In un ventoso pomeriggio primaverile, avventurandomi in una Milano trafficata, attraversata da persone sempre in corsa in cui rischio pericolosamente di inciampare, città animata da un instancabile senso del fare, ma anche commovente per la bellezza delle sue forme evidenziate da squarci di sole e per la sua essenza di vitalità e generosità, ho la straordinaria opportunità di incontrare Anna Crespi, rappresentante della milanesità più profonda.

L’imprevedibilità, l’originalità, il non scontato pertengono al personaggio Anna Crespi e si manifestano fin da subito nel nostro incontro. Intanto, il luogo è la prestigiosa sede, austera e soave allo stesso tempo, degli “Amici della Scala” in via dei Giardini, nel paradiso della Milano storica che fa respirare il senso della bellezza; l’immersione negli stupendi saloni dell’associazione impreziositi da tappeti, mobili d’arte, pianoforti, quadri d’autore e disseminati da miriadi di fotografie di personaggi illustri della musica, da compositori, a direttori d’orchestra, a cantanti lirici, soffonde la sensazione del sacro, dello straordinario, quasi ci si libra in una dimensione che attiene all’onirico.

In questo tempio della musica ecco apparire Anna con una gentile disponibilità all’incontro. Il nostro parlare sarà un volteggiare ondivago tra una dimensione e l’altra della vita di Anna Crespi, in uno stato simil-oniroide dove presente e passato, realtà e fantasia, vita reale, libro di carta e libro magico, visioni e concretezze ci accompagneranno in maniera libera e umbratile, dove sperimenteremo incontri o allontanamenti, chiarezze o confusioni, armonie o stonature a seconda delle dimensioni della mente che attraverseremo, ma dove la costante ricerca di sintonizzazione e il piacere dello scambio hanno mantenuto saldo il fil rouge della relazione. Ecco il nostro andare a zonzo di pensiero in pensiero.

Aver trascorso una vita intensissima per ambiente, frequentazioni, lavoro, nella Milano più viscerale, più vissuta, più milanese che si possa immaginare, aver respirato a pieni polmoni la creatività e l’operosità di una città così unica e accogliente, aver volato e soggiornato nei meandri della Scala quali fossero il mondo fantastico dell’Alice di Lewis Carrol: ma che vita singolare è stata ed è quella di Anna Crespi? La bambina Anna come si è sentita in quell’ambiente magico, privilegiato, dove la cicogna l’ha depositata? Come ha vissuto il suo paese delle meraviglie? Sappiamo che Alice ha attraversato sorprese entusiasmanti, ma anche angosce terrificanti. E Anna?

Ho avuto un’infanzia psicologicamente difficile, mia madre aveva 19 anni, eravamo in guerra, non c’erano uomini, erano rimaste tutte donne, distratte sui bambini. Ero certa di essere stupida, così me lo aveva fatto credere una maestra cattiva e così era stato il rispecchiamento generale, tanto che io mi sono convinta di essere davvero stupida e gli altri pensavano che fossi sordomuta perché non avevo voglia di affrontarli con le parole, in realtà sentivo e capivo tutto. Infatti da adulta ho persino scritto un romanzo che si chiama Stupida come la luna che per me significava il pallore della donna, la stanchezza fisica, il continuamente dare. Probabilmente questa è un’eredità emotiva infantile: di fronte alla villa in cui abitavo c’era il lago e i quattro lampioni della casa davano al bianco edificio una luce speciale di chiarore, in particolare quando c’era la luna, che sembrava penetrare nelle stanze con le finestre aperte. Allora la nonna era solita schermarle con i paraventi nella camera dei bambini perché diceva che i riflessi della luna ci avrebbero reso anemici.

Questa percezione così svalutante di sé crea sofferenza indicibile, è una ferita dell’anima.

