Una fanciulla molto bella, slanciata e ben adorna,
veniva con i valletti e aveva tra le mani un Graal…

Allora l’eremita gli insegnò in gran segreto una certa preghiera
che conteneva molti nomi del Signore Dio, i più potenti, che nessuna bocca
umana deve pronunciare se non per paura della morte.

(Perceval, Chretien de Troyes)

Il romanzo nasce per l’Europa con il racconto più maturo e celebre dello scrittore di corte Chretien di Troyes: il Perceval. Filippo di Fiandra commissiona a Chretien una nuova versione di un tema già assai prestigioso e conosciuto tra le corti europee. Siamo al tempo della prima crociata e dell’alba di un nuovo ordine di cavalleria, I poveri cavalieri del Tempio di Salomone, il cui maestro spirituale è il più grande santo di allora: San Bernardo di Chiaravalle, irresistibile fondatore di monasteri e convertitore di anime. A lui si deve un'altra fase di sviluppo spirituale e sociale per l’Europa. Con i Templari per la prima volta il mondo vede nella stessa persona sia cavalieri che monaci. Cavalleria spirituale contro cavalleria mondana. Intanto affluiscono le prime reliquie dalla Terra Santa liberata in un Europa cavalleresca, cristiana, culturalmente unita. Pochi anni dopo, con il Concilio Lateranense IV (1215) si ribadirà la verità di fede dell’Eucarestia contro le eresie catare e albigesi che la contestavano quale sacramento, quale fatto divino.

Detto questo resta il mistero del primo romanzo occidentale, non del tutto spiegabile con il pur entusiasmante e ricchissimo contesto storico-culturale ad esso contemporaneo, anche se non va dimenticata la curiosa “coincidenza” della città di Troyes quale luogo d’origine sia del primo scrittore del Graal a noi conosciuto che della maggior parte dei primi 9 cavalieri del Tempio.

Primo enigma: il testo originale. Qual era? Da dove viene il racconto? Tutti i romanzi della Tavola e del Graal alludono a un testo primigenio, nobilissimo, quasi sacrale e prodigioso, da cui deriva la storia che essi umilmente si limitano a ri-raccontare. Qualche studioso ha addirittura concluso ritenendo stessa cosa il Graal e quel Libro delle origini della cavalleria spirituale. Il Perceval andrebbe letto a scuola, e da tutti. Un testo semplice, limpido, avventuroso ma traboccante di simboli, segni, colori, allusioni, senso del mistero, massimamente educativo pur senza essere pedagogico nello stile. Un capolavoro che ci mostra il vero medioevo: austero ma anche gioioso, classico e aristotelico, semplice e profondo, privo di qualsiasi sdolcinatura sentimentale o romantica, ma ricco di vera sensibilità. Un tempo “pieno”, integrale. Proprio perché il Percevel sintetizza le eccellenze del suo tempo riesce pure senza contraddizione a porsi quale testo senza tempo, quale racconto universale, mondiale. Un testo incompiuto, probabilmente per la morte dell’autore.

Secondo enigma. Il racconto più famoso della cavalleria spirituale, anche perché incompiuto, viene seguito prima da ben cinque “continuazioni” e poi inaugura una nuova tradizione di letteratura cavalleresca di alto livello che giunge fino a Tomas Malory, tre secoli più tardi, e che influenza poi Ariosto, Rabelais, Cervantes, Tasso, giungendo fino al film Excalibur di John Boorman (1981), uno dei migliori film sul tema anche se un po’ troppo cupo e romantico, essendo dopotutto solo un’adattamento della Morte di Artù di Malory, a sua volta ricapitolazione di quarta/quinta mano dei primi racconti medioevali, assolutamente superiori. Penso comunque che nessun film o teatro o effetto speciale possa avvicinarsi alla bellezza unica e luminosa dei primi romanzi medioevali della Tavola e del Graal. Esistono decine di versioni medioevali del Racconto, anche in dialetto veneto e toscano, in gallese, in tedesco, provenzale e spagnolo, in latino e in volgare.

Questi racconti dialogano poi con varie tradizioni locali come quella bellissima del prima cavaliere e dopo monaco San Galgano che conficca la sua spada nella roccia a Montesiepi (Siena), dove ancora possiamo ammirarla. Numerose variazioni del medesimo tema, che sembra sfuggire però in tutta la sua essenza a una piena comprensione e a un'unica penna. Alcuni romanzi si concentrano su Lancillotto, altri su Artù o Galvano o Parsifal. Altri ancora risalgono a Giuseppe d’Arimatea, quale archetipo del nuovo cavaliere cristiano. Cerchiamo di cogliere l’essenza del Perceval di Chretien, o almeno di sottolineare certi punti di svolta.

