, dare sfogo all’estro artistico che si trova in ciascuno di noi, rifugiarsi al fresco, sussurrare idee e pensieri, agitarsi e sbuffare pure un po’, superare fatica e limiti, contare sull’aiuto degli altri ma soprattutto di sé stessi, riprendere fiato ed energia. Provate ancora a dire che il giardino non ha una funzione terapeutica…