Ero arrivata a non soffrirci perché era normale per me identificarmi con la stupidità e non ho fatto le scuole, ma ceramica, ricamo, tutte le attività femminili possibili che non prevedessero apparentemente l’applicazione della mente, fin quando all’improvviso mi è venuto il dubbio di non essere stupida. Da lì c’è stata una gran voglia di arte e di cultura che erano diventate il mio tabù perché nessuno mi aveva aiutato a studiare bloccando l’intelligenza; questo è stato terrificante perché io non credevo in me, comunque mi sono contornata da persone di altissima cultura e mi sono fatta aiutare da loro, tanto che, verso la fine degli anni ’70, ho pensato che sarebbe stato utile e importante fondare un’associazione che si occupasse della musica e da lì, con gli appoggi di Wally Toscanini, Antonio Ghiringhelli e con i direttori e i vicedirettori dei giornali di allora come Indro Montanelli, Piero Ottone, Gaspare Barbiellini Amidei, Franco Di Bella e con la collaborazione della Sovraintendenza della Scala, abbiamo fondato gli “Amici della Scala” [1] di cui sono diventata presidente. Mi sono sempre fatta aiutare e la mia fortuna è stata di avvicinarmi a uomini e donne di grande valore. D’altra parte la mia discendenza era piuttosto importante perché è la storia dei Serbelloni e dei Colleoni. La terribile esperienza della guerra l’ho passata a Tremezzo in una villa di incredibile bellezza che ha fatto sì che si sviluppassero in me la passione per la cultura e per l’arte. C’erano le stanze dell’Abate Parini, che era il precettore dei Serbelloni, e dell’abate Frisi. La mia famiglia mi ha permesso di vivere nella bellezza; casa bella, natura bella, ma dentro di me c’era l’isolamento totale. Alla fine la solitudine, la proibizione e il blocco dell’intelligenza hanno fatto sì che riuscissi, anche per sopravvivenza, a farmi aiutare da gente straordinaria.

Era una vita intensamente vissuta dentro di lei, aveva un mondo segreto molto ricco di parole, di scoperte, di bellezza, di paure, di fantasie, che però non usciva all’esterno. Come Alice nel paese delle meraviglie, c’erano queste bellezze, ma anche queste chiusure, questo non far vedere agli altri che aveva una mente. L’incontro con la bellezza ineffabile a volte può essere insopportabile tanto quanto i tribolamenti più intensi.

C’era la bellezza della casa, della natura, la bellezza dentro di me formava il mio gioco, c’era tutta una creatività vicino alla bellezza, la bellezza mi ha aiutato molto a formarmi dopo. Il bozzolo della creatività doveva sbocciare…

Per cui la bellezza, la musica, le immagini, le parole hanno soffuso la sua esperienza.

La musica è comparsa quando sono entrata concretamente nel suo mondo, ho avuto una amicizia fortissima col maestro Cantelli, e avevo il privilegio di assistere alle sue prove d’orchestra alla Piccola Scala. È stata dunque l’esperienza emotiva con una persona che mi ha aiutato ad entrare nel mondo dell’arte e della musica. Ho anche scoperto che nella partitura musicale c’è dentro tutto, lo stato d’animo, le sensibilità, le visioni, la pazzia anche, contiene più di una pagina scritta, ciononostante a me piaceva scrivere e dipingere. Poi ho scelto di scrivere, non potevo fare tutti e due.

Allora la scrittura è entrata, a un certo punto, a far parte di lei stessa. Scrivere è un po’ come sognare e il sogno, come dice un noto psicoanalista, serve per leccare le ferite emotive degli affanni.

La scrittura è come vivere il sogno, è una gran cosa, è una forma di pazzia, è un’allucinazione. Per quanto riguarda il sognare è vero, di notte accadono tante cose che poi risolvono i problemi del giorno.

Le parole sono anche musica e immagini. Le parole parlate sono ritmo, sono rapporto, possono essere carezze o graffi, possono essere colorate o spente, sonore o sorde, gorgheggianti o mute, aperte o nascoste, libere o terrorizzate come racconta la sua toccante esperienza di bambina. E il suo rapporto con la parola scritta?

Ho cominciato a scrivere tardissimo perché ci sono momenti difficili per tutti, il lavoro degli Amici della Scala si stava spegnendo per altre cattiverie che mi venivano addosso, gelosie, invidie, e allora è successo che mentre ero in un albergo con mio marito, ho preso tutta la carta da lettera che c’era in camera e ho cominciato a scrivere per capire cosa stava succedendo a Milano e così è nato Stupida come la luna. Adesso sto scrivendo il terzo romanzo. Non so se c’è rapporto con le mie parole, vengono da dentro, sono allucinazioni, divento altre persone, altro che gli attori di teatro...

L’ultimo suo libro Cerchiamo insieme è una fiaba: come mai la scelta di questo genere letterario? È uno tra i più difficili.

