Come sempre cerchiamo di analizzare le risorse che lo yoga ci mette a disposizione per migliorare la nostra pratica, maturare a livello psico-emotivo nella nostra vita quotidiana e far crescere la coscienza collettiva.

Perché la gratitudine è uno dei pilastri della yoga

Forse vi siete chiesti anche voi perché nel mondo dello yoga c'è tanta attenzione al tema della gratitudine. Forse prima di entrare in uno studio di yoga non vi eravate mai soffermati più di tanto a riflettere sull'argomento. In effetti le pratiche di yoga iniziano spesso e finiscono sempre con un ringraziamento. Quello di chiusura è il Namasté, il tipico saluto indiano con i palmi uniti davanti al petto accompagnato da un leggero inchino della testa che significa non un semplice “buongiorno/buonasera”, ma più precisamente “mi inchino alla tua anima”. Questo semplice gesto è fortemente rappresentativo della filosofia yogica.

Nulla nel mondo indiano si muove senza una costante attenzione alla dimensione più sottile dell'esistenza. Non è un caso, infatti, che spesso gli insegnanti usino frasi o riflessioni sulla gratitudine in modo da introdurre e allenare una presa di coscienza da parte degli allievi. A furia di Namasté e ringraziamenti al lignaggio dei maestri e al tempo che ci siamo dedicati praticando, il concetto di gratitudine inizia a insinuarsi in noi e a diventare sempre più familiare nel nostro quotidiano. Così in modo molto naturale ci si potrebbe ritrovare più attenti a questo tema di quanto non avessimo mai fatto prima di iniziare yoga. Ma che cosa ci interessa sottolineare della gratitudine? Come potremmo definirla rispetto al mondo yogico? La gratitudine è strettamente correlata con il senso di accettazione. E l'accettazione di sé in primis, e dello stato delle cose che ci circondano, è fortemente correlata alla soddisfazione della vita e quindi al senso di appagamento e contentezza che ne può derivare (santosha). Uno dei cosiddetti otto rami (“comandamenti”) dello yoga riguarda niyama (disciplina individuale) e include cinque virtù legate allo stile di vita che lo yogi dovrebbe cercare di perseguire. Santosha è una di queste cinque virtù. Corrisponde all'appagamento che deriva dal senso di gratitudine che uno yogi dovrebbe avere per quello che già c'è. “Si dovrebbe sviluppare la virtù dell'esser pago o santosha. Una mente che non è felice non può concentrarsi. Uno yogi non sente la mancanza delle cose ed è quindi naturalmente felice”, pago, grato. “Appagamento e tranquillità si hanno quando la fiamma dello spirito non vacilla nel vento del desiderio”1.

Perché più siamo grati e più la pratica migliora

Dal punto di vista fisico praticare yoga con un senso di gratitudine significa imparare ad accettare. In particolare, significa accettarsi per quello che siamo, ovvero imparare ad ascoltare i limiti del nostro corpo. Solo così piano piano impareremo a non accanirci o deprimerci per le nostre imperfezioni, e a non rischiare di farci male nel tentativo di superare quei limiti. Lo yoga richiede la pratica quotidiana sul tappetino, lo sappiamo, ma l'esercizio fisico è prima ancora un esercizio mentale. Il corpo è uno strumento per liberare la mente. In questo senso praticare il senso di gratitudine, attraverso precise posizioni e riflessioni introdotte dall'insegnate, prima durante o dopo la pratica, è uno degli elementi che più possono aiutarci a conquistare serenità e appagamento nella nostra vita. Il costante richiamo a un certo tipo di atteggiamento nei confronti della vita, fondato sul senso di gratitudine per quello che c'è, sull'attenzione al presente, sul donare in modo disinteressato, è infatti ciò che ci permette di fare nostro il senso di gratitudine e renderlo come una costante musica di sottofondo nelle nostre giornate.

Come si può imparare a sentirsi grati quando siamo sopraffatti da malumori e pensieri negativi

Per cosa mi sento grata? Ammetto che più spesso mi sento ingrata, riconosco quello che ho razionalmente, ma non sempre la mia pancia si connette allo stesso livello. Più spesso ci vuole calma, tempo, pazienza e un po' di meditazione per sintonizzarmi. A furia di allenarmi però ho imparato due personali trucchetti che non sono certa funzionino per tutti, ma prendeteli per quello che sono e se vi incuriosiscono sono vostri ovviamente.

