Maria Cristina Messa è stata vice-presidente del Cnr e ricercatrice presso la Cattedra di Medicina Nucleare dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto S. Raffaele. Professore ordinario di diagnostica per immagini e radioterapia, direttrice del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Milano-Bicocca, ne è diventata rettore nel 2013.

Ci racconti un po’ di più di lei: chi è Cristina Messa?

Sono un medico che ama più ascoltare che parlare, convinta che bisogna essere capaci di avere un approccio positivo ai problemi di tutti i giorni guardando sempre in prospettiva, lontano. Ho una vita molto intensa, ricca di affetti personali e successi lavorativi, ma certo non priva di delusioni e insuccessi. Sono convinta che l’uomo sia il principale artefice del proprio destino, pur non escludendo l’imprevedibilità di certi avvenimenti - come la malattia, le avversità, o anche il ‘colpo di fortuna’ - ma è la reazione a questi eventi che viene decisa dall’uomo e che ne genera le conseguenze.

Pensando alla donna di oggi: possiamo parlare di liberazione o integrazione?

Preferirei decisamente parlare di liberazione. Le donne in posizioni di alta responsabilità nel lavoro sono ancora poche, ma mi sembra che per lo più adottino metodi propri e non copiati dal modello maschile. Credo che l’agire fuori dagli schemi sia un vantaggio per tutti, donne e uomini, soprattutto in un periodo di così difficile ripresa economica come l’attuale.

Donna e/è potere: cosa ne pensa?

La donna, pur in modo non assoluto nel corso del tempo e nelle diverse parti del mondo, ha potere nella famiglia: da quello dell’educazione dei figli a quello del ‘bilancio’ familiare. Credo, quindi, che se si intende per ‘potere’ quello di dover/poter prendere decisioni importanti e di impatto per la società, la donna ne abbia sempre esercitato uno, anche se limitato maggiormente alla sfera familiare. Nel mondo del lavoro e in quello politico questo è decisamente meno evidente e occorre fare di più.

Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?

Per non confliggere devono essere un filo unico, e questo non è sempre facile. Il livello di conflitto fra i tre dipende da tanti fattori quali i diversi momenti della vita, gli avvenimenti, la maturità e le aspettative. La conciliazione lavoro-famiglia è uno degli aspetti più delicati dell’essere donna che lavora molto con tante responsabilità. Sono frequenti i sensi di colpa, le rinunce, gli errori, ma credo che alla fine abbia la meglio il senso di completezza dato dal fatto di non rinunciare troppo a nessuna di queste componenti. E portarle avanti, seppur con fatica, ha un grande ritorno, sugli affetti e sulla stima di sé.

Lei ha fatto parte di importanti Istituzioni nazionali e internazionali di ricerca nel settore della Sanità e della Salute: in che modo questi prestigiosi Enti possono venire incontro ai reali problemi della gente?

Sono fondamentali per molti motivi. Intanto per il continuo aggiornamento di metodi di diagnosi e terapia sempre più accurati ed efficaci. Poi per la capacità di guidare, attraverso consigli e linee guida basate sulle conoscenze e sulla ricerca, verso stili di vita e cura appropriati e in grado di prevenire eventi negativi per la propria salute. Infine per trovare il compromesso migliore fra fruibilità e accesso alle cure per tutti e sostenibilità dei costi derivanti.

Cosa significa essere “Rettrice” di un’importante Università come la Milano-Bicocca?

Essere Rettore di un Ateneo significa rappresentare in maniera autorevole e oggettiva una Istituzione, che pre-esiste e durerà ancora a lungo dopo di noi. Ogni azione o dichiarazione da Rettore è in funzione del ruolo che si ricopre; occorre perciò essere sempre accurati e avere una visione a medio e lungo termine. Significa inoltre collaborare con le altre Istituzioni cittadine e non, ed essere di reciproco supporto.

Il suo polo universitario consta di diversi Dipartimenti, con indirizzi scientifici e culturali diversi: c’è un filo rosso che li può unire?

Sì, il filo rosso è dato dall’obiettivo comune di formare e istruire gli studenti continuando a fare ricerca. L’aspetto della diversità culturale è estremamente stimolante: permette il confronto e l’innovazione, uno scambio di esperienza e fruibilità dei risultati diffuso e originale. Abbiamo per esempio promosso la definizione di progetti/centri interdipartimentali che affrontano macro-tematiche, come quella delle neuroscienze, o della conservazione e fruizione dei beni culturali, o ancora della raccolta conservazione e uso dei big-data. Tutti questi temi richiedono la stretta interazione fra più discipline, scientifiche, umanistiche e giuridico-economiche.

