Il terapeuta più abile
è colui che sa far nascere l'amore
in un corpo che ne è privo.

(Sacha Nacht)

Gli antichi parlavano di mens sana in corpore sano, alludendo al benessere come situazione ideale determinata da un equilibrio fra la salute corporea e quella psichica. Oggi, più modernamente, si afferma che la vera salute nasce dall’equilibrio tra la rappresentazione che abbiamo di noi come corpo e quella di noi come mente, perché il corpo e la mente altro non sono che due aspetti di una complessità studiata dalla scienza con strumenti diversi, biologici e psicologici. Quindi non vi è diversità fra la mente e il corpo, quanto piuttosto diversi sono i punti di vista di studio della relazione mente-corpo e più in generale materia-spirito.

Gli eventi della natura così come l’unità dell’uomo hanno sempre una natura complessa che può essere studiata ed affrontata con approcci diversi, i quali, a volte, possono sembrare contradditori. Ma come fare a coniugare questo dualismo con la necessità di scoprire il senso di unità che sottende tali manifestazioni? Una visione del mondo che cerchi di intrecciare tutti i livelli in un modello il più possibile coerente, costituisce per l’individuo una necessaria ricerca di ordine, che va a riattivare gli archetipi universali e il loro divenire individuale, espresso non solo nelle vicende umane ma anche nella storia biologica e psicologica del corpo e della mente dell’uomo che ripete analogicamente le leggi del Macrocosmo, ove la parola “cosmo” racchiude nella sua dinamica due significati strettamente affini: l’ordine che è presente nell’Universo e che pertanto sarà presente anche nell’uomo e, l’armonia che ne regge le sue leggi immutabili che si esprimerà nell’uomo come sintesi di parti armonizzate nel tutto, come continuum biologico, psicologico e spirituale che si snoda nelle infinite metamorfosi filogenetiche, in un progetto virtuale che ha come fine la propria coscienza individuata.

L’ecobiopsicologia, come sviluppo delle scienze della complessità e in accordo con le moderne teorie evoluzionistiche, propone un modello che ambisce a porre in relazione i codici semiologici delle forme del vivente e i loro particolari linguaggi (aspetto ecologico) con gli analoghi linguaggi del corpo umano, che sedimentano in sé la filogenesi del mondo (aspetto biologico) per poi ritrovare tale relazione fra “mondo” e “bios” umano negli aspetti psicologici e culturali dello stesso, grazie ai miti, alla storia delle religioni e alle immagini collettive dell’umanità (aspetto psicologico). È in questo senso che possiamo parlare dell’uomo come “creatura integrale” che, nell’accezione più profonda del termine, esprime quella dimensione radicata nella sua fisicità che diviene “tempio vivente” della propria progressiva emancipazione cosciente verso l’unità, quella dimensione che non è stata ancora ordinata secondo quella costante armonica che definiamo come legge universale e che nel suo procedere verso l’integrazione, apre la coscienza a significati non prevedibili e trascendenti l’ordinario. Per accedere a quanto vive occulto nell’intimo santuario della propria anima, non è possibile avvalersi di una semplice logica descrittiva “lineare”, quanto piuttosto di una lettura “circolare” capace di integrare la conoscenza razionale con il valore irrazionale dell’empatia ed una fondata consapevolezza dell’essenziale interazione ed interdipendenza di tutti i fenomeni: fisici, biologici, psicologici, sociali, culturali e spirituali.

Il modello circolare dell’ecobiopsicologia si occupa non solo degli aspetti medici e psicologici quali emergono dalle fonti istituzionali del sapere (ospedali, cliniche, ambulatori, ecc.), ma anche di mettere in relazione i sintomi e la malattia con gli aspetti amplificativi dell’inconscio tratti dalla psicologia analitica, dalla mitologia, dallo studio delle relazioni della vita e dell’immaginario a confronto con le concezioni moderne del trauma, dell’attaccamento e delle neuroscienze. Anche la psicoanalisi classica aveva l’ambizione di mettere in relazione le problematiche della malattia con gli aspetti più amplificativi dell’uomo, ma la novità della teoria ecobiopsicologica, è quella di riconoscere come l’espressività del corpo e della sua patologia siano correlabili analogicamente con le immagini archetipiche dell’inconscio collettivo, riconoscendo nell’uso consapevole del simbolo e dell’analogia la possibilità di correlare gli aspetti corporei con gli analoghi psichici, tanto personali quanto collettivi.

