E Maria era nel Tempio del Signore come una colomba
Era curata e riceveva cibo dalle mani di un angelo
(
Apocalisse di Giacomo, Papiro Bodmer)

Cosa centra il Cantico dei cantici, che è inno sacro pasquale ed ebraico con il Natale di Cristo? C'entra, c'entra. Il Cantico dei cantici è un testo unico, senza uguali, senza precedenti, non imitabile. E’ un testo sacro, mistico, cosmico che include in se stesso tutta la Legge e i Profeti, tutta la Sacra Scrittura dalla Genesi fino a Salomone ma contiene anche aspetti e allusioni messianiche, quindi è aperto verso il futuro, lo include e lo sacralizza.

Maria di Nazaret, la madre di Gesù, secondo una vivace e consolidata tradizione popolare, devozionale, apocrifa, visse da bambina fino al tempo delle nozze servendo nel Tempio di Gerusalemme. Questo tema è molto importante sia per l’arte italiana che per la spiritualità cristiana ma pure costituisce un elemento preziosissimo di accordo e continuità fra Israele e il Cristianesimo. A livello di arte per circa tre secoli abbiamo avuto i migliori pittori italiani che si sono confrontati con l’immagine della piccola Maria che sale le scalinate del Tempio di Gerusalemme ben accolta dal Sommo Sacerdote: Giotto, Cima da Conegliano, Carpaccio, Paolo Uccello, Tiziano, e possiamo ammirare una suggestiva scultura-altorilievo analoga persino nel transetto destro del Duomo di Milano.

Il tema è sempre reso in modo simile, secondo un canone, un topos radicato. Alcune volte Maria fanciulla reca in mano una candela, dettaglio illuminante in quanto spettava alle donne in Israele accendere “le luci del Sabato” e la candela appena accesa rappresenta l’essere umano consacrato al servizio divino. Maria stessa nella tradizione cristiana viene identificata con il Sabato, con l’Aurora. Il dipinto che più mi ha emozionato è quello di Carpaccio che possiamo ammirare alla Pinacoteca di Brera. Qui ai piedi della sacra scalinata del Tempio (a cui corrispondono i quindici Salmi delle ascensioni, dal 119° al 133°) mentre la piccola Vergine sale il suo cammino notiamo un fanciullo che reca al guinzaglio un bel cerbiatto descritto pittoricamente in posizione di riposo. Ecco uno dei segni che ci permette di connettere in profondità il tema femminile-templare con il Cantico dei cantici in quanto l’immagine spirituale e simbolica del giovane cervo è assai ricorrente nel sacro poema di Salomone e indica secondo la tradizione rabbinica l’imprevedibile e misteriosa Presenza divina, cioè la gloriosa Shekinà nel Tempio di Gerusalemme.

La Presenza è sensibilissima e pura, quindi paragonabile a una giovane cerva: sfuggente, imprendibile, vigile, docile e agile come pure la divina Sapienza come è descritta nel Libro biblico della Sapienza, e, come il mite animale, compare e si allontana all’improvviso, sempre però guardando all’indietro, perché l’Eterno mai abbandona Israele. L’immagine delle corna ricorda lo shofàr del Sabato e del Giubileo. Il cerbiatto in posizione di riposo rinvia al Tempio quale Dimora del riposo della Presenza. Maria sale, il divino cerbiatto siede. L’Armonia dell’Unità è garantita. L’Adam ritorna uno, pienamente edenico. Non a caso l’Eletto del Cantico è descritto come l’Eletta: chiaro e rosseggiante, splendente come l’incenso ardente e rosseggiante come la terra edenica.

Se riflettiamo sul tema di Maria che serve nel Tempio comprendiamo in profondità il senso e l’essenza del Cantico dei cantici e comprendiamo pure come e perché nel sacro testo gli aspetti rituali/iniziatici si intreccino con quelli nuziali e perché l’Eletta sia anche sorella e fidanzata oltre che Sposa. Il Cantico più sublime di Salomone appare intessuto di un senso iniziatico di avanzamento, svelamento, coronamento e la verginità delle donne che servivano di notte nel Tempio (unico possibile tessuto sociale presupposto dal Cantico) prepara e apre gradualmente all’immagine finale del divino Sposalizio e l’immagine messianica dell’Eletta.

Tutto si spiega: le vergini servivano accendendo le luci, offrendo incensi, preghiere, canti, digiuni (e chissà quali altri riti compivano) e sempre Israele sperava che fra esse ci fosse già la madre del Messia. Ecco l’anello di congiunzione/separazione fra Israele e il Cristianesimo: per quest’ultimo Maria fu la Madre del Messia, quindi il suo servizio al Tempio fu del tutto profetico e messianico (il Messia è come un Tempio mobile, con Lui il tempio torna Dimora mobile) e la vicenda di Maria che si identifica con la Presenza fu giustamente coronata con un casto matrimonio con il giusto eletto: Giuseppe.

Dove ritroviamo ancora infatti questa congiunzione fra Donna e Tempio? In un altra preziosa e analoga dimensione estetico-spirituale: le nozze della Vergine. Sempre a Brera, Raffaello, sviluppando un’idea di Perugino, ci mostra una Donna-Sposa che domina la scena insieme al retrostante protagonista: il Tempio. Gli stessi Vangeli aiutano quando ricordano nell’episodio della presentazione al Tempio di Gesù quale primogenito di Israele (per ricevere il nome e compiere la circoncisione) che insieme a Simeone anche la profetessa Anna condivideva una vita spesa servendo giorno e notte nel Tempio. Tutti aspetti importanti per la lettura del Cantico dei cantici e in esso presenti in primo piano: l’idea della selezione (per servire nel Tempio e per sposarsi), il tema, implicito, della “madre del Messia” quale “eletta fra le favorite”, il senso di un “ciclo rituale” e femminile da compiere che emerge dalla comparsa finale della figura della “sorella piccola”, altrimenti non descrittabile.

Questo scenario teologico-iconologico conferma la tesi rabbinica, a cui aderisco e che sto sviluppando, di cercare nell’immaginario rituale-templare di Israele il cuore spirituale del meraviglioso Cantico salomonico.