L’essere umano ha dei bisogni che, come ha sottolineato in maniera perfetta Maslow (1954), sono di diverso tipo. Maslow ha immaginato i bisogni dell’uomo come una piramide, con una base ampia, e via via a salire, con livelli sempre più elevati, fino ad arrivare al vertice della piramide stessa. In questa piramide, alla base di tutto sta la fisiologia, e quindi per noi sono fondamentali il respiro, l’alimentazione, il sesso, il sonno, l’omeostasi. Senza il soddisfacimento di questi bisogni di base la nostra esistenza rischia di durare molto poco.

Soddisfatti questi bisogni, l’uomo si trova a dover gestire i bisogni relativi alla sicurezza: dalla sicurezza fisica, a quella finanziaria/occupazionale, a quella morale, familiare, alla sicurezza relativa alla salute e alla proprietà. Se non si trova soddisfazione a questi bisogni, ci si sente privi di un riparo, con riscontri sia fisici, diremmo oggettivi, come la mancanza del cibo e di un letto, sia psicologici, come l’ansia relativa alla sopravvivenza di se stessi e del proprio nucleo familiare.

Si passa quindi ad un bisogno più elevato, superiore ai precedenti, ossia il bisogno di appartenenza: in altre parole, una volta vivi e al sicuro, abbiamo il bisogno di sentirci parte di un tutto, o perlomeno di un gruppo. Ecco quindi il bisogno, insito in tutti gli uomini, compresi i più riservati e restìi a socializzare, di instaurare legami di amicizia, di avere affetti familiari, di avere un’intimità sessuale con altri. Queste sono le basi fondamentali per poter “salire di livello”, per passare cioè a bisogni ancora più elevati, salendo nella piramide.

E si incontrano così i bisogni relativi alla stima, intendendo per stima il rispetto di se stessi e degli altri: quindi l’autostima, l’autocontrollo, la realizzazione personale, il rispetto reciproco. La violenza sugli altri, il fenomeno dello stalking, la mancanza di rispetto per l’autorità sono tutti fenomeni che risultano dalla non accessibilità al livello della stima. Ciò avviene, interpretando attraverso la teoria della piramide dei bisogni, a causa del mancato soddisfacimento dei livelli precedenti: si tratta cioè della conseguenza di una frustrazione di uno o più dei bisogni dei livelli precedenti. Per esempio, si tratta di persone che hanno perso fonti di sostentamento, che non sono o non si sentono amate, che non riescono ad avere una vita sociale o sessuale appagante, e così via. Alla base, quindi, c’è la frustrazione di determinati bisogni. Se invece la persona riesce a soddisfare i livelli precedenti, e anche ad avere un buon livello di rispetto per sé e per gli altri, ecco che può accedere e arrivare a soddisfare i bisogni più elevati, quelli posizionati in cima alla piramide, cioè i bisogni di autorealizzazione. La persona che ha soddisfatto i livelli precedenti, messa nelle opportune condizioni favorevoli, riuscirà a sentirsi realizzata, in quanto potrà perseguire le cose più elevate e raffinate, cioè la moralità, la creatività, la spontaneità, la risoluzione di problemi, l’accettazione degli altri, delle cose e delle idee, l’assenza di pregiudizi.

I bisogni più alti, collegati alla piena realizzazione di sé, del proprio pensiero, delle proprie risorse e potenzialità, sono esattamente ciò che rende possibile la cultura, intesa sia come bagaglio personale, sia soprattutto come espressione all’esterno di un bagaglio interno, personale, cioè la produzione di idee, la nascita di teorie, la creazione artistica e la produzione scientifica e letteraria. La cultura, intesa come espressione dell’eccellenza all’esterno, è ciò che – a ragione – viene considerata “patrimonio dell’umanità”. Una sorta di “dono”, spesso gratuito, di un soggetto dotato, in grado di appagare tutti i bisogni della piramide, che riesce ad arrivare in cima, e a quel livello riesce ad esprimere al meglio quello che la sua mente, e la mente della collettività che egli in qualche modo “rappresenta”, è in grado di produrre.

Se intendiamo così l’uomo, i suoi bisogni, la sua produzione nelle espressioni più alte e raffinate, non può non colpire lo scarso peso che i media danno alla distruzione di opere d’arte, di siti archeologici, di musei, di valore spesso inestimabile. Per quanto la vita di esseri umani sia importante, la produzione di una cultura, il prodotto più alto e sublime di un popolo, il patrimonio dell’umanità tutta non può non avere un’importanza fondamentale nel mondo. La cultura passa attraverso le generazioni, valica il trascorrere del tempo. La distruzione di questo passaggio, di questo processo, ad opera di singoli o di gruppi, di guerriglie o di azioni belliche strutturate, di azioni casuali e irrazionali o finalizzate ad un qualche obiettivo, è un crimine contro l’umanità tutta, è un atto che non può lasciare indifferenti, è un fatto che reclama di essere messo in prima pagina. E invece no. Non voglio qui elencare i siti distrutti nelle varie guerre e distruzioni, non è mio il compito di riportare all’opinione pubblica i fatti. La comunicazione, il giornalismo, il mondo della produzione di notizie, mai come oggi così prolifico di news e di immagini cruente, che cosa fa davanti ai bisogni più elevati dell’umanità?