Mi stampo un sorriso forzato in faccia. Soprattutto se sono di pessimo umore. I primi secondi mi sento sempre un'idiota, e dopo poco inizio a pensare a come dovrei sentirmi per corrispondere a quel sorriso e, di solito, è un modo abbastanza immediato se non per cambiare umore, almeno per ricordarmi che posso provare a farlo. Prendo le distanze dal momento di pessimo umore che sto vivendo e tanto basta per ridimensionarlo, guardarmi da fuori e prenderne un minimo le distanze.

Subito dopo, inizio a fare un elenco mentale di tutte le cose che oggettivamente ho e di cui posso godere: da una giornata di sole a piccole e semplici cose che amo, beni materiali, immateriali, persone e animali, la natura in tutte le sue infinite e strabilianti forme. Valgono anche luoghi, case, stanze, atmosfere... E mentre elenco, immagino di non potermi fermare, come fosse una gara a chi trova più elementi. A questo punto l'elenco da puro e semplice quale è, piano piano si trasforma come in un senso di abbondanza. Non penso specificatamente ad ogni cosa che ho elencato perché essendo di cattivo umore niente mi tocca sulle prime. Sento solo l'umore nero, ma, man mano che l'elenco prosegue, qualcosa inizia a sbloccarsi. Credo sia l'effetto quantità. L'elenco diventa sempre più lungo e io mi sento cieca a non riconoscerne il valore. E lì qualcosa cambia e inizio a riconnettermi con la mia parte più profonda che è grata di quanto ha. A quel punto in modo didattico mi dico: “Vedi, di che ti lamenti? Lascia perdere il malumore. Trova una soluzione o cambia panorama!”.

A volte si tratta solo di imparare a sganciarci da meccanismi e automatismi mentali e di trovare trucchi ed escamotage semplici, ma efficaci e funzionali per noi. Cambiare panorama per me significa questo. Accorgermi che sono in fissa negativa e tagliare corto per accelerare il processo di cambiamento emotivo. Cercate i vostri trucchi, quelli che funzionano per voi o ascoltate i consigli di psicologi e neuroscienziati che sicuramente la sapranno più lunga di me in merito. Ogni esperimento, consiglio, suggerimento, per quanto astruso va testato su di sé. Ognuno di noi è diverso e ciò che funziona per me non è detto valga per un altro. Ovviamente la meditazione aiuta e allena in questo senso a scardinare automatismi mentali e a prenderne le distanze, ma, quando non avete tempo di sedervi comodamente e prendervi del tempo per voi, consiglio piccoli stratagemmi come questi per spostare l'attenzione dall'identificazione con l'emozione negativa che vi sta turbando per ricentrarvi e connettervi con il vostro senso di gratitudine per la vita che state vivendo. Per quanto incasinata e difficile è pur sempre un'occasione per provare a migliorarla no?

Se siete di quelli che si svegliano al mattino di pessimo umore più o meno sempre, senza sapere bene il perché o pur sapendolo, provate a mo' di test a sperimentare la tecnica del sorriso sforzato di cui vi ho parlato o quanto meno a spostare in modo automatico la stazione radio su una riflessione in merito alla gratitudine. Che cosa è per voi? La sentite? Poco, tanto? E quando durante la giornata vi ricapita di avere momenti di tristezza o ansia provate di nuovo a tornare a pensare alla gratitudine. Per cosa siete grati? Iniziate il vostro elenco. Cercate di chiedervi con la massima gentilezza di fare questo esperimento di ascolto con voi stessi per almeno una o due settimane. A ogni pensiero negativo dovremo sostituire immediatamente una riflessione sulla gratitudine e su come vorremmo sentirci. Potreste scoprire dei cambiamenti mentali radicali nella vostra vita. Questo perché è per lo più questione di quanto ci focalizziamo sul bianco o nero delle cose.

Dipende da noi. La nostra mente e le nostre emozioni rispondono in modo biologico a ciò che ci accade, ma più spesso la loro risposta è automatica. Si tratta di percorsi neuronali che, come strade, abbiamo solcato per anni e di cui semplicemente continuiamo a seguire la traccia. Il cervello fa il suo, più che bene, anche quando si tratta di emozioni negative, ma ciò che ci insegna lo yoga è che mentalmente possiamo imparare a prendere le distanze dalle nostre emozioni, soprattutto se negative e guidare noi la nostra mente verso orizzonti più sereni e luminosi.

1 B.K.S. Iyengar, Teoria e pratica dello yoga, Ed. Mediterranee.