E sale il fumo dei profumi con le suppliche dei santi
dalla mano dell’angelo di fronte a Dio

(Rivelazione a Giovanni, Il Cerchio, 2013, traduzione di Giacomo Maria Prati)

L’apertura del settimo sigillo rappresenta il punto di svolta di tutta la visione profetica di Giovanni, il centro del centro, l’incrocio decisivo di tutti i “settenari”. Nonostante ogni parte del Libro dell’Apocalisse di Giovanni sia ugualmente denso di ricchissimi significati spirituali e non possa darsi nel suo racconto un vero “prima” e un “dopo” come li intendiamo noi comunemente, per cui ogni parte della Rivelazione di Gesù è centro, è “tutto in tutto”, tuttavia la posizione e i caratteri dell’apertura del settimo sigillo, e lo stesso numero sette, sembrano dirci che rappresenta una fase solenne e gravida di conseguenze.

Il settimo sigillo infatti apre senza soluzione di continuità alle sette trombe l’ultima delle quali, a detta dello stesso testo, “ultima il mistero di Dio” e, quindi conclude la stessa storia dell’azione divina e la stessa visione data a Giovanni. Le trombe poi possiamo considerarle “contestuali” ai sette celesti segni (che avvengono tutti o in Cielo e dal Cielo) l’ultimo dei quali sono le sette coppe, cioè l’ultima veloce fase del giudizio di Dio contro Babilonia e le forze anticristiche, che già inizia con il ciclo delle divine trombe. E il cerchio si avviluppa, procede ritornando a se stesso! Il settimo, numero prediletto che compare decine di volte in questo testo sacro, è il culmine di tutti i sigilli e non è un caso che sia Cristo risorto nella sua forma di Agnello, umile vittima che si è offerta al posto nostro, l’unico a poter “sciogliere” i sigilli, come un fuoco può sciogliere la cera, come ci ha “sciolto dai peccati” come dice la stessa Rivelazione (Ap. 1,5).

Il sigillo poi è segno ambivalente: segno di consacrazione e appartenenza a Dio, ma pure segno di resistenza alla realizzazione del regno di Dio e al compimento della sua Volontà. E’ come se i sette sigilli fossero nel mezzo fra il settuplice Spirito Santo, da cui vengono i sette sacramenti, e i sette peccati principali. L’ambiguità del segno del sigillo, pur possedendo un intrinseco valore funzionale, si incrocia con l’ambiguità propria di ogni silenzio, come pure si assomma alla duplicità della Rivelazione di Dio: apocalisse del mistero del bene ma pure del mistero del male. Don Divo Barsotti ricordava che il fuoco di Dio è salvezza per il giusto ma condanna per il malvagio. Certo è che se il Rotolo divino non venisse aperto ci resterebbe solo lo struggente pianto di Giovanni. Un pianto misterioso ma eloquente. Se il Libro non si inizia ad aprire allora è come se la vita non potesse andare avanti e resta solo il pianto.

L’immagine di una donna che deve partorire può farci capire meglio il mistero del pianto di Giovanni. Tutti i sigilli si ricapitolano nel settimo: l’espansione del Regno di Dio (il cavallo bianco), la purificazione sacrificale dall’assenza di amore (il cavallo color fuoco) la giustizia vangelica del Regno di Dio (cavallo scuro) che lascia sempre possibile compiere “l’olio e il vino”, cioè la misericordia e l’amore (che è il motto di Papa Francesco), la prova della Morte (il cavallo verde pallido), l’invocazione del compimento del Regno e della resurrezione della carne (quinto sigillo) e l’avvertimento penitenziale (sesto sigillo) che rinnova il creato, inizia a provare i malvagi, plasma un nuovo, ma sempre apostolico, Popolo di Dio (i 144.000 sigillati) e compie sia le antiche profezie (Is. 13.10.11; Is. 23.24; Ml.3, Atti, 2.10) sia inizia a realizzare pure le profezie escatologiche di Gesù contenute nei Vangeli.

I tempi dei sigilli sono come i tempi delle sette lettere: tutti i tempi della storia umana fra la resurrezione di Cristo e i “nuovi cieli e la nuova terra”. Ma i tratti salienti del settimo sigillo sono due, suppletivi, nuovi, omninclusivi, perché nell’Apocalisse tutto è nuovo, tutto è uno, ma pure tutto si sdoppia, come le visioni del Faraone che interpreta Giuseppe e come la doppia razione di manna che Israele raccoglie il giorno prima del Sabato (Gioacchino da Fiore, Commentario sull’Apocalisse) e sono questi: il Silenzio che “riempie il cielo” e uno speciale rito celeste, che si seguito analizzeremo. Concentriamoci ora su questo strano e straordinario “silenzio”. Perché è tanto eccezionale? Perché Dio è Parola, Gesù è la Parola incarnata di Dio e questa divina Parola crea, sostiene, rinnova e regge l’universo per cui attestare che a un certo punto il Cielo sarà silente (anche se solo per mezz’ora, cioè, forse, poco più di 20 anni, a seguire la seconda Lettera di Pietro) è un qualcosa di sconvolgente che mette a rischio la stabilità e la vitalità del mondo. L’Apocalisse infatti è visione non solo immaginifica ma pure sonora e ci mostra un Cielo ricco di suoni, voci, musiche, cetre, trombe, tuoni e ci descrive mondi angelici affollati nei quali il canto di lode a Dio è il respiro stesso degli angeli (Gianni Garrera, Apocalisse di Giovanni), la loro stessa natura e ragione d’essere.

