L’armeria del Museo di Capodimonte è uno dei più importanti esempi di collezionismo del genere: si compone di un nucleo originario più antico appartenuto alla famiglia Farnese e alle sue guarnigioni (XVI e XVII secolo) e di un nucleo collezionato dai Borbone di Napoli (XVIII e XIX secolo).

Al primo gruppo appartengono armi da fuoco, da taglio e da difesa, armi bianche, spade e pugnali, armi da botta, armi in asta, armature e guarniture da guerra e da torneo, queste ultime incise all’acquaforte e parzialmente dorate, appartenenti ai membri di casa Farnese.

La maggior parte degli armamenti è realizzata da abili armaioli milanesi, attivi tra il Cinquecento e il Seicento, tra cui il famoso Pompeo della Cesa. La collezione conserva un valore altissimo malgrado danni e dispersioni subiti in seguito all’occupazione napoleonica.

Prestigiosa è la collezione di armi da fuoco raccolta dai Borbone, alcune delle quali portate a Napoli da Carlo nel 1734, altre realizzate dalla Fabbrica Reale di Napoli, fondata a Torre Annunziata per soddisfare le necessità e il fabbisogno dell’esercito borbonico.

Ai maestri armieri, fra i quali spiccano Michele Battista, Emanuel Estevan, Carlo La Bruna, Biagio Ignesti, Natale del Moro, spettano una serie di pezzi che risentono dell’influenza dei modelli spagnoli. Fanno parte della raccolta anche fucili e pistole delle fabbriche inglesi e francesi, donate ai sovrani: fra questi va segnalata la coppia di pistole a fucile firmate da Jean Baptiste La Roche, celebre armaiolo al servizio di Luigi XV di Francia, dono offerto dai reali di Francia a Carlo di Borbone, in occasione della nascita del figlio Ferdinando nel 1751.

Le armi bianche, le spade e le daghe provengono invece dalla Real Fabbrica o dalla Fabbrica degli Acciai, quest’ultima collocata nella palazzina, già della porcellana, nel Bosco di Capodimonte, dal 1782. Sono inoltre presenti alcuni esempi di modellini da guerra utilizzati dalla scuola di artiglieria del regno.