Maria Burgarella, Psicologa Clinica, opera nel mondo della Guarigione Olistica ed è un’esperta di PsicoAlchimia. Tiene corsi e seminari e da tanti anni si occupa dell’assistenza domiciliare ai malati oncologici terminali. Nella sua esperienza terapeutica rientrano materie come fototerapia, arteterapia, discipline orientali, meccanica quantistica applicata alla psicologia, nonché i temi relativi alla sessualità individuale e di coppia o al rapporto con la madre.

L’abbiamo intervistata dopo il suo intervento al II Convegno tra Scienza e Coscienza svoltosi lo scorso 27 ottobre a Palermo all’Hotel Ai Cavalieri, dove illustri medici e operatori del settore olistico hanno diffuso un nuovo messaggio sul significato della Guarigione.

Che cos’è la malattia nella Psiche?

La malattia è un messaggio del Sé all’Io, da decodificare e lavorare con l’amorevole accettazione del proprio piombo interiore.

In che cosa consiste la Guarigione?

In un processo complesso che include vari livelli, energetico, psichico, emozionale, corporeo, spirituale: bisogna considerare l’uomo come un campo bioenergetico dove tutti i sistemi comunicano tra loro, si intrecciano, interagiscono e sono in ‘entanglement’. Occorre, dunque, considerarli come strumenti che ‘insieme’ creano una sinfonia armonica, uno stato di Ben-essere.

Che cos’è il Viaggio Alchemico?

Esso rappresenta il viaggio più importante della vita di un individuo dall’Io al Sé, verso chi veramente è, quello che Jung chiamava il percorso di individuazione, ovvero il cammino verso la parte più profonda di se stessi: la propria anima. Rappresenta il processo di disvelazione del Sé: “Siamo perfetti come siamo!”

Che rapporto c’è tra blocco energetico e malattia organica?

Si crea un nodo energetico quando non nominiamo, accogliamo, accettiamo e lasciamo fluire le emozioni che, se bloccate, a lungo andare, si cristallizzano negli organi: si parla di vulnerabilità dell’organo corrispondente all’emozione repressa. I polmoni, ad esempio, sono associati alla tristezza, il fegato alla rabbia, i reni alla paura e, se non si sciolgono questi nodi, si arriva alla malattia organica.

È noto che le emozioni hanno dei correlati a tutti i livelli, endocrino, immunitario, etc. Attivano, inoltre, delle risposte fisiologiche nel momento in cui vengono esperite e, se non fluiscono liberamente, gli effetti delle sostanze rilasciate nel soma permangono creando questi nodi energetici. Si generano in questo modo degli squilibri che inficiano il funzionamento ottimale dell’organismo fino a giungere alla malattia organica.

In che cosa consiste il vantaggio secondario della malattia?

Esso rappresenta gli aspetti positivi della malattia che cela vari significati.

Può essere una richiesta di aiuto, di amore e attenzione che trova risposta nell’avvicinamento dei propri cari. Essi si attivano per aiutarci e sostenerci: questo produce una sorta di godimento e può condurre la persona a trattenere la malattia perché è funzionale al suo bisogno di attenzione e amore.

Può inoltre “servire” a ‘mettersi in pausa’ da una situazione stressante, a delegare compiti o doveri, deresponsabilizzando però l’individuo da azioni volte al superamento di tale condizione: il soggetto non vuole cambiare, non vuole guarire, è diventato la sua malattia.

Che importanza hanno parole e pensieri?

Un’importanza enorme perché le parole sono suoni vibranti all’interno delle cellule costituite per lo più di acqua. Essa è il più potente veicolo di trasporto delle informazioni, per cui queste vibrazioni, associate a ciascun suono - sia prodotto come discorso sia come dialogo interiore – insieme all’energia dei pensieri, si ripercuotono nella nostra acqua interna contribuendo a determinare malattia o benattia a seconda delle parole pronunciate o pensate.

Il DNA è un’antenna che risponde istantaneamente a pensieri e parole. Le cellule reagiscono agli ordini del comandante della nave: se si esprimono pensieri di amore, pace, salute, calma e tranquillità - anche in condizioni di malattia - esse saranno in grado di recepire il messaggio “io sto bene” e si attiveranno per ristabilire lo stato di salute. Questa è la base del processo di autoguarigione: se non azioniamo tale potere, le cellule continueranno con i vecchi automatismi dei propri cattivi pensieri, blocchi emozionali, disarmonie.

Quali difese vengono messe in atto per non prendere coscienza di se stessi?

Numerose: l’origine di tutte le difese è la paura. Il lavoro su se stessi presuppone un cambiamento, una destrutturazione, uno smembramento delle parti, ciò spaventa e fa desistere rinunciando così a questa trasformazione.

Le difese sono proiezione, negazione, evitamento e fuga, identificazione, spostamento, etc. La proiezione, ad esempio, è collegata al ‘locus of control’ esterno: si attribuisce il proprio male al destino, alla sfortuna, alla colpa di qualcuno, a qualsiasi cosa, pur di evitare il lavoro interiore che, di contro, presuppone lo spostamento del ‘locus of control’ dall’esterno all’interno.

Quali sono le emozioni amiche?

Sono tutte amiche, anche quelle con una connotazione apparentemente negativa - come la rabbia, il disgusto, il disprezzo, la tristezza etc. - sono funzionali al benessere. Ogni emozione ha sempre una controparte - come due facce di una stessa medaglia - è la psiche che sceglie cosa fare dell’emozione, se lasciarla andare o reprimerla.

