Tra le figure femminili più interessanti e intriganti del mondo antico spicca quella di Medea: moglie devota e madre affettuosa, ma anche vendicatrice implacabile e donna sanguinaria e vendicativa. A questo personaggio la tradizione attribuisce straordinarie competenze nel campo della magia impiegate sia nell’aiutare il futuro sposo Giasone, sia nel vendicarsi di questo allorché le preferì la giovane Glauce.

Il mito racconta che Medea, donna fiera e selvaggia, nipote della maga Circe e figlia di Eeta re della Colchide, regione d’Asia Minore, per intervento di Afrodite si innamorò di Giasone. Giasone, alla guida degli Argonauti, partito da Iolco si era diretto proprio nel regno di Eeta per conquistare il vello d’oro. Si trattava della pelle del montone cavalcando il quale Frisso, progenitore proprio di Giasone, era arrivato in Colchide. Frisso aveva appeso il vello a un albero di quercia nel bosco sacro ad Ares. Il vello, custodito da un drago gigantesco sempre vigile, era diventato simbolo del potere regale, quel potere del quale Giasone avrebbe voluto impossessarsi per diventare sovrano di Iolco.

Arrivato in Colchide, Giasone si trovò di fronte a incredibili difficoltà: fu in grado di superarle solo grazie all’aiuto di Medea. Innamorata dell’eroe, infatti, la donna non esitò a mettere i suoi poteri al servizio di Giasone indirizzandoli sia contro il padre Eeta, che contro il fratello Apsirto. Proprio Eeta, infatti, per impedire che Giasone conquistasse il vello d’oro, aveva imposto all’eroe una serie di prove. Innanzitutto avrebbe dovuto agganciare al giogo due tori che lanciavano fiamme, arare un campo col loro aiuto e seminarvi i denti di un drago dal quale sarebbero nati dei mostri che Giasone avrebbe dovuto uccidere. Solo allora avrebbe avuto strada libera verso il vello vello custodito dal drago insonne.

Per aiutarlo, Medea diede a Giasone un pharmakon in grado di proteggerlo sia dal fuoco che dai colpi dei mostri generati dai denti del drago. L’aveva ricavato dal succo di una pianta nata dal sangue di Prometeo, il titano che aveva rubato il fuoco agli dei e per questo era stato inchiodato da Zeus su una rupe del Caucaso straziato costantemente da un’aquila che gli rodeva il fegato. Così Giasone superò gli ostacoli e poté avviarsi alla conquista del vello nel bosco sacro di Ares. Qui, trovatosi di fronte al drago che lo custodiva, si avvalse nuovamente delle arti di Medea che, impiegando filtri magici, fece cadere il mostro in un sonno profondo rendendolo inoffensivo. Conquistato il vello d’oro, Giasone di diresse alla nave Argo inseguito da Apsirto, fratello di Medea. La maga intervenne nuovamente e non esitò in questa occasione a uccidere il fratello, smembrarne il corpo, seminarne le parti lungo il cammino al fine di rallentare la corsa degli inseguitori.
Imbarcatasi alla volta della Grecia Medea, divenuta sposa di Giasone e madre di due figli, aiutò nuovamente lo sposo a Iolco.

Dal momento che il re Pelia, contravvenendo alla sua promessa, si rifiutava di consegnare il trono a Giasone dopo la conquista del vello, Medea indusse con le sue arti magiche le figlie di questi a ucciderlo. Ritenuti colpevoli della morte del sovrano, Giasone e Medea fuggirono a Corinto. Poiché il re Creonte intendeva dare sua figlia Glauce in sposa a Giasone allo scopo di fare dell’eroe il suo erede al trono, Medea, accecata dalla gelosia e dall’odio verso il consorte, non esitò a usare contro di lui le arti magiche che in passato lo avevano aiutato. Così prima uccise con un mantello avvelenato Glauce e il re Creonte, poi i figli avuti da Giasone. Realizzò dunque pienamente la sua vendetta lasciando Giasone senza una sposa e senza una prole. Fuggita da Corinto sul carro del Sole, Medea trovò riparo ad Atene accolta dal re Egeo, prima di fare ritorno nella sua terra natale: la Colchide.

Tratto da: G. Squillace, I balsami di Afrodite. Medici, malattie e farmaci nel mondo antico, San Sepolcro, Aboca Museum, 2015