La parola sanscrita Bhakti deriva da Bhaj che significa “essere in adorazione, essere connessi al divino”. Per saperne di più sul Bhakti Yoga abbiamo intervistato Elena Rizzo insegnante di Harmonium e Bhakti Yoga.

In che cosa consiste il Bhakti Yoga e in cosa si distingue dagli altri stili di yoga?

La pratica del Bhakti Yoga non è fare degli asana o restare immobili in meditazione, consiste piuttosto nel risvegliare le nostre emozioni, attraverso il canto dei mantra, dirigerle in modo che le nostre anime vengano elevate. Il canto dei mantra può avvenire sia con l’accompagnamento di strumenti musicali, sia con il semplice uso della voce. Mantra è un termine sanscrito e significa strumento per dominare la mente. Man mente, tra strumento. La ripetizione dei mantra ci porta, infatti, a pulire la nostra mente da ogni pensiero riportandoci nel qui e ora.

Perché hai iniziato ad approfondire il Bhakti Yoga?

Insegno diversi tipi di yoga, ma il Bhakti è il mio preferito perché consiste nell’apertura del cuore, nel sentire in noi quella scintilla divina che risplende in ogni essere vivente. Secondo la Trimurti indiana infatti, in ogni cosa c’è un principio creativo (rappresentato dal Dio Brhama, il creatore), un principio conservativo (rappresentato dal Dio Vishnu, colui che protegge la vita) e un principio distruttivo (rappresentato da Shiva, il materializzatore e trasformatore, colui che distrugge per lasciar spazio al nuovo). Quando riconosciamo l’essenza divina che è in noi, proviamo un sentimento di amore incondizionato verso noi stessi e tutto ciò che ci circonda. Percepiamo con ogni cellula che siamo tutti connessi, e non separati gli uni dagli altri, diventiamo consapevoli di essere vibrazione, energia creativa, di essere tutti parte di un immenso universo. Detto in parole semplici: all is one.

Perché consiglieresti di provare il Bhakti Yoga anche a chi non ha mai fatto yoga?

Come ogni altra forma di yoga, anche il Bhakti Yoga conduce all’auto-realizzazione, risveglia la nostra presenza acuta, ci aiuta a vivere con pienezza nel presente e a connetterci con la parte più profonda e vera di noi: la nostra anima, la nostra essenza divina. È accessibile a chiunque voglia provare a cantare, suonare o anche solo ascoltare per riconnettersi a se stesso e meditare. Da un punto di vista scientifico inoltre, quando cantiamo questi mantra emettiamo delle vibrazioni positive, che vengono registrate dal nostro ipotalamo, che a sua volta li trasmette all’ipofisi iniziando a secernere ormoni che nutrono e curano il nostro corpo. Sono i famosi ormoni del buon umore come l’ossitocina e la serotonina. Il che spiega anche il vecchio detto delle nonne: “Canta che ti passa”!

Qual è la funzione dei mantra e perché la loro ripetizione è così importante in questo tipo di yoga?

I testi dei mantra sono per lo più in sanscrito o in gurmukhi (nel caso dei mantra del Kundalini Yoga). Quelli in sanscrito sono dedicati a diverse divinità induiste. Cantare i loro nomi ha un’importanza fondamentale, perché attraverso la continua ripetizione dei nomi di Krishna, Vishnu, Ganesh, Shiva, Durga o di qualunque altra divinità, in realtà andiamo a riaffermare la nostra essenza divina. Quei nomi non sono altro che i nostri stessi nomi, sono la nostra anima, sono un ricordarci che in noi ci sono già tutte le risorse di cui abbiamo bisogno, c’è un’anima immortale e divina che illumina il nostro cammino. Per noi occidentali, inoltre, il non sapere esattamente il significato dei mantra ne aumenta ulteriormente l’efficacia, perché ci affidiamo a questi suoni e la nostra parte razionale, non sapendo come associarli, rimane semplicemente in silenzio e ci permette di entrare in un profondo stato di meditazione. Allo stesso tempo invece la nostra anima riconosce subito i nomi del divino come i suoi stessi nomi e si risveglia donandoci una sensazione di gioia profonda, benessere e amore.

Che origini ha il Bhakti Yoga?

Il Bhakti Yoga ha origini antiche, il primo testo nel quale se ne parla con chiarezza è la Bhagavadgītā1, opera che si ritiene sia stata scritta nel V secolo a.C. Il poema narra che Arjuna domanda a Krishna come potrà scendere in battaglia contro i suoi cugini. Arjuna soffre perché non vuole uccidere i suoi parenti e al tempo stesso non vuole morire. Krishna spiega al giovane guerriero che il suo compito è accettare la strada che il destino ha disegnato per lui e di impegnarsi ad essere sempre il miglior se stesso possibile, senza però alcuna forma di attaccamento al risultato. Krishna esorta quindi Arjuna a praticare con costanza lo yoga, perché questa disciplina lo porterà a connettersi con la sua essenza divina e ad agire in armonia con il cosmo, senza attaccamento. Krishna spiega che esistono tre vie fondamentali nello yoga: il Bhakti Yoga (yoga della devozione, yoga del cuore); il Karma Yoga (agire in modo disinteressato, servire e aiutare il prossimo senza pretendere nulla in cambio); il Jnana Yoga (il cammino della trascendenza del sé e della conoscenza).