Come nasce questo libro? Nasce dal dolore intollerabile perché era morta mia figlia Matè, persona straordinaria, magnifica e io sono diventata “pazza”, piangevo, urlavo, mi addoloravo. Scrivere questo libro mi ha aiutato molto, l’ho dedicato a lei e non lo vendo, lo regalo soltanto.

Narra una ricerca di mamma. Il neonato ha implicita dentro di sé l’aspettativa di mamma, è una pre-concezione innata e tutta la sua sensorialità è rivolta in spasmodica ricerca verso questo personaggio che racchiude il senso del vivere, odore di mamma, voce di mamma, pelle di mamma, ascolto di mamma, sguardo di mamma: ecco l’irrinunciabile bisogno del bambino per poter esistere. E quando la mamma è introvabile cosa succede? Non solo cosa succede nella mente del bambino, ma anche nella mente della madre cosa si verificherà? Può essere che la mamma non ci sia e che non si sappia niente di lei: la madre assente può esserlo non solo perché se ne è andata, ma può esserlo anche se ha la mente altrove. Nella fiaba veniamo a conoscenza dell’impresa di Costanza, una ragazzina aiutata da Nonna a cercare la madre scomparsa, ma anche ad affrontare il complesso passaggio dell’adolescenza, per trovare, alla fine, se stessa nel cammino della crescita. Che storia sta in realtà raccontando?

È la storia di una bambina, quella di mia figlia, che era legata moltissimo a lei, è la storia di una bambina che cerca la sua mamma. Nonna, che non significa la nonna, ma è un nome proprio, vede comparire Costanza dalla nebbia, e vanno a cercare mamma insieme, ma per farlo la bambina deve prima trovare se stessa, nella storia compare anche un libro magico con le pagine bianche e quando entra un personaggio la pagina si colora.

Nonna allora è personaggio simbolico benefico, riparatore, con funzioni di aiuto e di guida.

Sì, Nonna posso essere io, la mia infanzia, gli Amici della Scala, Cantelli, Julien Green, che ho accompagnato nel Duomo di Parma a cercare la sua futura tomba, o Bruno Vailati, che mi insegnava a scoprire il fondo del mare… Tornando al libro, Costanza e l’amica Prudenza vivono esperienze di crescita finché Nonna comunica loro una notizia insperata sulla mamma: è viva e a causa di un incidente in cui aveva battuto la testa era diventata smemorata, non sapeva più chi fosse, anche la mamma stava facendo un lavoro paziente e costante per cercare se stessa, per ritrovare la memoria e ricordarsi di Costanza per ricongiungersi a lei.

La fiaba di Nonna, Costanza, Prudenza e Mamma sembra un sogno. I personaggi del sogno possono rappresentare tante parti del sognatore. Per cui Anna, autrice del libro-sogno, è impersonata, di volta in volta, dai protagonisti di Cerchiamo insieme. È Nonna che cerca di aiutare la nipotina a crescere, a scoprire i misteri della vita, ma Anna è anche la bambina confusa che si crede stupida e non si sente vista e capita da una madre distratta/smemorata, Anna è rappresentata da Prudenza nelle sue reticenze, Anna è la mamma che deve ritrovare se stessa e recuperare la mente devastata dal dolore dopo la morte dell’adorata Matè. Nel sogno il tempo e lo spazio sono confusi, strampalati, si possono fondere e confondere, così come nel libro il reale e l’immaginario si trasfondono in un entrare e uscire dai diversi ambiti e dalle diverse parti…

È morta mia figlia e questa fiaba è stato un bisogno psicologico e alla fine ho sistemato tutti, ho fatto resuscitare mia figlia, ho voluto mettere a posto le cose, è stato terapeutico, non potevo non scriverla. La mamma è smemorata come io ero smemorata, che non trovavo me stessa, e nella fiaba la mamma ritrova se stessa ricostruendosi, così come faccio io nell’esperienza della scrittura. Sto raccontando che non voglio soffrire più per la morte di Matè, ho dovuto trovare una soluzione a questa morte, ero diventata pazza di dolore.

Noi siamo fatti di narrazione e lei Anna, con un’intelligenza emotiva straordinaria, ha trovato davvero un rimedio eccellente per prendersi cura del suo dolore.

