Dicembre potrebbe essere il mese più bello dell’anno, denso com’è di feste assai suggestive, carico della speranza, sempre più intensa col trascorrere dei suoi giorni, che l’anno prossimo sarà sicuramente migliore, com’è serenamente convinto il venditore di almanacchi che nel celebre Dialogo di Leopardi oppone la sua ingenua fiducia nel futuro al fastidioso scetticismo del “passeggere”. Potrebbe essere il mese del sano riposo con meritate ferie, di una vacanza ristoratrice o di un rientro a casa per chi ne è lontano per lavoro. Potrebbe essere il mese delle sospensioni temporanee delle diete e di allentamento del vigile controllo sul colesterolo e sui trigliceridi, per godersi trasgressioni alimentari giustificate dalla tradizione religiosa. Se non fosse che il Natale impone l’obbligo e l’incubo dei regali e degli auguri!

Gli auguri non sono più, per la verità, un grosso problema da che cellulari e mail li hanno resi sbrigativi e pratici, compensando la perdita del piacere dei cartoncini e delle cartoline con la rapidità con la quale evitare la gaffe per un conoscente importante di cui ci si ricorda all’ultimo momento. Ma quello dell’obbligo del regalo resta una dannazione a catena: una fatica per la scelta, un incubo per il timore di sbagliare o di dimenticare, una delusione quando è spacchettato quello ricevuto, un allarme se arriva inaspettatamente un dono che si dovrà ricambiare.

“Basta il pensiero!” si diceva una volta. La frase, emblematica di un luogo comune ormai in disarmo, richiama alla mente un episodio dello zuccheroso film americano del 1952 di O’ Henry, arrivato in Italia con titolo La Giostra Umana. L’episodio, Il dono dei magi, è la storia di due giovani coniugi, innamorati e poverissimi alla disperata ricerca di un regalo. Lei decide di regalare a lui un cinturino nuovo per l’orologio e per procurarsi i soldi, accetta di farsi tagliare e vendere a un parrucchiere i suoi lunghissimi capelli. Lui adocchia un fermaglio per capelli per lei e si procura il denaro necessario vendendosi l’orologio. Commozione e nodo alla gola dello spettatore quando la notte di Natale, si scambiano gli auguri, lui col fermacapelli e senza orologio, lei col nuovo cinturino e senza capelli.

Storie di altri tempi, si potrebbe osservare, quando il regalo non doveva solo incontrare il gradimento di chi lo riceveva, ma dare anche un messaggio di chi lo faceva e non si poteva immaginare che si sarebbe arrivati alla paranoia di mettere insieme al dono il cosiddetto scontrino di cortesia, per cambiare l’oggetto ricevuto con quello che ci piace di più. Storie d’altri tempi, potrebbe borbottare il solito lodatore del tempo passato, pronto a paragonare il consumismo di oggi con i buoni sentimenti della sua giovinezza.

Ma siamo proprio sicuri che il consumismo e la follia dei doni siano solo di oggi? Perché non rileggerci, allora, Dino Buzzati e ripercorrere i suoi brillanti scritti sul Natale, apparsi dal 1936 al 1970 sul Corriere d’informazione, sul Corriere della Sera e sui periodici Amica, L’Europeo e l’Illustrazione Italiana? Qualche anno fa la Mondadori li ha raccolti in un bellissimo Oscar che prende titolo da uno dei più affascinanti: Il panettone non bastò.

Potrete rileggervi racconti straordinari, fantasiosi, paradossali, divertenti, surreali come accade spesso nel cosmo di Buzzati e non di rado venati di un forte senso di malinconia. Il racconto più sconfortante è proprio Il panettone non bastò, scritto nel 1952 ma ambientato in un tristissimo Natale del 1944, vissuto con l’angoscia dei continui allarmi e dei bombardamenti, con un assillo e un patema d’animo che nessuna tradizione natalizia, compresa quella del panettone, riesce a smorzare. E sono tanti i racconti giocosi e pieni di tenerezza, come Lo strano boxer sul comodino, storia struggente e delicata di un regalo natalizio alla buona ed economico, o Il problema del Bambino Gesù, che narra della disperazione di genitori che non riescono a convincere i loro figlioli che a portare i doni nella magica notte non solo loro ma proprio il Bambino Gesù.

Ma la parte predominante degli scritti che il curatore Lorenzo Viganò ha raccolto in questo piacevolissimo Oscar, con un disegno dello stesso Buzzati in copertina, è dedicata alle abitudini e alle aberrazioni natalizie degli italiani. E qui la vivacità ironica e caricaturale dello scrittore prende il sopravvento, incontenibile e attualissima. Uno dei più amari è forse: Natale è passato. Riposo! Buzzati descrive uno stranissimo sodalizio, il Club dei Grandi Superstiti, nel quale possono essere accolti con severa selezione solo coloro che hanno superato “le massime prove della vita”, come “esploratori, eroi di trasvolate, vedovi di cinque mogli, spettatori di Bayreuth con almeno cento rappresentazioni all’attivo, specialisti di Proust che lo sanno a memoria dalla prima all’ultima parola, reduci da complicate operazioni craniche”. Al club chiede di essere ammesso un nuovo venuto. Al presidente, che pretende le credenziali per l’ammissione, l’aspirante socio risponde implorando: “Abbiate pietà di me. Sono appena uscito dai festeggiamenti di Natale”. “Cos’è adesso il Natale nelle grandi città?” domanda all’uditorio degli illustri soci. ”Ve lo dice il mio aspetto, illustri signori: l’aspetto di un uomo travolto da un cataclisma, afferrato da una dentiera di ingranaggi, tritato da una gigantesca mola, spremuto come un limone”. E racconta la sua angosciosa ricerca dei regali facendo attenzione a non dimenticare nessuno. E via via che si avvicina il Natale, si fa sempre più pressante la persecuzione dei doni inattesi da parte di amici dimenticati e sempre più impellente la necessità di provvedere a ricambiarli, mentre tutti i negozi ormai cominciano a chiudere. In questa frenesia si accorge di aver finito i soldi e deve far ricorso al credito. Quando tutto sembra finalmente risolto, tornato a casa, stremato, senza soldi e pieno di debiti, trova nell’ingresso la cornucopia di frutti e dolci, mandata da un amico. E in tutto questo trantran è sempre inseguito da “giornalai, camerieri, inservienti, frati, suore, che chiedono oboli, mance, gratifiche, donativi, soldi, soldi…”. Come se non bastasse, è rimasto “carico, lui e i suoi, di regali assolutamente inutilizzabili.” Quale illustre vittima del Natale, il nostro eroe è accolto, tra la generale commozione, nel Club dei Grandi Superstiti.

Una storia, quella narrata da Buzzati, pur inserita in uno scenario paradossale, attuale, anzi attualissima: potrebbe essere stata scritta ieri. Fu pubblicata, invece, sul Corriere dell’Informazione, all’indomani del Natale del 1957: cinquantanove anni fa.