Come sappiamo, molti studiosi nel corso del tempo ci hanno mostrato come il corpo, sano o malato che sia, “parla” un suo specifico linguaggio strutturato sulle leggi espressive proprie del simbolo, rendendo l’interrogativo ancora più esplicito: cosa vuole comunicare l’inconscio del paziente attraverso la malattia? La medicina ne mette in evidenza l’aspetto della sofferenza e tutti i possibili impatti sul normale funzionamento dell’organismo e dell’individuo. Indubbiamente, queste espressioni manifeste della malattia sono da tenere in considerazione, al tempo stesso questa enfasi clinico-riduttiva corre il rischio di non riuscire a cogliere un altro fattore importante, e cioè che la malattia può rappresentare anche un momento di riflessione e di rivalutazione della situazione esistenziale del paziente.

Lo psicoanalista svizzero C.G. Jung propose una concezione della dinamica fra coscienza e inconscio, quali parti in rapporto dialettico fra loro, quali opposti coinvolti in una danza senza né tempo né spazio nella direzione di una sintesi creativa da lui definita con il termine di individuazione, da non considerare come un “punto di arrivo” tout court, quanto piuttosto come un vero e proprio “processo” che ritrova nel suo sviluppo, movimento ed evoluzione la possibilità di procedere verso la costruzione di una personalità coerente, consapevole delle proprie risorse e delle proprie aspirazioni, in grado di integrare la parte cosciente con quella inconscia, e di integrare se stessa nella rete di relazioni interpersonali e nella società. Lungi dall’essere un percorso intellettuale ed astratto, esso rappresenta una necessità naturale “in quanto impedire l’individuazione, mercé il tentativo di stabilire delle norme ispirate prevalentemente o addirittura esclusivamente a criteri collettivi, significa pregiudicare l’attività vitale dell’individuo” (Jung, 1968, pag. 463), e si sviluppa attraverso la faticosa conquista di una personalità più matura che ognuno di noi attua passando attraverso resistenze, conflitti, difficoltà, tensioni, strappi, passi in avanti e passi indietro, e anche malattie, sia fisiche che psichiche!

Pertanto, il fenomeno della “malattia” non rappresenta solo il fallimento lungo il cammino verso l’individuazione, ma anche un “passo” necessario ad un rinnovato movimento. In questa prospettiva, il ruolo di “colui che cura” diventa fondamentale non solo nel far recuperare la salute, togliendo o diminuendo il dolore fisico e psichico, ma anche nell’essere capace di “ascoltare le ragioni” della malattia, ossia di sintonizzarsi con la parte più autentica del paziente nel mentre di un cammino alla ricerca della coerenza delle proprie azioni come delle proprie potenzialità. In tal senso, la nuova visione dell’uomo riconosce la centralità del Sé inteso quale “nucleo propulsore” che fornisce uno scopo centrale alla personalità e dà un senso alla vita.

Il Sé, in quanto fattore d'ordine della totalità psicosomatica, è responsabile non soltanto delle immagini simboliche, ma anche degli eventi corporei pertinenti alle immagini stesse, affinché l'“essere psicologico” non si nasconda più dietro le finzioni e le rappresentazioni delle “maschere dell'Io”, ma compaia come il vero e proprio “dramma” dell'anima che chiede di essere ascoltata, per ritrovare nella sincronicità degli eventi la traccia del proprio destino, come direbbe Diego Frigoli – fondatore del pensiero ecobiopsicologico: “L‘uomo è costretto ad ammalarsi sempre di nuovo finché non ha ottenuto ciò che vuole ossia l’autenticità della propria condizione umana, la libertà della propria espressività e la realizzazione della propria progettualità. Quando sono in varia misura compromesse il nostro Sé psicosomatico manifesta la sua sofferenza in quella dimensione umana che l’Io chiama malattia”.

Bibliografia

Biava P.M., Frigoli D., Laszlo E. (2014). Dal segno al simbolo. Bologna: Edizioni Persiani.
Frigoli D. (2016). Il linguaggio dell'Anima. Fondamenti di Ecobiopsicologia. Roma: Edizioni Magi.
Frigoli D. (2017). L’alchimia dell’anima. Roma: Edizioni Magi.
Jung C. G. (1968). Tipi psicologici. Torino: Boringhieri.
Nacht S. (1973). Guarire con Freud. Roma: Newton Compton.