Un ragazzo solo e ignorante, tenuto isolato dalla madre vedova per timore che possa diventare cavaliere e trovare la morte come il marito e gli altri figli, incontra nella sua Foresta Guasta un gruppetto di cavalieri e ne rimane così affascinato da partire subito per andare da Artù a farsi investire cavaliere. La madre sviene dal dolore e il ragazzo rozzo, maldestro ma appassionato incontra una serie di casi e avventure che lo trasformeranno in pochi anni nel “signore della cavalleria”. Già in pochi giorni avviene molto e inizia una trasformazione spirituale scandita da cambi di colori, vesti, gesti e imprese. Prima Perceval sembra identificarsi con questa Foresta e con i suoi giavellotti. Si veste di una tunica grezza tessuta da sua madre e di un cappuccio di pelle di cervo, primo dei molti segni cristici e cavallereschi presenti nel racconto. Fuori dalla Foresta, che comunque è anch’essa “Guasta” e dove suo padre si ritirò ferito alle gambe, c’è un mondo in piena crisi fatto di lotte intestine, predominio dei malvagi, penuria di cavalieri virtuosi, città e castelli diroccati e pieni di cavalieri feriti. Notiamo che molti castelli sono situati a picco sul mare e molti nobili hanno come feudi delle Isole. Segno che siamo in un periodo caotico e violento compreso tra il ritiro delle legioni romane dalla Britannia e i primi sbarchi dei Sassoni e degli Angli in Gran Bretagna. I “Nostri” sono cavalieri romano-britanni che si trovano a dover “far regno a se stessi”, ritirandosi a nord e ad est per meglio difendere le loro posizioni e dover rifondare una società in dissoluzione.

Ma sono gli aspetti spirituali e simbolici del racconto i più interessanti. Il primo incontro di Perceval è ambiguo e allusivo: la damigella del Padiglione. Scambia la bella tenda per un monastero, estorce 7 baci e un anello con smeraldo alla dama pensando che cortesia così imponesse e divora un pasticcio di capriolo e se ne va da Artù! Di fronte all’entrata del castello di Artù incontra il suo primo decisivo avversario: il cavaliere vermiglio. Come lui non ha nome! Perceval si innamora delle sue armi e le chiede a un Artù distratto e semidepresso la cui mensa è piena di cavalieri feriti e malconci.

Ecco la prima conversione mistico-cavalleresca: da verde a vermiglio. Il Tema è già anticipato, ma in sordina, come in dormiveglia: il malvagio cavaliere vermiglio che offende Ginevra sporcandola di vino e pretende con arroganza il Regno di Artù fugge con una coppa d’oro in mano che ha sottratto al Re, che poi pone su di una pietra in un verziere e che Perceval riconquisterà e che Ivano riporterà a corte! Il cavaliere vermiglio morirà trafitto all’occhio dalla lancia del nostro eroe; immagine che compare all’inizio della storia nel ricordo di un suo fratello cavaliere ucciso a cui un corvo strappò gli occhi!

Iniziamo ad entrare in una foresta di simboli, rimandi, allusioni assai affascinanti. Il cavaliere vermiglio è re della Foresta di Quinqueroi, cioè dei cinque re e il numero cinque ritorna nel castello del maestro di cavalleria di Perceval: il saggio Gorneman di Goraut. Allusione alle cinque piaghe di Cristo? Altro bellissimo parallelismo, archetipale, accennato con disinvolta limpidezza, appare quando Perceval scorge l’acqua di fiume che circonda il Castello del Re pescatore, custode del Graal, e dice, quasi sovrappensiero: “se potessi attraversare quest’acqua credo che ritroverei mia madre… ”. Ma prima di giungere al Graal, sconosciuto e non cercato, Perceval viene iniziato all’amore dall’incontro con Biancofiore, dama assediata nel suo castello/città in rovina, Belriparo, dal malvagio Clamadeu (rumore di Dio?). Biancofiore appare vestita come sarà il Re pescatore: porpora, bianco, e nero. I colori spirituali di base. Si nutrono di capriolo, pane e vino, come al Padiglione della dama nel bosco.

Tutto è doppio e ritornante nella storia, come eco e riflesso di un Tema sempre identico e sempre mutaforma. Il Padiglione nel bosco, Belriparo in rovina con la Dama assediata, il castello di Gorneman, il Castello del Re pescatore appaiono simili come passaggi rituali in un percorso di iniziazione cavalleresca sempre più profondo e spirituale. Tutta la storia del Perceval può essere visto quale catechismo cavalleresco dove l’investitura viene articolata in più passaggi che si svolgono in poco più di quindici giorni, invece che in soli tre giorni.

