Un omaggio all’ingegno femminile. Alla ricerca della bellezza, al desiderio di perfezione, all’antico talento per la sperimentazione e la materia, fondamento di ogni sapere delle donne. Questo è l’intento di Opus Mulierum: l’arte dimenticata delle donne, evento espositivo che verrà inaugurato il 16 maggio prossimo, per la durata di due soli giorni, a Fischen, in Alta Baviera, presso il Centro Congressi Fiskina, in occasione del convegno medico Allgäuer Wildkräuterkongress 2015. La prima tappa di un progetto culturale itinerante, per ricordare tredici figure di donne alchimiste della storia. Perché l’alchimia è stata, appunto, opus mulierum: un lavoro da donne!

Una pratica che ben si adatta ai talenti muliebri, come ogni occupazione che preveda il contatto stretto con la natura e la materia prima, nell’instancabile compito di osservare, discernere, raccogliere, per poi conservare, essiccare, mescolare, cuocere, impastare, e infine confezionare e somministrare: cibo, farmaco, cosmetico. Cura. Lo spirito dell’alchimista ha attraversato la storia della cultura femminile molto prima che l’alchimia diventasse raffinata espressione di sapere. Ha raccolto i semi di un territorio arato dal quotidiano agire, da parole ed esperienze tramandate nelle generazioni, fino a farsi espressione di un’eredità consapevole e definita. Perché l’alchimista, quando è degna di questo appellativo, conosce e domina la complessità; padroneggia la metallurgia, l’astrologia, i saperi esoterici, la medicina; conosce le erbe di vita e di morte. Fonde infine le diverse discipline nelle affascinanti risonanze della parola oscura, nelle raffinatezze del pensiero. Porta la materia al di là dell’apparenza della superficie, attraverso l’esplorazione, la sperimentazione, il rito della ripetizione e del perfezionamento.

Il fine ultimo è il più alto traguardo dell’esistenza: trasformazione, evoluzione, panacea. Onniscienza. Immortalità. Elisir. Pietra filosofale. Un processo instancabile e concentratissimo fatto di dissoluzione, purificazione, ricomposizione della materia, in un bilanciatissimo equilibrio filosofico degli elementi. Zolfo, Mercurio, Sale. Maschile e femminile uniti in un principio di armonica corrispondenza. Al centro dell’indagine è sempre l’essere umano, nella sua individualità e nel suo rapporto di stretta relazione con il macrocosmo.

Le alchimiste della mostra Opus Mulierum, condotte per mano da altrettante “madrine”/ricercatrici che ne ripropongono biografie e opere, ci accompagnano lungo il millenario percorso dell’opus alchemicum femminile fin dagli albori delle sue origini, attraversando i secoli fino ad arrivare ai giorni nostri. L’elemento femminile è infatti fondamentale nell’excursus storico di questa particolarissima scienza, che fu considerata “Mater” di ogni sapienza. Come la natura stessa, che è maestra e guida del filosofo e dell’alchimista, il quale, secondo la definizione di Paracelso, nel suo esserne servitore e allo stesso tempo artefice, è simile al fornaio che cuoce il pane, al vignaiolo che prepara il vino, al tessitore che fa il tessuto. Lavori fortemente vicini alla connotazione delle pratiche affidate alle donne. Esattamente come l’ostetricia, che simbolicamente rievoca il processo alchemico, con il richiamo dei metalli al ventre sacro della terra, dalle cui viscere vengono estratti dalle mani dell’uomo: e in fondo, l’opera alchemica è soprattutto operazione ostetrica in senso filosofico, in quanto recupero di un tesoro spirituale custodito nei reconditi penetrali dell’essere.

Le donne sapienti di Opus Mulierum si abbracceranno idealmente in un cerchio: espediente espositivo ma soprattutto evocazione emblematica di una dimensione condivisa, dove esse possano dialogare fra sé e con il pubblico nel loro raffinatissimo linguaggio. Qui sveleranno la propria identità le più antiche fondatrici dell’arte: Maria l’Ebrea, inventrice della fortunata tecnica che da lei prende il nome di “bagnomaria”, figura di confine tra i territori dell’immaginario e della storia; ma anche Cleopatra l’alchimista, la mesopotamica profumiera Tapputi e le sacerdotesse cipriote di Afrodite, custodi dei segreti di un’arte cosmetica che era parte dell’essenza stessa della loro dea. E ancora si materializzeranno i vaporosi laboratori alchemici della sontuosa Bisanzio, da dove la cultura femminile è rimbalzata, superando l’ostacolo di secoli ostici alla circolazione dei saperi, allo splendore della rinascita umanistica delle corti italiane ed europee, nell’eccezionalità di un mondo aristocratico femminile cinquecentesco e seicentesco affamato di viva conoscenza e di sperimentazione. Caterina Sforza. Isabella Cortese. Anna di Sassonia. E poi ancora oltre, fino a tempi a noi più vicini.

Ne emerge un universo variegato e scintillante, dove protagonista privilegiata è l’arte della distillazione, esplorata attraverso i testi di alcune ricette tratte dalle opere originali delle alchimiste o dalle sorprese inaspettate della ricerca archeologica. Un’alchimia delle donne ma anche, spesso, per le donne, come nell’intento del trattato rinascimentale di Isabella Cortese, che svela Segreti per ogni gran signora, o di Marie Meudrac, che un secolo più tardi pubblicava la sua Chimica caritatevole e facile a beneficio delle Dame. Scrigni aperti su sperimentazioni e segrete ricette finalmente svelate, dove trovano largo spazio conoscenza erboristica e arte cosmetica, capisaldi delle conoscenze pratiche delle donne, ma anche strumenti di un ingegno al servizio del bello come principio superiore. Sublimazione empirica e intellettuale al contempo, riflesso ed eredità dell’antica dedizione femminile alla sacralità della natura.