Parlare quindi di un Cielo silente è un fatto che sembra alludere a uno sconvolgimento, a un'inversione, oppure, comunque, a un apax irripetibile che deve per forza possedere una funzione e un significato decisivo e fondamentale nell’economia divina della salvezza. Giovanni Paolo II nei suoi ultimi interventi, poco prima di lasciarci, si lamentava, biblicamente, come un nuovo Giobbe, del “silenzio di Dio”, come un allontanarsi della capacità umana di percepire Dio dato dalla medesima insensibilità di un’umanità ormai decadente e abbruttita dal materialismo. In questo senso il “silenzio” è già condanna, e corrisponde a un'“autocondanna” che l’umanità si affligge quando si ostina a rifiutare la voce d’amore di Dio. Questo è un possibile significato del silenzio che appare una volta che l’Agnello scioglie il settimo sigillo: Dio che lascia l’uomo, ribelle, al suo rumore, all’illusione della sua autosufficienza; Dio che lascia (temporaneamente) l’umanità in balia di se stessa!

E’ una tema nuovo, per come viene posto dall’Apocalisse, con lancinante chiarezza, ma pure ne esistono alcuni echi e precedenti biblici, come ad esempio in tutti quei salmi dove si invoca Dio chiedendo: Svegliati Signore, Sorgi Signore, (Salmo 44 e 83) come a voler interrompere con il clamore di una preghiera accorata un’apparente “sonno di Dio”, il quale, come disgustato dal male che vede sulla terra, volge per un momento la sua attenzione su altro, o su se stesso! Il silenzio quale forma di sofferenza e sdegno di Dio a cui corrisponde il dilagare del male sulla terra. Quei salmi a cui abbiamo accennato sono la spiritualizzazione universale dell’invocazione di Israele in momenti drammatici della sua storia, quando si è trovata circondata da nemici spietati, intenzionati alla sua completa distruzione.

Un secondo possibile significato spirituale per questo anomalo silenzio che “riempie” tutto il Cielo per “mezza ora” (e il concetto di “dimidialità” è segno apocalittico di giudizio, di svelamento, come il velo del Tempio che si squarcia in due alla crocefissione/morte di Cristo) è dato da quei passi biblici, rari ma presenti, in cui il silenzio divino viene spiegato quale preannuncio del mega hemera theou, cioè del gran giorno dell’ira di Dio, cioè un momento, profetizzato, di speciale manifestazione della potenza di Dio che interverrà sulla terra a glorificazione dei giusti e a confusione dei malvagi, culmine della continua assistenza divina che mai, per Israele e per la Chiesa, ha abbandonato la storia dell’uomo. Lo stesso Magnificat, quasi uniche parole della Madre di Dio nei Vangeli, e nuovo Cantico della nuova storia di salvezza che è il Cristianesimo, parla di “potenti rovesciati dai troni” e di “umili innalzati”, rinnovazione di tale concetto apocalittico di “riequilibramento” dell’umanità.

In questo senso questo “silenzio” va visto quale segno dei tempi, quale “prova di riconoscimento” e segno anche della pazienza di Dio, che cerca come di rallentare in ogni modo il momento della rivelazione della sua giustizia, proprio per permettere e favorire la conversione di molti e cercare di colpire con durezza meno anime possibili. Il terzo possibile senso lo troviamo in una stretta connessione del silenzio celeste con il rito celeste descritto appena dopo. Anche qui c’è qualche traccia biblica. Il silenzio quindi quale contesto giusto per un rito celeste importante che viene descritto come un offerta a Dio di tutta la Chiesa, di tutto l’universo, e ha come oggetto di offerta sia “molti profumi”, come uniti al Profumo di Cristo di cui parla San Paolo, che le “preghiere dei santi”. Questa è l’essenza della Messa: unire la nostra offerta spirituale dentro l’unica Offerta del Figlio. Il profumo è per definizione segno del sacrificio e, quindi, allude al sacrificio di Cristo in croce.

Si tratta quindi di una sorta di Messa celeste, dell’archetipo vivo della Messa, da cui derivano tutte le azioni sacramentali sulla terra. Riti simili, di Messe dove tutto “si vede”, in quanto non c’è più velo di apparenza ma solo un divino “apparire” manifestativo, rivelativo, li ritroviamo, raccontati, nei romanzi medioevali del Graal e della Tavola rotonda, chiaramente influenzati dalla visione giovannea. In questo caso quindi il senso preciso del silenzio deriva dal significato preciso del contesto narrativo di questo Rito che non è facile da definire: perché proprio dentro l’apertura del settimo sigillo si mostra il Rito perenne del Cielo unito attorno a Dio e a cui seguiranno le altre rivelazioni celesti che sono i “segni”? E’ solo una ricapitolazione dell’unico ed eterno Sacrificio di Cristo, nuovo e definitivo Melchisedek, oppure vuole dire altro? Questo Rito va inserito nella progressione dell’apertura del Libro della Vita quale struttura rivelativa fondamentale che giustifica e sorregge tutta la visione data a Giovanni? Oppure ha un senso di annuncio regale e guerresco, come a dire: il mondo continua a rifiutare Dio e a massacrare innocenti allora Dio si dà gloria da solo serrando i ranghi celesti e celebrando quello che la terra non celebra più, cioè un rito perfetto d’amore, prima di far intervenire la sua giustizia liberatrice e rinnovatrice?

Continua il 28 Agosto...