Quanto la malattia è legata alla rabbia?

Tantissimo: la rabbia presuppone che nella relazione con l’altro o con se stessi non vengano soddisfatte le proprie aspettative e desideri, oppure che non vi sia un riconoscimento del proprio valore e/o volere.

Si tratta di un’emozione calda che taglia a metà il corpo, tutto il calore si concentra dalla vita in su, il sangue sale alla testa, i pugni sono stretti, si attuano reazioni aggressive sia verbali che fisiche. Se la rabbia non viene espressa, può causare problemi circolatori, cardiaci, pressori, epatici, gastrointestinali e anche disturbi psicologici importanti.

Quanto è essenziale confrontarsi con la propria ombra?

È’ fondamentale, direi: dal confronto con la nostra ombra, infatti, realizziamo che è luce, esiste perché c’è la luce e l’ombra stessa è luce. Pensiamo alla materia oscura, nella Psiche e nell’Universo, sconosciuta, sembra oscura, ma contiene la luce. Dobbiamo solo avere il coraggio di superare la paura: il confronto con l’ombra è il confronto con la morte, con il disfacimento, l’annientamento e la dissoluzione, è una paura atavica che l’uomo ha cercato di esorcizzare dalla notte dei tempi. Proprio perché non ricordiamo di essere perfetti, man mano che ci avviciniamo alla nostra anima, al Sé, all’io sono, questa paura si dissolve grazie al lievito madre ‘amore’.

Cosa intendi per Psicologia Alchemica?

Intendo la trasposizione delle fasi del processo alchemico - nigredo-albedo-rubedo - nel percorso di individuazione del Sé. Questi tre stadi corrispondono all’accoglimento, all’accettazione e all’amore nei confronti dell’ombra e sono passaggi necessari alla conoscenza del Sé autentico.

La trasmutazione alchemica, il mutare attraverso per acquisire una nuova forma di se stessi, si compie soltanto mediante la sofferenza e il superamento della paura di conoscersi davvero.

Come si attiva l’Osservatore Interiore?

Con ‘la presenza’, stando nell’adesso, nella percezione e nell’accoglimento di tutto ciò che succede nel corpo e nella mente, senza alcuno sforzo.

Lo strumento ideale per attivarlo è la meditazione: esistono varie tecniche, ma comunque è una pratica che si attua continuamente senza rendersene conto. La natura pone già l’individuo in una condizione di meditazione: meditiamo contemplandola, cucinando, passeggiando, guardando il mare o il tramonto. L’Osservatore Interiore, però, ne attiva la consapevolezza.

Come si può evitare di alimentare i ‘traumi’?

È noto che il pensiero che rimugina su un evento, alimenta le reti neurali associate ad esso e all’emozione correlata, rafforzandolo. La parola ‘trauma’ può assumere una connotazione negativa: attiva una posizione depressiva e deresponsabilizzante dal superamento dello stesso, potremmo dire: “Sono il risultato dei miei traumi, non posso farci nulla!”.

Il primo passo per evitare di alimentarli consiste nel non considerarli ‘traumi’ ma nodi, passaggi evolutivi, risorse, opportunità di autoconsapevolezza.

Occorre osservare come la persona risponde alle sue emozioni, qui e ora, come fa scorrere dentro di sé il flusso vitale incessante. Esso, infatti, si blocca quando le emozioni represse creano dei nodi capaci di risucchiarne tutta la luce: non bisogna cercare il colpevole ma il significato degli eventi.

Si possono curare le ferite con le fotografie?

Nella mia pratica clinica utilizzo spesso questo strumento appreso dalla sapienza di mio padre che amava definirsi ‘artigiano della fotografia’.

La vita è una successione di ‘adesso’, di istanti che la fotografia fissa, rendendoli eterni. La memoria è un insieme di fotogrammi, un archivio impregnato di senso. La contemplazione silenziosa, prolungata, di una foto che ha un significato e una funzione terapeutica per la persona, fa emergere il nodo emozionale, facilita la rievocazione del ricordo: l’emozione è viva e vibrante come era in quel momento. La fotografia è come ‘un amo’ che pesca nell’inconscio quell’attimo in cui ci siamo sentiti abbandonati o rifiutati o non riconosciuti e così via: quell’emozione sgradevole ha creato una increspatura nel proprio essere, generando una ‘difesa’, la fotografia serve a spianare quella piega facendo collassare ogni difesa.

Cosa possiamo fare nella quotidianità per raggiungere il Benessere?

Innanzitutto, porre attenzione al dialogo interiore, a parole, pensieri e percezioni, poiché ‘il pensiero crea la realtà’.

Praticare la meditazione che - oltre ad avere effetti positivi sul microbiota, sullo stato pressorio etc. - facilita l’auto-osservazione, calma la mente e permette di entrare in un campo di coscienza allargata.

‘Stare in presenza’, giocare e cercare l’arte dentro di sé, come fanno i bambini, ma anche essere in relazione con il bambino interiore ha un grande potere di guarigione.

Aver fiducia in se stessi e coltivare la capacità di affidarsi.
Avere, infine, un obiettivo: come disse Buddha: “Il tuo scopo nella vita è quello di trovare un obiettivo e dargli tutto il tuo cuore”.

Cerchiamo di entrare nelle frequenze della gratitudine e dell’amore, così saremo in risonanza con il campo della pura consapevolezza, entreremo in coerenza con esso e prenderemo coscienza della nostra perfezione.