Lei è studiosa e docente di “medicina nucleare”: potrebbe spiegarla ai profani?

Si tratta di tecniche di imaging che permettono di ‘vedere’ all’interno del corpo umano come funzionano gli organi (il cuore, il cervello, ecc.) e se ci sono aree/zone/organi che lavorano male, poco o niente o se ci sono lesioni. Insieme alle tecniche di radiologia (TC. RM), la medicina nucleare permette quindi di fare diagnosi di malattie oncologiche o neurodegenerative o cardiologiche e di indirizzare meglio la terapia.

Uno degli obiettivi della sua gestione è la didattica “non frontale” e un incremento degli “aspetti pratici” della formazione...

Sì, l’Università fornisce la cosiddetta ‘alta’ formazione, ovvero l’ultimo livello formativo necessario per poter svolgere lavori di responsabilità, dove il bagaglio di conoscenze acquisite deve essere unito alla professionalità e competenza. Per questo scopo, accanto alle lezioni frontali classiche, servono ore di pratica, tirocinio, ragionamento, problem solving e così via. Questo serve anche a ridurre quel gap fra il tipo di formazione data dalle Università - che è comunque ottimo come dimostra il successo di nostro laureati all’estero - e quello richiesto dal mondo del lavoro.

Il fatto che Milano-Bicocca, come sede, è logisticamente lontana dal centro storico, quali vantaggi o svantaggi comporta? Qual è il rapporto dell’Ateneo con il quartiere?

Il vantaggio principale è quello di poter meglio identificare un vero e proprio campus universitario, dove gli studenti possono muoversi in libertà avendo a disposizione un’area vasta ma delimitata da tanti servizi, sport e cultura. Gli svantaggi sono quelli di essere spesso trascurati dalla pubblica opinione e a volte anche dagli amministratori centrali e di non essere così facilmente raggiungibili, come avviene per le zone centrali di Milano. L’Ateneo ha con il quartiere una forte integrazione e sinergia, con una particolare attenzione ai temi legati alla mobilità, sostenibilità ambientale, sport e cultura, attraverso il Pro-Patria o meglio Bicocca Stadium.

Quali sono gli angoli, gli ambienti, le architetture, le aree verdi della Bicocca che consiglierebbe di vedere per scoprire l’identità del quartiere?

La casa della Bicocca, il Teatro Arcimboldi, l’Hangar Bicocca, le ex tabaccherie (scuole civiche), il Pro-Patria , i vecchi ristoranti locali, il Parco Nord.

Qual è il rapporto dell’Università con la città e quale contributo pensa possa dare allo sviluppo culturale e civile di Milano?

Il rapporto tra Università e città è strettamente connesso e solido. L’Ateneo ha svolto numerosi progetti per la promozione e lo sviluppo di ricerca e servizi in collaborazione con il Comune di Milano. Particolare attenzione, anche grazie all’attività del nostro eccellente centro di Sociologia Urbana, è stata riservata alle politiche di sostenibilità del territorio, a misure di facilitazione e accessibilità ai servizi, alla diffusione di saperi e buone pratiche. Credo che le Università milanesi abbiamo dimostrato quanto possano contribuire a potenziare lo sviluppo culturale e civile della città anche in occasione del recente Expo Milano 2015. L’Università di Milano-Bicocca, anche nel post Expo, continua a sostenere, finanziare e incentivare scienza e cultura, ad esempio con il progetto Bbetween-Studenti al centro, percorsi formativi legati a diversi ambiti culturali, dato che sono state ampliate le quattro aree originarie: musica, teatro, cinema, multimedia [1].

Milano, città internazionale e multiculturale. Come, questi aspetti s’intrecciano con l’Università?

La multiculturalità di Milano è sempre più identificabile anche grazie alle sue Università. Ci sono oltre 150.000 studenti universitari in città e una gran parte di questi sono stranieri. L’intreccio tra città e Università è ormai indistricabile e l’uno deve crescere e implementare l’altro.

[1] http://www.unimib.it/go/48853/Home/Italiano/Studenti/Studenti/Vivere-il-campus_-servizi-e-sicurezza/Attivita-culturali/Bbtween