Ripercorriamoli in un breve elenco: 1. il distacco dalla madre/foresta 2. il Padiglione simbolico nel bosco, scambiato per un monastero 3. Artù che gli concede le armi ma non lo investe ancora 4. il duello per la conquista delle armi vermiglie 5. Ivano che veste Perceval, distaccandolo dalle vesti materne 6. Gorneman che gli insegna l’arte delle armi, gli calza gli speroni e gli cinge la spada 7. la prova d’amore del dolce ma casto dormire una notte con la Dama Biancofiore 8. la ricerca della madre e l’incontro con il Re pescatore e il Graal.

Spesso i passaggi sono segnati dal colore del mantello con cui viene accolto Perceval nel castello che lo ospita. Il castello del Graal appare quasi nascosto fra roccia, acqua e foresta. Per trovarlo Perceval deve passare per una “fenditura della roccia”, che non può richiamare le Sacre Scritture e il Cantico dei cantici e la stessa immagine medioevale molto amata dell’apertura del costato di Cristo. Il re è ferito alle gambe, come il padre di Perceval e il suo pescare, unito al suo stare sdraiato su di un letto/tavola appare immagine cristica che congiunge l’Ultima Cena alla deposizione dalla Croce. Il numero quattro domina la sala della cena cavalleresca e le quattro colonne di bronzo del grande camino presentano un sapore sacrale, templare. Perceval riceva la più alta investitura segnata da un mantello scarlatto nuovo e da una nuova spada che riceve dal misterioso ospite, dono della sua bella nipote.

Negli affreschi della torre di Frugarolo, conservati nella Biblioteca di Alessandria, si trova conferma della partecipazione femminile all’investitura cavalleresca nella scena di Ginevra che cinge la spada a Lancillotto. A questo punto mentre Perceval e lo strano Re aspettano di cenare (sarà cervo posto su di un tagliere d’argento il simbolico pasto) appare inaspettato il corteo del Graal in questo ordine di successione: a) un inserviente recante una lancia lucente che sanguina, b) valletti con alcuni candelabri (nonostante la sala sia già illuminata a giorno) c) una fanciulla bella con un Graal d’oro puro che spande una soprannaturale luce, superiore a fiaccole e camino, d) una damigella con un piatto d’argento.

Perceval per ritegno omette di parlare e di porre due semplici domande che avrebbero sanato il Re e la sua terra dall’essere “guasta” come la sua Foresta d’origine: dove va il Graal, chi serve? Perché la lancia sanguina? Perceval erra il rito e il giorno dopo scoprirà per rivelazione il suo nome parlando con una cugina nel bosco vicino. La dama tiene in grembo un cavaliere morto, segno della sventura che Perceval non ha sanato, mentre il castello diverrà deserto e chiuso.

Belli i paradossi del racconto: nella rivelazione della sua colpa comprende il suo nome e giunto alla corte di Artù la festa viene rovinata dalla visita di una dama brutta con una frusta e su di una mula fulva che accusa pubblicamente Perceval di non aver posto le due domande liberatorie. Questo è il vero punto di svolta del romanzo. Dall’infamia di Perceval parte la Cerca che riguarda tutti i cavalieri e coinvolge Perceval in rapporto al Graal. La ricerca diventa ora consapevole, anche se, paradossalmente, più difficile e lunga. Perceval dovrà attraversare luoghi inospitali, altre foreste, perdere la fede e vagare selvatico per 5 anni fino a giungere a vivere da un zio eremita nel bosco per poter tornare ad essere segno di ritrovare il Graal che più non incontreremo, purtroppo, perché il racconto resta incompiuto.

Sulla processione del Graal molto è stato detto ma spesso a sproposito. L’unica cosa che mi permetto di aggiungere è che la presenza di candelabri e l’importante ruolo femminile, nonché il passaggio davanti a un Re steso su di un letto che è anche mensa non può, misticamente, che rimandare alla deposizione di Cristo, alle reliquie cristiche e a quella prima processione che è all’origine di tutto: quella dal Calvario al Sepolcro, dove i più fedeli amici e servitori di Cristo Re pescatore di anime sono proprio le donne, i giovani (Giovanni) e figure cavalleresche come Giuseppe d’Arimatea e Nicodemo, non a caso presenti in quasi tutti i racconti antichi della Tavola e del Graal. Una processione notturna, inaugurale, inaudita: nuovo archetipo sia regale/cavalleresco che sacerdotale, radice della nuova cavalleria spirituale cristiana.

Altro elemento che possiamo segnalare è il fatto che la questione del Graal e dell’iniziazione cavalleresca ad esso collegata sembra un affare di famiglia. Biancofiore è nipote di Gorneman e il Re pescatore assomiglia al padre di Perceval il quale si corica sul letto dello stesso Re pescatore alla fine della loro cena, come in una gioco dell’Oca animico e reale. Il tema della stirpe eletta, salomonica, imperiale, da cui viene la cavalleria della Tavola e del Graal, sarà poi trattato più specificamente da Robert de Boron. Tempo di Quaresima, tempo di ricerca. La Cerca continua…