Come si è diffuso in Occidente il Bhakti Yoga?

Il Bhakti Yoga in India si pratica da tempo immemore ovunque e ancora oggi per le strade non è raro assistere a dei kirtan (persone che cantano tutte insieme dei mantra). In Occidente invece l’arrivo del Bhakti Yoga è da attribuirsi a Srila Prabhupada che nel 1965 giunse in un solitario porto di Brooklyn con l’equivalente di sette dollari in rupie e un baule carico delle sue traduzioni dello Srimad-Bhagavatam in lingua inglese. Giunto a New York, Prabhupada dovette affrontare grandi difficoltà ed iniziò umilmente la sua missione tenendo lezioni sulla Bhagavadgītā nella Bowery e guidando i suoi primi seguaci nei kirtan a Tompkins Square Park.

Il suo messaggio di pace colpì profondamente molti giovani, alcuni tra i quali si fecero avanti per diventare seri studenti della coscienza di Krishna. Nel luglio del 1966 fondò ufficialmente l’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna (ISKCON), meglio nota come movimento degli Hare Krishna. Sono non a caso gli anni di Woodstock in cui si voleva costruire un mondo migliore, un mondo dove ogni gesto sarebbe stato guidato dall’amore e non dall’interesse per il denaro. Sono gli anni in cui i Beatles partono per l’India (1968) per meditare insieme al Guru Maharishi Mahesh Yogi e ne ritornano totalmente cambiati.

Non tutti sanno che George Harrison è stato infatti uno yogi e molta della sua produzione da solista ne è la testimonianza. Raccontaci di più.

Chi più di tutti tra i Beatles fu influenzato dal mondo del Bhakti Yoga fu senz'altro George Harrison che nel 1970 iniziò la sua carriera da solista con un brano straordinario come My Sweet Love. L’influenza del Bhakti Yoga è evidente anche in molti altri brani come Om Hari Om (Gopala Krishna), Hare Krishna Maha Mantra, Govindam Adi Purusam. Si tratta proprio di mantra musicati non a caso divinamente! Per spiegare cosa sia il Bhakti Yoga forse sarebbe sufficiente citare proprio le parole di un suo brano Mystical One del 1982:

They say I’m not what I used to be
All the same, I’m happier than the willow tree...
I know something so dear to me
Beyond words, beautiful feeling in my soul.

Spesso nelle tue lezioni proponi cover di George Harrison ma anche di molti altri artisti contemporanei. Chi sono i tuoi maestri e cosa cantate durante le tue lezioni?

Tra i grandi artisti occidentali contemporanei che hanno fatto del Bahkti Yoga la loro vita senza dubbio Krishna Das è tra i miei grandi maestri. Deva Premal è un'altra artista tra le più famose oggi, insieme a Jai Uttal e David Newman. Per i mantra del Kundalini Yoga invece le mie artiste preferite sono Snatam Kaur, Bachan Kaur e Jai Jagdeesh. Durante le mie lezioni cantiamo mantra classici, cover, ma anche mantra musicati da me! Sto lavorando ad un album accompagnata da ukulele e chitarra e sogno di trovare un produttore!

Ultima domanda, perché so che molti se lo stanno chiedendo. È difficile imparare a suonare uno strumento come l'harmonium? Qual è stata la tua esperienza personale e cosa consigli a chi desidera iniziare?

Come mi ha insegnato un compositore geniale che ho avuto la fortuna di incontrare la musica è di tutti, è già dentro di noi, dobbiamo solo risvegliarla! L’harmonium è uno strumento che già con pochi accordi può dare risultati incredibili. Chi sa già suonare uno strumento a tastiera non avrà grandi difficoltà con questo piccolo organo, dovrà solo prendere confidenza con il soffietto ed essere molto leggero con la mano. I tasti, infatti, vanno solo sfiorati. Chi invece non ha mai suonato potrà imparare in brevissimo tempo. Nelle mie lezioni insegno subito la teoria del Do Mobile e fin dalla prima lezione faccio suonare dei mantra.

1 Bhagavadgītā (sanscr. «Il canto del Beato») Celebre poema filosofico-religioso indiano, intercalato nel Mahābhārata. È il testo sacro più diffuso fra milioni di indiani che venerano in esso la parola divina di Viṣṇu. (Fonte: Enciclopedia Treccani). Costituisce con le Upanishad e il Brahma Sutra il cosiddetto triplice canone dell'ortodossia hindu. (Cfr. Bhagavadgītā, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma 1964).