È vera l’utilità del raccontare, io mi sono salvata così. Ma la musica è altrettanto importante, c’è stato un periodo in cui avevo un problema grosso con mia figlia e la musica mi ha sbloccato la mente, le ho teso la mano e l’ho riempita della mia affettività. La famiglia è importante. Per i miei bambini prima che si addormentassero, creavo il sogno: “vedi la luna, le stelle, un fiore … ” davo loro queste immagini e poi loro le sognavano.

E così, con questa scena dolcissima, con la voce cantilenante di Anna che intona la sua struggente ninna-nanna, scende il sipario sul nostro “parlare come sognare”, sul nostro “cercare insieme” Anna, cercando di avvicinarci senza fare troppo rumore al mistero della sua verità, mistero, d’altra parte, insito nell’ineffabilità dell’essere umano. Arduo è uscire dal mondo fiabesco che si è inverato nella narrazione tessuta di immagini e di musicalità in cui Anna ha saputo, con la spontaneità e la naturalezza che la connotano, creare ancora una volta poesia.

[1] Amici della Scala
Fondata nel 1978, con sede nel cuore di Milano, l’associazione Amici della Scala, in oltre trent’anni di storia, sempre sotto la guida di Anna Crespi, ha organizzato mostre, conferenze, concerti. Ha dato alle stampe centinaia di pubblicazioni editoriali, musicali e non solo. Ha affiancato realtà museali, università e centri studi in progetti di restauro e salvaguardia mettendo in rete centinaia di istituzioni artistiche internazionali. Nel 1998 è stata insignita del Premio della cultura dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Come salotto culturale della città di Milano, l’Associazione Amici della Scala rappresenta un importante spazio di incontro e di dialogo, che negli anni ha ospitato direttori d’orchestra, primi attori e ballerini, registi teatrali e scenografi, oltre a centinaia di protagonisti del mondo culturale, letterario, editoriale, accademico italiano e internazionale.
Ecco in sintesi le iniziative di maggior rilievo:
- Nasce nel 1983 Prima delle prime: una serie di conferenze-spettacolo dedicate a tutte le opere e balletti in cartellone per l’intera durata della stagione in corso al Teatro alla Scala.
- Quattro rettori delle più importanti Università milanesi hanno dato vita a una pubblicazione semestrale: Musica e Teatro che premia le tesi di laurea migliori. Successivamente altre Università italiane si sono unite all’iniziativa.
- Realizzazione dell’opera di salvaguardia dell’archivio dei bozzetti e figurini del Teatro alla Scala (oltre 15.000 lavori di De Chirico, Savinio, Vellani Marchi, Buzzati, ecc...). Nello specifico, restauro, inventario, catalogazione, sistemazione fisica.
- Dieci proposte per un Centro Servizi da realizzare nei sotterranei del Castello Sforzesco di Milano, elaborate da gruppi di studiosi coordinati dal professor Marco Albini del Politecnico di Milano. Da ciò sono nati: una mostra, la disponibilità dell’assessorato alla cultura della Regione Lombardia a fondare l’“Associazione per i musei lombardi” e un libro-documento donato al Comune.
- Collane editoriali sullo spettacolo del Teatro alla Scala; 89 titoli tra i quali anche alcuni di carattere giuridico-economico.
- Anno per anno, presentazioni, conferenze, conversazioni sulle produzioni d’opera e di balletto.
- Presentazioni di edizioni musicali e librarie.
- Premio Internazionale Mecenate, dedicato ai mecenati che hanno devoluto importanti donazioni. Ai premiati dono di opere d’arte di artisti contemporanei, poi raccolti in un libro-catalogo.
- L’Associazione ha svolto un servizio di pubbliche relazioni e organizzato incontri con giornalisti e critici musicali, per dare maggior rilievo alle notizie riguardanti l’attività scaligera.
- Sostegno alla Biblioteca del Conservatorio “G. Verdi” di Milano (destinazione alla stessa del fondo Mascarello: oltre 50 manoscritti musicali di grandi compositori tra cui Bellini, Cimarosa, Donizetti, Giordano, Mercadante, Paisiello, Pergolesi, Scarlatti).
- È online un blog che, affiancato al sito istituzionale, promuove le attività dell’associazione e si irradia su Facebook, Twitter e Youtube (che gli Amici della Scala usano per depositare su Internet i filmati dei loro eventi).
-Tutto fa capo sia al sito www.amicidellascala.it che al Portale “Together for culture” e viene annunciato in una Newsletter mensile.