Oggi, titolare di un prestigioso premio letterario e, a Ravenna, elemento d’attrazione di turisti internazionali, Guidarello Guidarelli è al tempo stesso figura mitica e storica, sfortunato in vita, ma amatissimo, soprattutto da un pubblico femminile, in morte. Come per il presente, anche nel passato si sono creati personaggi ed eventi completamente trasfigurati dal mito o da un alone di mistero che hanno colpito la fantasia e il desiderio di identificazione del “pubblico”, a scapito della verità storica.

La “favola” di Guidarello ne è un esempio lampante. Potremmo dire, per usare un’espressione oggi abusata, che questo cavaliere, immortalato, in tutta la sua bellezza, nella scultura di Tullio Lombardo, è stato fatto “santo subito”, tanto che gli sono stati attribuiti poteri “taumaturgici”, come quello di trovare marito o di dare alla luce un pargolo di rara bellezza alle donne che fossero riuscite a baciarlo. Le guance sbaciucchiate e spalmate del rossetto delle infuocate ammiratrici fecero il giro del mondo e furono immortalate anche in un film, La ragazza di latta, girato nel 1970 da Vittorio Aliprandi e interpretato dall’icona erotica Sydne Rome. Si dovette correre ai ripari: la statua fu recintata, ma non servì, si racconta di donne innamorate che si nascondevano negli anfratti dell’Accademia per passare la notte in un gelido amplesso con la statua… alla fine si arrivò all’estrema conseguenza di “imbucanare” il bel soldato nei sotterranei dell’Accademia.

I tempi passarono e alle infatuazioni sessual-sentimentali per le belle statue, si sostituirono, prima i miti di celluloide, poi i ben più invasivi e diuturni fantasmi del tubo catodico e finalmente lo sfortunato guerriero sembrò aver pace: fu possibile rimuovere la melassa di cosmetici che lo ricopriva e, dopo un filologico restauro, eccolo restituito, nella Galleria dell’Accademia, alla sua dimensione storico-estetica. Poco tempo fa, però, fu oggetto, anche qui segno dei tempi, di un’esibizione erotica, tradotta in un video-hard, che un’attricetta-porno in cerca di celebrità, girò di soppiatto nell’austera sede dell’Accademia. Ma perché non fu vera gloria la sua?

Trasferiamoci nella Romagna tra fine ‘400 inizi ‘500; sotto la protezione del padre, papa Alessandro VI Borgia, Cesare, il “Valentino”, anche con l’aiuto di truppe francesi, si prepara a dare l’assalto alla Romagna per creare le basi di un suo futuro stato personale esteso, poi, all’Italia centrale. Guidarello Guidarello, ricco, colto, prestante, come consuetudine all’epoca, mette le sue abilità al servizio del maggior offerente e, pur essendo cittadino di Ravenna, allora punto di forza della repubblica veneziana, passa sotto le bandiere dello stato pontificio e, quindi, nei quadri dell’astro nascente Cesare Borgia. Lo troviamo citato in diverse imprese belliche, ma contemporaneamente fa l’informatore per il suo stato di provenienza, la Repubblica di S. Marco, che dopo aver tentato una timida protezione delle città romagnole, è costretta a ritirarsi e cercare di difendere almeno Ravenna: Guidarello segnala le mosse del formidabile esercito del Valentino, la sua consistenza e la sua strategia.

E arriviamo al marzo 1501, quando le bande del Valentino, acquartierate a Imola, si godono il carnevale tra crapule e tornei, in attesa di sferrare un altro attacco contro l’autonomia romagnola; fra i festeggianti c’è anche Guidarello, che sembra che venga a lite con un altro cavaliere sul prestito di una camicia ricamata da usarsi nelle feste in atto; per questo, un tale Virgilio Romano “non ie la volendo rendere e cruzatosi con lui… lo taiò a pezzi e amazzollo…”.

Tutto può essere, anche che un cavaliere maturo ed esperto si faccia infilzare per un vestito di carnevale, però, viste le compagnie e il “datore di lavoro” che frequentava, nasce il legittimo sospetto che l’eliminazione di Guidarello sia dovuta a qualcosa di più serio. Cesare Borgia, avventuriero senza scrupoli, come del resto la maggior parte dei suoi colleghi, si dilettava a infilzare tori, ma soprattutto a far fuori eventuali doppiogiochisti (e ce n’erano molti) ed era ben lontano dall’essere quel grande stratega politico immaginato da Machiavelli in uno dei suoi abbagli “pratici”, tant’è vero, che quando morì il papà papa, nel giro di pochissimo il suo dominio si sciolse come neve al sole e questo campione di coraggio se la dovette dare a gambe levate in Spagna facendo un’oscura fine. Come la mettiamo, allora, con un Guidarello che, da una parte guidava i suoi manipoli e dall’altra faveva l’informatore per Venezia?

Particolare non trascurabile, mentre il nostro cavaliere agonizzava in Imola, il Borgia junior e suoi accoliti “feno una festa; balano tutta la notte, e il duca balò”… Non è quindi da escludere che il Borgia, non del tutto convinto della posizione del cavaliere ravennate, per “tagliare la testa al toro” (appunto uno dei suoi sport preferiti) l’abbia fatto eliminare con un risibile pretesto. Molti sono stati gli interventi e gli studi su Guidarello, basti citare Pier Desiderio Pasolini, Corrado Ricci, Alfredo Panzini; pochi, invece, si sono interessati di un romagnolo eroe vero: Astorre Manfredi da Faenza, che intrecciò la sua vita con le vicissitudini di Guidarello. Infatti, a salvare la Romagna di fronte alla brutale conquista del Valentino, rimasero in due, una signora di ferro come Caterina Sforza e un giovanissimo diciottenne, appunto Astorre Manfredi, che, amato e seguito dai suoi concittadini, combatté fino allo stremo e, quando si trovò impotente ad arginare la micidiale coalizione internazionale che aveva messo insieme il Duca, si diede, assieme a un cugino, in ostaggio al Valentino per evitare ai faentini rappresaglie che solitamente comportavano stragi, stupri e distruzioni. I due valorosi Manfredi furono rinchiusi a Roma in Castel Sant’Angelo e, poi, alla faccia della lealtà, ritrovati annegati nel Tevere.

Ecco, i miti possono, entro certi limiti, essere utili e stimolanti, ma non dimentichiamo la storia…